2023-04-17
Paola Ferrari: «La Meloni attaccata perché donna»
La giornalista: «Gli insulti di mio suocero De Benedetti? Disgustosi. Giorgia dimostra che col merito si arriva alla meta. E per la sinistra, che parlava tanto di parità, è uno smacco. L’Italia non è razzista, la Egonu sbaglia».È una che si è fatta da sola, animata da una passione che ne ha orientato la determinazione fino a farla diventare una professione. Paola Ferrari, coniugata De Benedetti (con la D maiuscola, che per chi se ne intende vuol dire assenza di lignaggio aristocratico: il cognome era tutto attaccato e lo «zio» Franco tale lo ha mantenuto), milanese, voleva fare la giornalista ed è diventata la signora del calcio in tv. Sta alla Nazionale come la Cibele turrita sta all’Italia. Ha lavorato con i grandi e ha cominciato con un’icona: Enzo Tortora. «Mi diceva», racconta con la voce che s’incrina, «Paola, il primo comandamento per un giornalista è la schiena dritta: mai piegarsi al compromesso, mai rinunciare alla propria dignità». Per aver rimproverato il suocero, Carlo De Benedetti, di aver usato toni e parole disgustose contro Giorgia Meloni, a cui ha dato della demente, è tornata a far parlare di sé. «Non voglio esacerbare i toni. Da tempo non ci parliamo con la famiglia di mio marito, confermo che ho trovato disgustoso ciò che è stato detto. Ma voglio evitare ai miei figli altri attriti col quello che comunque è il loro nonno. Lo strappo col padre di mio marito c’è stato anni fa quando mi sono candidata con la Destra. Non me l’hanno perdonata. Quando l’ingegner De Benedetti ha dato della demente a Giorgia Meloni l’ho trovato inelegante. Credo che tutto nasca da un pregiudizio e da un nervo scoperto della sinistra. Per anni mi sono battuta perché alle donne fossero riconosciute pari dignità e pari opportunità. L’ho fatto in Rai e nelle associazioni, ho insistito sulle quote rosa ai tempi in cui nelle assemblee legislative c’era meno dell’8% di donne. Oggi non credo che dobbiamo stare nel recinto dorato. Giorgia Meloni è la donna che ha cambiato questa prospettiva e ha dimostrato che col merito si arriva al traguardo. Per la sinistra che si è riempita della retorica della parità lei rappresenta l’evidenza di un fallimento. Da lì credo nascano le offese e quando vedo che si offende una donna non reggo. Sono fatta così: non riesco a stare zitta, non sto alle regole e davanti all’offesa non rispetto le gerarchie».Dunque lei non si sente la moglie di... «Guardi che semmai è Marco a essere il marito di. Quando l’ho sposato conducevo già La Domenica Sportiva, avevo già fatto gran parte della mia carriera. A noi donne non si perdona mai nulla e se arrivi senza accettare compromessi è perché te lo strameriti».Però Marco De Bendetti l’ha sposato…«E sono felicissima di averlo fatto, abbiamo due figli che ci hanno riempito la vita. All’inizio non volevo entrare nella sua famiglia, si poteva ben dire che era un figlio di papà e io invece mi ero costruita tutta la mia vita lavorativa mangiando filo spinato. Credo che anche questo lo abbia affascinato. In lui ho scoperto un uomo di grande cultura, di grande intelligenza, è assai distante dal carattere del padre. Io sono distante dalla sua famiglia d’origine per stile di vita, per tutto. Preferisco essere indipendente e non ho mai rinunciato al mio cognome: io sono Paola Ferrari».Giorgia Meloni ha ricordato Adriano Olivetti come un grande italiano. Lei in casa di Olivetti sente molto parlare?«Marco è stato in Olivetti, suo padre è stato padrone dell’Olivetti. I valori che ha ricordato Giorgia Meloni sono fondamentali, ma io sono stata sempre molto distante dalle scelte imprenditoriali che hanno fatto loro. So che Adriano Olivetti, come anche moltissimi campioni dello sport, fanno parte di un passato di cui dobbiamo essere fieri. Loro hanno fatto grande l’Italia».Lei è buona amica di Giorgia Meloni?«Ho avuto la fortuna di conoscerla quando fece la campagna per diventare sindaco di Roma. È una donna che mi ha colpito moltissimo per la dignità, la forza, la determinazione e l’abnegazione».Affinità elettive ed elettorali?«Abbiamo un buon rapporto di stima, mi onoro di dire, reciproca. Sì, c’è anche un rapporto di affettività, ma ora non mi permetto di disturbarla. In campagna elettorale avrei voluto aiutarla, dire qualcosa, ma come giornalista del servizio pubblico, al contrario di altri, mi sono doverosamente astenuta. Cerco di comportarmi bene rispettando le regole dell’azienda. Non nascondo però che ho una forte simpatia per Giorgia Meloni ed è un orgoglio avere una donna leader. Che ha dato molto fastidio alla sinistra convinta che la destra sia maschilista. Credo che per loro sia stata una bella botta. La scelta degli italiani di mandare al potere Giorgia, una donna, è una scelta molto importante al di là del dato politico. È stato un grande passo avanti per il Paese». C’è un’altra donna di governo con cui però ha avuto rapporti burrascosi: Daniela Santanché ministro se l’aspettava?