2021-07-26
L’ostrica italiana che fa invidia perfino ai francesi
Sorpresa: sul delta del Po si coltiva una «perla» che ha attirato l'attenzione di chef stellati e buongustai d'Oltralpe. Storia e virtù della regina della crudità.A Bari si mangia letteralmente da sempre moltissimo pesce crudo anche perché, come ha spiegato il professor Donato Coppola, docente di Paletnologia all'Università di Bari, parlando del sito archeologico Grotta di Cala Scizzo di Torre a Mare a Bari dove sono stati rintracciati molti gusci e scheletri di molluschi marini, «a seguito di una crisi climatica il cibo cominciò a scarseggiare e così i molluschi diventarono la base della dieta di queste popolazioni neolitiche». Ma a parte Bari, dove comunque si mangiano almeno 18 tipi di frutti di mare crudi, la Puglia e in generale tante località marine dove il rapporto col pesce crudo è normale, tramite piccoli classici come le alici marinate, il cittadino italiano ha spesso riservato lo status di crudità marina solo all'ostrica. Per poi ampliarlo, recentemente, al sashimi e al sushi di tradizione giapponese. Anche il mangiatore normale, infatti, non particolarmente avvezzo alle alici marinate o alle ostriche, per gusto, per costo o per entrambi, tramite l'«all you can eat» e l'avvento degli sfilettatori asiatici ha imparato a mangiare il pesce crudo. Ma, in realtà, l'ostrica nasce come cibo popolare. Le ostriche sono state uno dei primi alimenti consumati dall'uomo, perché molto facili da trovare, da raccogliere e anche da aprire. Poi è iniziata l'ostricoltura: si suppone che i primi ostricoltori siano stati i cinesi, ma ci sono poche fonti, le testimonianze sulla superba ostricoltura romana sono di più. Una moda imperialeI romani erano grandi mangiatori, importatori e allevatori di ostriche. Nelle Satire, Giovenale definisce l'imperatore Nerone capace di riconoscere la provenienza di un'ostrica da un assaggio. Nella Roma imperiale il consumo di ostriche divenne così di moda che da piatto popolare si elevò a prelibatezza per nobili, i quali mangiavano le ostriche che arrivavano a Roma su nave dalla Britannia e che erano differenti da quelle locali. La storia dell'ostricoltura risale proprio agli antichi romani, che la praticavano in Francia e in Gran Bretagna per trasportare poi le ostriche in Italia, diverse da quelle che si potevano raccogliere selvatiche lungo le nostre coste: nonostante la grande distanza, le ostriche della Manica giungevano fresche nella capitale dell'impero grazie alla conservazione sotto strati di ghiaccio o in giare piene di acqua marina che veniva continuamente rinnovata durante il viaggio. Tornando a noi e all'adesso, abbiamo anche l'ostrica made in Italy. Sembrava impossibile in un mercato dominato dalla produzione francese, invece è realtà. Solo che tanti italiani non lo sanno: un sondaggio di Federcoopesca-Confcooperative ha rilevato che i consumatori abituali italiani di ostriche hanno tra i 35 e i 55 anni, con picco tra 40 e 45, sono più uomini che donne (le quali non conoscono medietà: le adorano oppure le schifano), e soprattutto l'85% di loro non sa che esistono le ostriche tricolore, che non hanno niente da invidiare a quelle francesi per gusto, polposità e prezzo. Di anno in anno, le imprese nostrane che allevano ostriche, dalla Sardegna a La Spezia, dall'Adriatico a Goro nel Ferrarese, crescono. Del resto, l'Italia è il secondo mercato in Europa per consumo di ostriche, dopo la Francia, che però ne produce oltre 120.000 tonnellate. Le ostriche italiane sono ora intorno alle 200 tonnellate di prodotto allevato ed erano appena 33 nel 2015. Sono piccoli numeri rispetto a quelli francesi, ma ciò permette ai mitilicoltori italiani di diversificare la produzione, principalmente basata su cozza e vongola verace. La metafora di