2024-04-13
Il partito dei governatori molla la Schlein
Bonaccini, Emiliano e De Luca si schierano a sorpresa con Conte dopo il caos primarie e le candidature congelate a Bari. Il segretario: «Non basta sostituire chi è uscito». I big M5s sparano sul Nazareno: «Non si scherza sull’etica, dem imbarazzanti».Tocca dare ragione, i nostri lettori ce lo perdoneranno, a Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde, che definisce una «tragicommedia» il caos in cui è precipitato il centrosinistra in questi ultimi giorni. Bonelli parla della Puglia, ed è proprio il tacco dello Stivale l’epicentro del terremoto politico che nel giro di qualche giorno ha mandato completamente per aria il rapporto tra Pd e M5s, che dovrebbero essere le due gambe più robuste del tavolo del sedicente campo largo, e che invece si ritrovano a insultarsi reciprocamente per la gioia del centrodestra. Elly Schlein è sostanzialmente già alla frutta, i veti incrociati paralizzano la definizione delle liste per le Europee, i guai giudiziari fioccano da nord a sud. Giuseppe Conte ne approfitta gioca il tutto per tutto: fa saltare il banco, anzi il banchetto giallorosso, e tenta il sorpasso alle elezioni di giugno. Che le cose per Elly si stiano mettendo male lo dimostra una circostanza tutt’altro che casuale: tre presidenti di Regione del Pd, Michele Emiliano, Stefano Bonaccini e Vincenzo De Luca, che la Schlein vuole far fuori politicamente, danno ragione a Conte sugli attacchi al Pd, tutti e tre nel giro di qualche ora, tutti e tre nella giornata di ieri. «Giuseppe Conte», dice Bonaccini a La7, «ha il diritto di pretendere che di fronte a fatti gravi ci si comporti come di dovere. Io non ho nulla da appuntare a lui sul fatto che possa chiedere trasparenza. Dico solo che il Pd non vuole prendere lezioni da nessuno perché è un partito fatto nella stragrande maggioranza di persone perbene»; «Giuseppe Conte ha sollevato il tema dei cacicchi», sottolinea De Luca nella diretta Facebook settimanale, «e io sono completamente d’accordo. L’unico chiarimento che serve è capire chi sono questi cacicchi perché la tendenza è di fare un polverone. I cacicchi che dobbiamo cancellare, e sono d’accordissimo, stanno a Roma, nelle segreterie dei partiti». De Luca prende di mira direttamente, e non è una novità, il Nazareno: «I cacicchi non si sono mai presentati con la propria faccia a una compagna elettorale», incalza il presidente della Campania, «perché non hanno il voto neanche della madre. I cacicchi sono quelli che si fanno nominare ministri solo perché sono capicorrente. I cacicchi sono i miracolati, i parassiti, i cooptati, quelli che senza aver fatto mai nulla stanno sempre in piedi. Sia benedetto Giuseppe Conte». Emiliano, dulcis in fundo, insieme a Conte sta insegnando un minuetto politico da manuale: l’uscita del M5s dalla giunta somiglia tanto a un colpo di teatro concordato tra i due in chiave anti Schlein e, per quel che riguarda il presidente della Puglia, anti Decaro, il sindaco uscente di Bari che dopo le Europee è pronto a scalare la Regione: «Non azzeriamo la giunta», dice Emiliano all’Huffington Post, «dobbiamo solo completare i buchi». Non a caso la Schlein, in serata, replica duramente al governatore: «Gli ho chiesto di tenere lontani trasformisti, transfughi dal centrodestra e persone sul cui rigore morale vi sia la minima ombra». «Nel Pd», ha aggiunto, «che stiamo ricostruendo gli interessi sbagliati e le modalità opache devono trovare porte chiuse e sigillate. Mi aspetto che proceda dunque a un netto cambio di fase, che non può tradursi in una mera sostituzione di chi è uscito, ma solo in un concreto rinnovamento degli assetti di governo regionale che sancisca un nuovo inizio, su basi diverse». Chi è causa del suo mal pianga se stesso: la Schlein ora si ritrova con un Conte con le mani libere, che potrà condurre una campagna elettorale all’insegna del più sfrenato propagandismo sui temi dell’economia, dello stop all’invio di armi in Ucraina, della legalità, mentre lei è ancora alle prese con i veti incrociati sulle liste. In ottica elettorale si spiega pure il conflitto a Bari, dove le comunali sono in programma l’8 e 9 giugno, insieme alle Europee, e dove si va verso due candidati campolarghisti, Vito Leccese dei dem e Michele Laforgia sostenuto dal M5s, con quest’ultimo che ha incassato anche il sostegno della presidente dem di Bari, Titti De Simone. A randellare i dem scendono in campo i pesi massimi pentastellati: «La battaglia di Conte e del M5s», attacca su La7 il capogruppo grillino alla Camera, Francesco Silvestri, «non è contro il Pd, è contro la corruzione, ovunque essa sia. A leggere certi commenti, e ad ascoltare certe dichiarazioni, fa sorridere che si scopra il M5s solo ora. Noi siamo nati con certi valori e su temi come la lotta alle mafie e alla corruzione siamo orgogliosamente intransigenti»; «L’etica pubblica, la disciplina e l’onore», sottolinea al Messaggero Veneto il capogruppo M5s al Senato, Stefano Patuanelli, «a cui ogni rappresentante politico deve attenersi, è un tema su cui il M5s non può fare passi indietro. La speranza è che sia l’occasione anche per Elly Schlein di fare quello che aveva annunciato candidandosi, cioè limitare il potere dei capi bastone locali». «Noi non abbiamo accordi con il Pd strutturali in tutta Italia», argomenta a Radio24 il vicepresidente del M5s, Michele Gubitosa, «di volta in volta si valutano i territori, i contesti, i temi, e si valutano i profili dei candidati. I fatti successi in Puglia sono gravissimi, questo non significa che il Pd è marcio ovunque e che col Pd rompiamo in tutta Italia, questo assolutamente no. Noi contestualizziamo le cose e speriamo che il Pd ne approfitti per fare delle pulizie al proprio interno». «Le parole e il linguaggio», replica la senatrice dem Simona Malpezzi a La7, «che Conte ha usato in questi giorni nei confronti del Pd hanno offeso la comunità del Pd. L’avversario sta da un’altra parte. A meno che l’obiettivo di Conte non sia avere una leadership del centrosinistra e provare a indebolire il Pd».
Giancarlo Giorgetti (imagoeconomica)