«Ma io e Daniela siamo tornate amicissime! Sono stata io a dirle cinque ore prima che le arrivasse la nomina: vedrai che ti fanno ministro. Anche lei è della stessa pasta: determinazione, abnegazione, lavoro. Ci siamo volute molto bene e abbiamo litigato molto, ma in me c’era un buco. Lei lo ha colmato facendo una cosa di cui le sono grata. Sono stata esiliata in Rai per un anno, mi hanno allontanata dai mondiali e lei che stava in commissione di vigilanza insieme ad altri onorevoli ha fatto interpellanze su interpellanze per capire cosa stava succedendo».Senza la Ferrari in formazione l’Italia zoppica?«Assurdità per assurdità se fosse servito a conquistare i mondiali mi sarei annullata! Per me non veder vincere la Nazionale è un dolore! Sono stata felicissima di aver condotto gli Europei che abbiamo vinto».Lei ha pagato molto in Rai per alcune scelte?«Non voglio parlare di Rai in rapporto a me. Alessandra De Stefano, l’ex direttrice di Rai Sport, ora è a Parigi a fare la corrispondente, era lì che voleva andare. Auguri! Spero che la nuova Rai farà emergere i valori dello sport che sono la sana competizione, l’allenamento, il sacrificio, l’accettazione anche della sconfitta, il rispetto di sé e degli avversari che non sono mai nemici! Sono i valori che servono ai ragazzi. Ho sempre avuto l’ambizione di portare 90° minuto nei territori. Costerebbe molto, ma sarebbe una grande operazione raccontare lo sport dal basso. Ho lavorato con i più grandi: Tosatti, Brera, Galeazzi, Mario Sconcerti, Gianni Mura: tutti hanno narrato lo sport partendo da valori profondi. Quando si dice che il calcio è la metafora della vita ci si riferisce al calcio che è confronto di forza e d’intelletto. Non allo show. Ho ancora in me l’emozione della medaglia olimpica di Jury Cechi; è stato un immenso privilegio poter raccontare un’impresa che è insieme gesto tecnico e pezzo di vita, che diventa valore universale. Spero che la nuova Rai racconti questo sport».Anche contro il razzismo? «Anche contro il razzismo. Gli italiani non sono razzisti, siamo un popolo molto accogliente, poi certo negli stadi ci sono un po’ d’imbecilli. Il mio impegno sociale mi ha portato a lottare contro il bullismo e le diseguaglianze, sono stata vicepresidente del comitato etico della serie C col presidente Gabriele Gravina. La serie C è il calcio dei territori. È lì che bisogna lavorare. Quando vado nelle scuole con i campioni di tutti gli sport ai ragazzi offriamo l’esempio positivo. Non c’è nulla che favorisce di più l’integrazione della Nazionale, delle Olimpiadi, della maglia azzurra».Paola Egonu però ha accusato apertamente l’Italia di razzismo…«Ha sbagliato e gliel’ho pure detto. Gli atleti sono sotto stress, spesso ci sono condizioni personali che generano percezioni distorte, che provocano anche dolori che vanno rispettati. L’Italia sta schierando molti oriundi, l’integrazione è possibile e bisogna dare allo sport la funzione formativa che ha. Il ministro per lo Sport Andrea Abodi ha in cima alla sua agenda questo impegno».Che cosa prova davanti alla tragedia di Jula Ituma, un’altra pallavolista, un’altra ragazza di colore?«Dolore, sgomento, rispetto. Dire altro è impossibile e ingiusto».Lei ha rivelato che è stata colpita da un tumore. È un messaggio?«Sì e lo ripeto ancora una volta: ragazze fatevi vedere, fate prevenzione, abbiate cura di voi. E affidatevi alla sanità italiana che è all’avanguardia. Ho avuto un carcinoma maligno al viso: ho avuto paura anche per il mio lavoro. Ho rischiato che mi portassero via mezzo viso. Sono stati bravissimi nel curarmi. Un mese e mezzo fa ho avuto la stessa paura. Per fortuna anche stavolta lo abbiamo preso in tempo. Ho usato questa esperienza come aiuto per le altre donne, per esortarle a fare prevenzione». Lei ha una partecipazione nella Lucisano Media Group, sogna il cinema?«Non sogno il cinema, ma la Lucisano è la sola casa di produzione cinematografica rimasta interamente italiana e il nostro cinema ha bisogno di coraggio imprenditoriale, di idee e di sostegno. Sono felice di stare in un consiglio di amministrazione dove ci sono solo donne. Mi occupo, quando posso, di documentari e abbiamo anche avuto grandi successi: il nastro d’argento con il documentario su Gigi Proietti, ne abbiamo uno bellissimo su Roma. Sono spazi di creatività che vanno incoraggiati».Spaventata da ChatGpt?«Spaventata no, e non so se la scelta di bloccarla sia la migliore. Incuriosita sì. Voglio capire: so che ha potenzialità negative, ma anche positive, e comunque oggi dobbiamo adeguare i linguaggi. I ragazzi usano le chat, navigano. Dobbiamo sperimentare senza demonizzare e senza farci soggiogare».Un’ultima curiosità: ha occhi bellissimi perché si trucca così tanto? È una maschera?«Nessuna maschera. A me il trucco piace. È una forma di espressione».