VergaInoltre, le nostre ostriche sono ben considerate anche dai francesi, che ne sono importatori, e dai ristoratori. Tra questi ultimi, magari stellati come Massimiliano Alajmo, Enrico Bartolini, Moreno Cedroni, Massimo Bottura, l'eccellenza è l'ostrica rosa Tarbouriech di Scardovari, della laguna del Po che sfocia nell'Adriatico. Il metodo Tarbouriech prevede la coltivazione in verticale su corda, non in orizzontale come in Normandia. Anche detta «perla del delta del Po», dall'eccellenza di quei luoghi e quegli allevamenti molluschicoltori - la cozza di Scardovari è Dop dal 2013 e anche la vongola è estremamente quotata - essa trae la sua. Diversamente dalle ostriche francesi, irlandesi o olandesi, che richiedono 3 o 4 anni di allevamento, quella di Scardovari è pronta per il mercato ostricolo dopo un anno e mezzo. Inoltre l'alta qualità determina un mollusco più grosso e una shelf life (durata dell'alimento fino all'acquisto) molto maggiore di quella delle parenti dei mari del Nord. La perla rosa del Po dura 30 giorni, altre varietà, compresa la Gran Crù francese, circa 13. Gli ittiocoltori chiedono anche di abbassare l'Iva dall'attuale 22% dei prodotti di pesca considerati pregiati anche perché non allevabili come ostrica, astice e aragosta, al 10% dei restanti pesci, molluschi e crostacei, visto che ora qui lo sono. Chissà.L'ostrica è stata resa metafora di uno stile di vita tradizionalista dallo scrittore verista Giovanni Verga. L'ideale dell'ostrica è alla base del romanzo I Malavoglia del 1881, ma già nella novella Fantasticheria, scritta prima del 1878, Verga parla dei pescatori di Acitrezza, esempi di quelli che oggi chiameremmo «popolo» o «ultimi», e ne spiega la filosofia di vita: chi appartiene alla fascia dei deboli rimane legato ai valori della famiglia, del lavoro, in generale delle sue tradizioni, allo scopo di evitare che il mondo, come un «pesce vorace», li divori. La novella è in forma epistolare, una lettera a una ricca dama che si ferma ad Acitrezza per due giorni, prima affascinata, immediatamente dopo annoiata: «Diceste soltanto ingenuamente: - Non capisco come si possa vivere qui tutta la vita -. - Insomma l'ideale dell'ostrica! - direte voi. - Proprio l'ideale dell'ostrica! E noi non abbiamo altro motivo di trovarlo ridicolo, che quello di non esser nati ostriche anche noi -. [...] Per altro il tenace attaccamento di quella povera gente allo scoglio sul quale la fortuna li ha lasciati cadere, mentre seminava principi di qua e duchesse di là, questa rassegnazione coraggiosa ad una vita di stenti, questa religione della famiglia, che si riverbera sul mestiere, sulla casa, e sui sassi che la circondano, mi sembrano - forse pel quarto d'ora - cose serissime e rispettabilissime anch'esse. Forse perché ho troppo cercato di scorgere entro al turbine che vi circonda e vi segue, mi è parso ora di leggere una fatale necessità nelle tenaci affezioni dei deboli, nell'istinto che hanno i piccoli di stringersi fra loro per resistere alle tempeste della vita, e ho cercato di decifrare il dramma modesto e ignoto che deve aver sgominati gli attori plebei che conoscemmo insieme. Un dramma che qualche volta forse vi racconterò, e di cui parmi tutto il nodo debba consistere in ciò: - che allorquando uno di quei piccoli, o più debole, o più incauto, o più egoista degli altri, volle staccarsi dai suoi per vaghezza dell'ignoto, o per brama di meglio, o per curiosità di conoscere il mondo; il mondo, da pesce vorace ch'egli è, se lo ingoiò, e i suoi più prossimi con lui. - E sotto questo aspetto vedrete che il dramma non manca d'interesse. Per le ostriche l'argomento più interessante deve esser quello che tratta delle insidie del gambero, o del coltello del palombaro che le stacca dallo scoglio». L'ostrica appartiene al regno