2024-07-30
Il papà di Caino colpevole di fare il genitore
Il carcere di Montorio (Verona) dove è detenuto Filippo Turetta. Nel riquadro un frame del colloquio con i genitori (Ansa)
Nicola Turetta è finito nel tritacarne dei soliti moralisti per le parole dette al figlio Filippo. Un dialogo spiato, diffuso e commentato nonostante fosse solare il tentativo d’evitare che l’assassino di Giulia Cecchettin si uccidesse. Ha scelto, insomma, di agire da padre.Dall’inizio del 2024 nelle prigioni italiane ci sono stati 54 suicidi, dato che offre un quadro degradante del nostro sistema carcerario. Se tutti - a partire dai sinceri progressisti - dedicassero alle patrie galere la metà dell’attenzione riservata a quelle ungheresi, forse la situazione migliorerebbe. Ma ormai Ilaria Salis è stata eletta e della dignità dei detenuti frega nulla ai più. Anzi, a quanto sembra c’è persino qualcuno che gradirebbe almeno un altro suicidio: quello dell’assassino Filippo Turetta. Hanno suscitato sdegno sui giornali le dichiarazioni di suo padre Nicola durante un colloquio avvenuto in carcere ai primi di dicembre.Registrato dalle forze dell’ordine, Nicola diceva al figlio: «Non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza. Non sei un terrorista. Devi farti forza. Non sei l’unico. Ci sono stati parecchi altri. Però ti devi laureare...».Si è detto che, con quelle poche frasi, il padre avrebbe assolto il figlio, colpevole del brutale omicidio della ex fidanzata che perseguitava, Giulia Cecchettin. Elena, sorella di quest’ultima già nota per le uscite molto politiche, ha accusato Nicola Turetta di aver «normalizzato il femminicidio». Andrea Camerotto, zio di Giulia, ha dichiarato rabbioso: «Chi non comprende il male fatto merita solo disprezzo».È finita che Turetta padre si è dovuto scusare pubblicamente per quelle parole pronunciate in privato. «Chiedo scusa per quello che ho detto a mio figlio. Solo tante fesserie», ha scandito ai cronisti. «Non ho mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale. Erano frasi senza senso. Temevo che Filippo si suicidasse. C’erano stati tre suicidi a Montorio in quei giorni. Ci avevano appena riferito che anche nostro figlio era a rischio. Quegli istanti per noi erano devastanti. Vi prego, non prendete in considerazione quelle stupide frasi. Vi supplico, siate comprensivi». Ma ancora non basta: sui media è tutto un fiorire di commentatori, opinionisti, psicologi e intellettuali pronti a spingere ancora di più la croce sulla schiena di questo sventurato padre. Uno che, quando alla fine dello scorso anno venne a sapere che suo figlio aveva ammazzato una povera ragazza, certo non ebbe parole di assoluzione. Definì il gesto inconcepibile, piangendo porse le condoglianze alla famiglia di Giulia, consapevole che «nessuno la riporterà più indietro». Da allora, non risulta che, a differenza di altri, si sia lasciato avvincere dal circo mediatico. Non pare che abbia concesso interviste nel bieco tentativo di giustificare il figlio macellaio. Turetta se ne è stato zitto nel suo dolore. Quando ha parlato, lo ha fatto sussurrando in privato, rivolto a quel ragazzo che si è trasformato in una belva senza che lui se ne accorgesse e che ora sta giustamente chiuso in gabbia.Perché non c’è dubbio che Filippo Turetta sia colpevole. E la responsabilità è tutta sua: non della società, non di un presunto patriarcato, non del contesto culturale. È un assassino e tale rimarrà fino alla fine dei suoi tristi giorni. Semmai, ad aver offerto margini per la giustificazione sono proprio tutti coloro che hanno tirato in ballo la «violenza sistemica» e la mascolinità tossica, quasi che da Turetta non potesse che scaturire un killer, avvelenato com’era da una educazione sbagliata e da un’Italia tanto profondamente misogina. Ma non c’è sociologismo che tenga: la colpa è sua e se la terrà anche nella tomba. Viene da domandarsi, però, che cosa dovrebbe fare, secondo i solerti moralisti dell’arena pubblica, Nicola Turetta? Dovrebbe abbandonare il figlio in carcere? Disconoscerlo in favore di telecamera? Augurarsi che muoia? Quale altra pena vogliamo infliggere a questo padre che forse qualcosa ha sbagliato ma forse no, perché in fondo i figli sono un mistero, sono altro dai genitori, talvolta qualcosa di radicalmente diverso e incomprensibile. E comunque: qualcuno di voi saprebbe con certezza dire dove, e come, Nicola Turetta abbia sbagliato? Se qualcuno è sicuro, si faccia avanti. E poi: non è grottesco che a indignarsi e a infierire siano per lo più i media di sinistra, cioè quelli che l’abolizione del padre e della autorità l’hanno nei decenni elevata a sistema? Non è incongruente che siano proprio i nemici giurati della severità e dell’ordine a pretendere spietatezza e vendetta? La colpa di Filippo Turetta già ricade sul padre. È inevitabile, benché in parte ingiusto, e si aggiunge alla fatale disperazione di chi ha visto il proprio figlio diventare mostro all’improvviso. Chissà, forse Nicola per primo ha desiderato di non averlo mai messo al mondo, quello schifoso. Forse ha desiderato di dissolversi lui stesso, per la vergogna e il terrore e la sofferenza. Alla fine, però, ha fatto ciò che un padre deve fare: è rimasto lì, presente. Si è fatto carico del fardello, ha scelto di accompagnare il figlio nell’ora più buia, sapendolo carnefice e non vittima. Chi siete voi per giudicarlo? E quanta forza e rassegnazione e sopportazione ci vogliono per prendere su di sé il peccato altrui e assumetene la responsabilità? Nicola Turetta non vuole che suo figlio muoia, quel figlio maledetto. Forse vorrebbe per lui un filo di luce tra le tenebre. E sa che quella luce non sarà ora, non oggi, forse mai. Non vuole che muoia e quello, in effetti, non deve morire ma restare vivo così da contemplare l’abominio che ha compiuto. Però, almeno nel segreto del cuore paterno, anche Caino sia libero di ricevere una piccola consolazione, anche se è stato capace di negarla alla sua vittima innocente.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.