2023-01-12
Palazzo Chigi, 23 dirigenti su 25 scelti dai dem
Alessandro Tonetti (imagoeconomica)
Occupati tutti gli snodi fondamentali dell’alta burocrazia. Alcuni nomi sono gli stessi del governo Monti.La sinistra che protesta contro lo spoils system del governo di Giorgia Meloni non è solo quella che ha approfittato della fine del governo Draghi per piazzare le proprie pedine, ben 82 come ha ricordato il nostro giornale, prima delle elezioni politiche. È anche quella che da anni occupa ruoli apicali della pubblica amministrazione, l’alta burocrazia da cui dipende il raggiungimento dei risultati strategici dei singoli governi. Negli ultimi giorni, in prossimità delle prime nomine nelle agenzie fiscali e alla vigilia di quelle di primavera nelle partecipate statali, si sono spesso fatti sentire sui quotidiani due professori da sempre vicini al Partito democratico, ovvero Franco Bassanini e Sabino Cassese. Quest’ultimo ha ricordato sul Corriere della Sera che all’Italia servirebbe una classe dirigente neutrale, magari cresciuta in una scuola della pubblica amministrazione come l’Ena francese. È di sicuro un auspicio, ma di certo fa sorridere che la proposta venga pubblicizzata proprio adesso, proprio quando al governo c’è il centrodestra e non più il centrosinistra. Del resto, non è difficile ricordare che le nomine nella macchina amministrativa dello Stato italiano, il cosiddetto deep State, siano passate negli ultimi 20 anni spesso sotto l’attento controllo sia di Bassanini sia di Cassese, entrambi ex ministri della Funzione pubblica. Dalle due fondazioni a cui fanno capo, Irpa (Istituto ricerca pubblica amministrazione) e Astrid, è uscita la maggior parte degli incarichi pubblici nei governi dal Duemila a oggi. Tra i soci, i membri del comitato scientifico o i partecipanti alle iniziative dei due enti, si possono trovare i pesi massimi della classe dirigente pubblica italiana. C’è Giulio Napolitano, figlio dell’ex capo dello Stato. C’è Bernardo Giorgio Mattarella, figlio dell’attuale presidente della Repubblica. C’è Alessandro Tonetti, vicedirettore generale di Cdp, tra i possibili sostituti del direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera. C’è anche l’ex presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato. Per comprendere il peso del centrosinistra, basta guardare i dipartimenti della presidenza del Consiglio dei ministri, ruoli apicali, strutture che non hanno solo la funzione «di coordinare l’indirizzo politico generale», ma anche quello di fornire «il supporto tecnico gestionale». Su 25, 23 sono occupate da storici dirigenti di centrosinistra. Non è un caso che in Irpa (la fondazione di Cassese) ci sia il nuovo responsabile golden power Bernardo Argiolas. Ma tra i soci c’è anche Luigi Fiorentino, a novembre nominato capo del dipartimento per l’informazione e l’editoria. Fiorentino, dopo essere stato segretario generale all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, diventò nel 2011 capo di gabinetto con l’ex ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, ai tempi del governo di Mario Monti. Poi lo è stato anche del ministro Maria Chiara Carrozza, durante il governo di Enrico Letta, e al contempo è stato anche vicesegretario generale della presidenza del Consiglio dei ministri dei governi di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. In Irpa c’è anche Pia Marconi, nominata nel luglio dello scorso anno (a una settimana dalla caduta del governo di Mario Draghi) dall’ex ministro di Grazia e giustizia Marta Cartabia a capo del dipartimento per la Trasformazione digitale. Marconi è stata capo del dipartimento della funzione pubblica tra il 2014 e il 2018 sempre durante i governi Renzi e Gentiloni. Tra i soci della fondazione di Cassese c’è anche Carlo Notarmuzi, ex capo del coordinamento amministrativo, tuttora dirigente ma in un altro ufficio. Al suo posto è arrivata infatti Elisa Grande che era stata nominata nel 2017 (la firma è dell’ex sottosegretario di Stato Maria Elena Boschi) a capo del dipartimento per la programmazione economica e il coordinamento della funzione economica. All’ufficio di segreteria del Consiglio dei ministri troviamo Angela Lorella Di Gioia, già al ministero dell’Interno durante i governi Letta e Renzi. Al dipartimento pari opportunità c’è Laura Menicucci, in carica già dal 2018. Al dipartimento politiche di coesione troviamo Michele Palma, anche lui con una lunga carriera nell’alta burocrazia, già nel 2015 «direttore generale dell’ufficio per gli affari generali, internazionali e gli interventi in campo sociale del dipartimento per le pari opportunità». I dirigenti che provengono da un’area di centrodestra si contano davvero sulle dita di una mano. Ci sono Marcello Fiori alla funziona pubblica, o Michele Sciscioli al dipartimento per le politiche giovanili, ma sono davvero una sparuta minoranza in una macchina statale da sempre a trazione centrosinistra.