Animalia, Phylum Mollusca, Subphylum Conchifera, classe Bivalvia, sottoclasse Pteriomorphia, ordine Ostreoida, famiglia Ostreidae. Poi, genere Ostrea, come la specie Ostrea edulis, l'ostrica comune, o il genere Crassostrea, come la specie Crassostrea gigas cioè l'ostrica del Pacifico o ostrica giapponese (le perle più belle sono quelle delle ostriche perlifere appartenenti al genere Pteria). per una dieta sanaL'ostrica si alimenta filtrando l'acqua di mare, nutrendosi dei suoi microorganismi, proprio come cozze e vongole. Non ci sono particolari controindicazioni al suo consumo, anzi fanno decisamente bene e sono idonee all'alimentazione contro il sovrappeso, ma è preferibile evitare il consumo di ostriche crude in gravidanza o in caso di problemi importanti al fegato e allo stomaco. Consumatele in ristoranti di fiducia e, se le comprate da voi, fate attenzione che siano vive e ben sigillate, perché il rischio igienico-sanitario legato al consumo di ostriche crude dalla provenienza selvatica o non garantita non è trascurabile. Cento grammi di ostriche presentano 69 calorie e contengono 85,7 grammi di acqua, 10,2 di proteine, 5,4 di carboidrati di cui 4,5 di glicogeno, 0,9 grammi di grassi di cui 150,0 milligrammi di colesterolo, quantitativo che le rende di normale consumo in chi non ha problemi, ma impone il consumo moderato negli ipercolesterolemici. Quanto ai sali minerali, l'ostrica ne è una piccola miniera: abbiamo 510 milligrammi di sodio. Le ostriche, filtrando l'acqua marina trattengono alte concentrazioni di sodio, minerale che non dovremmo consumare in eccesso per evitare che insorga ipertensione o che peggiori se già l'abbiamo. Poi, abbiamo 260 milligrammi di potassio, che aiuta a mantenere la pressione nella norma, 6 milligrammi di ferro, componente fondamentale dell'emoglobina che contribuisce alla produzione di alcuni ormoni e di tessuto connettivo e a contrastare l'anemia sideropenica, 186 milligrammi di calcio e 267 di fosforo, che aiutano lo sviluppo e la salute di denti e ossa, in particolar modo nei bambini e negli anziani. fonte di ispirazioneSoprattutto, le ostriche sono ricchissime di zinco. Sono l'alimento che contiene più zinco in rapporto al peso: ben 45 milligrammi in un etto (secondi i funghi secchi con appena 12,2). Il fabbisogno giornaliero femminile è 9 milligrammi, maschile 12. Lo zinco è un micronutriente fondamentale per il funzionamento di molti ormoni, in primo luogo quelli tiroidei: esso modula il sistema immunitario, la sintesi delle proteine, la guarigione delle ferite e la riparazione dei tessuti, oltre che il corretto senso del gusto e dell'olfatto ed è importante assumerlo perché in caso di carenza si possono sviluppare noduli tiroidei e può non funzionare bene la trasformazione dell'ormone tiroideo T4 in T3, con conseguente rallentamento del metabolismo basale e riduzione di gusto e olfatto. Quanto alle vitamine, abbiamo la B1, tiamina, 0,10 milligrammi, B2, riboflavina, 0,20 milligrammi, B3 o PP, niacina, 1,5 milligrammi, vitamina A 75,0 microgrammi e vitamina in alcuni tipi di ostrica come l'Olimpia: ciò ne fa un alimento antistanchezza, antiossidante e rinforzante del sistema immunitario. Alcune specie di ostriche producono pregiate perle e anche questo fenomeno ha qualcosa di utile, una metafora psicologica benefica alla quale ispirarsi di fronte a una difficoltà: la perla dell'ostrica si forma quando un corpo estraneo, per esempio un parassita o un pezzetto di conchiglia, entra e si ferma nella cavità palleale, cioè la parte opposta alla cerniera che unisce le due valve, pian piano viene ricoperto da strati di madreperla che il mollusco produce per difendere i propri tessuti dall'irritazione. Impariamo a farlo anche noi, simbolicamente.
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