2021-03-04
Parte il cantiere vaccini per il 2022 sotto Giorgetti e il capo dei servizi
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro imposta con le aziende pharma e il sottosegretario Franco Gabrielli la riconversione strategica dei siti. Entro autunno le imprese «produrranno il principio attivo». Oggi l'incontro con il commissario Ue, Thierry Breton.«La produzione di vaccini in Italia è una valutazione di carattere strategico, e quindi non va connessa con l'emergenza, perché la riconversione dei siti produttivi richiederà inevitabilmente un minimo di 4-8 mesi. L'obiettivo è rendere l'Italia nel quadro europeo autosufficiente rispetto a fatti, eventi e situazioni che riteniamo possano riprodursi inevitabilmente nei prossimi anni». Rispondendo ieri pomeriggio al question time della Camera, il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, è stato chiaro. E ha sia sgombrato il campo da illusioni propagandistiche - perché le dosi ci sono e aumenteranno, ma vanno somministrate - sia dalle velleità su una rapida produzione di un vaccino autoctono sponsorizzata dal governo Conte (con l'investimento di Invitalia in Reithera) o di altri vaccini ottenuti sospendendo brevetti o aggirando procedure di approvazione. Davanti ai deputati Giorgetti ha anche sottolineato che andrà ripensato in chiave industriale «l'intero sistema dell'organizzazione sanitaria, così come concepito sinora». Da parte del governo si conferma la totale disponibilità a individuare gli strumenti normativi e finanziari più idonei, «in un orizzonte temporale il più possibile ristretto».Prima di parlare alla Camera, il ministro ha tenuto in mattinata il secondo round di incontri con i rappresentanti di Farmindustria e con i vertici di Aifa per fare il punto sulle capacità della filiera. All'appuntamento hanno partecipato il neocommissario Francesco Paolo Figliuolo, e il sottosegretario Franco Gabrielli, che ha ricevuto da Mario Draghi anche la delega ai servizi segreti. Dettaglio importante, perché significa che Gabrielli intende approfondire la mappa produttiva del settore in Italia, dove operano soprattutto aziende controllate da multinazionali, e come funziona la supply chain dei vaccini in vista di futuri investimenti. Al tavolo tecnico è stata verificata la disponibilità di alcune aziende a produrre i bulk, ossia il principio attivo e gli altri componenti del vaccino anti Covid, perché già dotate, o in grado di farlo a breve, dei necessari bioreattori e fermentatori. La produzione potrà però avvenire solo a conclusione dell'iter autorizzativo da parte delle autorità competenti come Ema e Aifa, in minimo 4-6 mesi. Ci sono invece le condizioni immediate per avviare la fase dell'infialamento (di cui si occupa già, ad esempio, la Catalent di Anagni per Astrazeneca e tra poco per Johnson&Johnson). Il governo punta quindi a realizzare in Italia un polo per la ricerca di farmaci e vaccini con investimenti pubblici e privati nella riconversione delle filiere. Anche attraverso alleanze e accordi commerciali. Giorgetti ha quindi dato mandato di procedere all'individuazione di contoterzisti in grado di produrre vaccini entro l'autunno 2021. Con questi ritmi significa però essere pronti, se va bene, quando la campagna di somministrazione sarà finita. Va inoltre trovato chi metta a disposizione i brevetti per i principi attivi. L'unica per ora a farsi avanti è Astrazeneca anche perché per Pfizer, Curevac e Moderna (tutti vaccini a mRna) l'Italia non ha la tecnologia necessaria. Di certo, bisognerà investire sulla produzione tricolore per il mantenimento e per allenare la nostra industria locale (nonché gli stabilimenti di proprietà straniera sul territorio nazionale) a produrre vaccini quando il virus sarà diventato endemico. Si tratterà di farsi trovare pronti, anche con la ricerca, per la seconda generazione di vaccini, capaci di proteggere da nuove varianti, e più facili da gestire dal punto di vista logistico e della somministrazione. Le alleanze saranno fondamentali. Basta vedere come si stanno muovendo negli Usa con l'accordo Merck-J&J e facilitando l'abbinamento tra giganti come Gsk e piccole società biotecnologiche, come Medicago, iBio (finanziata dall'agenzia della Difesa, Darpa) e Kentucky Bioprocessing. Mentre l'Austria di Sebastian Kurz e la Danimarca di Mette Frederiksen, che non hanno aziende pharma in grado di produrre i vaccini, hanno deciso di esplorare nuove strade, annunciando partnership con Israele per la realizzazione di sieri di seconda generazione.Ieri pomeriggio, Mario Draghi ha parlato al telefono, con Ursula von der Leyen, proprio della necessità di accelerare sui vaccini (oltre che di Recovery fund e dell'opportunità di una gestione europea dei flussi migratori). Oggi, invece, Giorgetti incontrerà Thierry Breton, commissario europeo all'Industria, «per discutere la disponibilità al trasferimento tecnologico dei brevetti», ha spiegato il ministro. Il tema della produzione è cruciale per capire quali pedine muoverà Mario Draghi sul terreno della geopolitica dei vaccini. Il Belgio e l'Olanda sono snodi cruciali per la supply chain mentre la francese Sanofi è rimasta tagliata fuori dalla partita. Il vero arsenale al momento è concentrato in Germania, dove risiedono gli stabilimenti Biontech, alleata dell'americana Pfizer, e anche Curevac. Angela Merkel entro fine anno, però, lascerà la poltrona e gli equilibri potrebbero cambiare. Con un nuovo interlocutore, ovvero Draghi, che anche come capo di turno del G20 è destinato a diventare un importante punto di riferimento al di qua e al di là dell'Atlantico.
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».