2021-10-30
Parigi vuol partecipare alla corsa al Colle
Forse basterà un uomo di provata fede atlantista come il premier a impedire che l'Italia diventi un protettorato francese. Quasi tutti gli altri quirinabili, soprattutto i maggiorenti del Pd, hanno l'onorificenza della République al bavero. Resiste il «partito amerikano».Chissà se basterà un uomo di provata fede atlantista come Mario Draghi a impedire che l'Italia diventi un protettorato francese. Il G20 in corso a Roma, la partita sui trattati internazionali e sul ruolo (pallido) di un'Europa a trazione tedesca (per quanto ancora?) si vanno fatalmente a incrociare con le elezioni per il nuovo presidente della Repubblica in Italia e in Francia. Da Paolo Gentiloni a Romano Prodi, passando per l'onnipresente avvocata Paola Severino, Dario Franceschini e Pier Ferdinando Casini, quasi tutti i quirinabili hanno il cuore che batte lungo la Senna e la Legion d'Onore al bavero. E lo stesso vale per chi magari non corre per il Colle, ma comunque darà le carte in Parlamento e nei partiti, come Enrico Letta, suo zio Gianni Letta, Antonio Tajani o Massimo D'Alema, tutti insigniti in tempi non sospetti della massima onorificenza francese. Onorificenza inventata da Napoleone e che da oltre due secoli non viene data gratis o per mera simpatia, ma viene concessa solo a chi nelle moderne guerre commerciali si schiera dalla parte transalpina o, quantomeno, risulta in qualche modo funzionale alla sua espansione economica.Draghi, si sa, è amatissimo a Washington, e non solo perché quando era direttore generale del Tesoro gestì in prima persona il crac Federconsorzi e le privatizzazioni, o perché è stato ai vertici di Goldman Sachs in Europa tra il 2002 e il 2005. Gli Stati Uniti, molto polemici con la linea rigorista dell'Ue ispirata dalla Bundesbank, hanno apprezzato la politica monetaria espansiva del nostro attuale premier quando ha guidato la Bce, dopo la disastrosa gestione delle crisi da parte del francese Jean-Claude Trichet. E se lo spread è ai minimi da quando c'è Draghi a Palazzo Chigi, un po' è dovuto anche al gradimento dei creditori americani. E però, passando in rassegna la classe dirigente italiana, quello che nella Prima Repubblica chiamavano il «partito amerikano» oggi è di ridotte dimensioni. Ci sono grandi vecchi come il presidente della Consob, Paolo Savona, il presidente emerito Giorgio Napolitano, il titolare dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. Se invece si guarda dalle parti di Emanuel Macron, praticamente si nota tutto il piano nobile del Pd, con relativi addentellati bancari. Usando sempre come guida la concessione della Legion d'Onore, tra gli habitué di Piazza Farnese ci sono il banchiere Giovanni Bazoli, la cui figlia Francesca è la compagna del sindaco di Milano, Beppe Sala, insignito nel 2016. Poi c'è il figlioccio politico di Bazoli di maggior successo, Enrico Letta (dotato di cattedra parigina a Sciences Po) e Romano Prodi, sincretista che all'amore per la Francia unisce anche quello per Pechino. Un'accoppiata che in Italia è meno popolare da quanto c'è Draghi, ma che comunque accomuna all'ex premier dell'Ulivo anche D'Alema e Gentiloni, con quest'ultimo che da premier voleva regalare un pezzo di Mar Ligure alla Francia e oggi è un autorevole candidato al dopo Mattarella. Un altro che sogna il Colle con afflato ecumenico è Walter Veltroni, che come Giovanna Melandri è un decorato francese. Però va detto che quando Macron ha veduto bene di dare l'onorificenza al presidente egiziano Al Sisi, in solidarietà con la famiglia di Giulio Regeni l'hanno restituita Corrado Augias, la Melandri e Sergio Cofferati. Se lo sono potuto permettere anche perché ormai fuori dai giochi. Un altro grande esponente della sinistra romana francofila come Carlo Fuortes, «legionario» dal 2015, è invece diventato direttore generale della tv di Stato. Anche Piero Fassino e Carlo De Benedetti sono di rito francese, insieme a Roberta Pinotti, Nicola Zingaretti e all'inossidabile boiardo Franco Bassanini. Legion d'onore anche per Emma Marcegaglia (2011), presidente dell'Eni, e Gabriele Galateri di Genola (2007) presidente di quelle Generali dov'è in corso una durissima battaglia finanziaria che è anche l'ennesimo derby Italia-FranciaFuori dal centrosinistra, possono vantare la Legione d'onore Emma Bonino, Franco Frattini, Stefania Prestigiacomo e perfino il sindaco di Imperia Claudio Scajola, che ha criticato la mossa di Macron con al Sisi, ma non ha restituito niente. Poi ci sono i casi di Mattarella e Napolitano, che hanno l'onorificenza francese (che per altro ha anche Vladimir Putin) ma sono nettamente più atlantisti e per nulla ben disposti verso Pechino. Ma chi ha segnato una parabola davvero inimitabile nel segno dell'amor di Patria (francese) è l'ex assistente di Prodi e vivace lobbista di San Marino, Sandro Gozi. Il politico romagnolo è stato sottosegretario agli affari europei nei governi Renzi e Gentiloni. Poi, nel 2019, è stato per alcuni mesi consulente per l'Ue del governo Philippe II, incarico che ha dovuto lasciare quando si è scoperto che era stato consulente anche di Malta. Oggi è eurodeputato di Renew Europe, eletto in Francia con la lista promossa da Macron e da En Marche. Per il Colle si vota a marzo, mentre per l'Eliseo ad aprile. Che non si vada tutti alle urne lo stesso giorno è già qualcosa.
Beatrice Venezi (Imagoeconomica)