2021-09-16
È in cella perché cristiano. Così il caso Zaki è sparito dalle prime pagine
Processione di cristiani copti e un ritratto di Patrick Zaki (Getty Images)
Ora che si è scoperto il vero motivo per cui lo studente è accusato, la sua vicenda non interessa più ai quotidiani né ai paladini dei diritti umani Boldrini e don Ciotti.Sarà sicuramente la difficoltà di spiegare ai propri lettori chi sono i copti ad aver dissuaso giornaloni, anime belle e commentatori correttamente engagé dal raccontare che Patrick Zaki è in carcere per aver denunciato le persecuzioni subite dalla minoranza cristiana in Egitto. Ieri, la faccia sorridente dello studente di Bologna è scomparsa dalle prime pagine degli stessi giornali che nei mesi scorsi hanno chiesto per lui la cittadinanza italiana e lo hanno dipinto come un paladino della lotta contro le discriminazioni dei gay, nello Stato governato dal generale Abdel Fattah al Sisi. O, più, genericamente, dei «diritti umani». Silenziosi, ma di certo solo per queste prime 48 ore di piccolo sbigottimento, i più attenti fan dello studente egiziano. Come i vari (e le varie) Enrico Letta, Laura Boldrini, Adriano Celentano, Stefano Bonaccini, don Luigi Ciotti, Monica Cirinnà e David Sassoli. Saremo mica in presenza di un chierichetto, uno che se l'ha andata a cercare parlando di libertà religiose in casa dei Fratelli musulmani? E con la bandiera arcobaleno issata metaforicamente sulla cella di Zaki da 19 mesi che cosa dobbiamo farci? Nel dubbio, silenzio.Come ha raccontato ieri La Verità, al processo-farsa in corso al Cairo è venuto fuori che Zaki è in carcere per aver scritto uno e un solo articolo, pubblicato nel 2019 sul sito egiziano Darraj, in cui denunciava che «non passa mese senza che vi siano episodi contro i copti egiziani, da tentativi di spostarli in Alto Egitto a rapimenti, chiusure di chiese o attentati dinamitardi». Lo studente ventinovenne è di famiglia cristiana e la minoranza copta, che in Egitto rappresenta circa l'8% della popolazione, se la passa sempre peggio. Un giornale come Repubblica, che ha fatto di Zaki un paladino delle battaglie più di moda, ieri ha registrato distrattamente in un passaggio del suo articolo sul processo che in effetti ci sarebbero motivazioni religiose dietro la sua ingiusta detenzione. Assordante silenzio sugli altri giornali, a cominciare da Avvenire. Il tremebondo quotidiano dei vescovi italiani, ieri, apriva la sua prima pagina con un fiero titolo: «Rispettare la croce», riferito al viaggio in Slovacchia di papa Francesco. Poi, più sotto, aveva un francobollo così titolato: «Reati d'opinione, Zaki in manette». La croce che hanno nel giardino di casa non l'hanno vista. Eppure, sempre martedì, l'agenzia Ansa se n'era uscita con due lanci molto lunghi e ben titolati: «Zaki: l'angoscia della chiesa copta, “nostra voce mai fermata"». A parlare, da Bologna per il G20 delle religioni, era l'arcivescovo della chiesa copta ortodossa di Londra, Angaelos: «Noi non siamo mai spaventati, perché siamo lì dal 65 dopo Cristo, abbiamo affrontato molte sfide nella storia e questo non ci ha mai fermati». Parole orgogliose, anche se si capisce che l'Orgoglio copto acchiappi meno di altri Pride.E così, ecco l'improvvisa distrazione di massa sul caro Patrick. L'elenco delle persone dalle quali ci si sarebbe aspettati due parole non può che partire da Enrico Letta, «cattolico adulto» come direbbe il suo maestro Romano Prodi, che ha guidato la battaglia per la cittadinanza onoraria allo studente egiziano. Ma anche il presidente dell'Emilia, Stefano Bonaccini, che pure ha parlato di Zaki anche nelle ultime ore, non ha speso un secondo per commentare il colpo di scena sulle motivazioni della detenzione. Idem per David Sassoli, presidente dell'Europarlamento, e Laura Boldrini, che ancora il 7 luglio scorso, intervenendo in Senato, spiegava: «Patrick Zaki è in carcere perché accusato di essere un oppositore del regime illiberale di Al Sisi. Viene accusato, cioè, di essere animato da quegli stessi valori di libertà e di giustizia che sono scritti nella nostra Costituzione». Tra le libertà, sempre in Costituzione, ci sarebbe anche quella di culto, ma forse per l'ex presidente della Camera è roba che riguarda le prefetture. Muti, per ora, anche don Luigi Ciotti e l'associazione Libera, che hanno organizzato vari flash mob per Zaki. Quanto a Monica Cirinnà, che ad agosto chiedeva «la cittadinanza italiana» per lo studente e si augurava che «questa ennesima violazione dei diritti umani di #PatrickZaki smuova coscienze italiane ed europee», va detto che al momento non si è ancora smossa. Dopo la notizia dello Zaki cristiano, si spera anche in un intervento di Adriano Celentano, che più volte a chiesto al governo di premere in ogni modo sull'Egitto per liberarlo e che il 3 giugno accusò Luigi Di Maio di «sordità». Di Maio che però è l'unico che tace a ragion veduta, avendo più volte sostenuto che con l'Egitto «meno si parla di Zaki e meglio è, altrimenti si irrigidiscono».Il legame tra il copto Zaki e le battaglie per i diritti degli omosessuali, in realtà, è stato più ripetuto che dimostrato. Nell'immediatezza dell'arresto, il 20 febbraio 2020, il sito di Enrico Mentana Open rilancia una notizia di Akhbar Elyom, il giornale ufficiale dello stato egiziano, che a sua volta rilanciava un misterioso sito identificato come Gay News, che parlava di Zaki come di un ricercatore sui diritti degli omosessuali e di un attivista in tal senso. Insomma, il coming out gliel'hanno fatto così, mentre era in carcere e a sua insaputa. Di certo, c'è solo che a Bologna si stava specializzando in studi sul gender. In Italia, si può.