2022-09-01
Gli ostacoli alle cure domiciliari hanno fatto da booster ai vaccini
Nei riquadri Giuseppe Remuzzi e Fredy Suter (Ansa-iStock)
Lo studio di Giuseppe Remuzzi sugli antinfiammatori getta una luce diversa sui dubbi del ministero. Autorizzarne l’uso «off label» avrebbe tolto l’aura di necessità alle iniezioni. A cui invece sono stati concessi strappi alle regole.La pubblicazione su Lancet ID del lavoro di Giuseppe Remuzzi e Fredy Suter (insieme con Norberto Perico e Monica Cortinovis) ha acceso la campagna elettorale. Il mondo dei non vaccinati (un bacino di circa 9 milioni di elettori) ha rinfacciato che la cura del Covid con gli antinfiammatori, suggerita dallo studio, non è stata pubblicizzata da Roberto Speranza. Il mondo pro vax, invece, contesta che il trattamento con «Tachipirina e vigile attesa» è «un’invenzione dei no vax». Abbiamo già ricostruito le fasi che hanno reso «Tachipirina e vigile attesa» il protocollo più utilizzato, di sicuro nei nove mesi e nei 55.576 decessi antecedenti le prime raccomandazioni ufficiali, della circolare n. 24970 del ministero della Salute il 30 novembre 2020. Ma anche dopo, con l’arrivo dei vaccini, le cure con gli antinfiammatori hanno continuato a essere osteggiate dagli stessi medici paraistituzionali come Roberto Burioni («sono una pericolosa bugia») o Nino Cartabellotta («non esistono», o «esistono solo in Italia, Paese di analfabetismo scientifico»).Nella polemica è finito anche il professor Remuzzi, che si è cautelato dichiarando alla Stampa: «Il ministero ha fatto esattamente quello che doveva. Non vorrei che lo studio sia strumentalizzato da chi ritiene che la somministrazione del paracetamolo sia sbagliata. Se faccio uno studio sugli antinfiammatori significa forse che sono contrario alla Tachipirina? Insultare il ministro è deplorevole». Eppure era stato proprio Remuzzi a denunciare, il 24 novembre 2020, a Porta a Porta l’operato del ministero: «Non ci sono indicazioni che riguardano i primi sette giorni, che invece sono importantissimi», aveva puntato il dito il ricercatore stigmatizzando proprio l’assenza di linee guida. «Con il nostro protocollo a base di antinfiammatori», dichiarò allora Remuzzi, «si potrebbe evitare anche il ricovero». Il colpo netto contro il paracetamolo arrivava alla fine: «Il vero problema è quando arrivano in rianimazione pazienti che sono stati a casa 15 giorni ad aspettare tampone e medico, facendo la Tachipirina: lì arrivano pazienti davvero difficili da curare». Più chiaro di così, Remuzzi non poteva essere. Ancora, lo scorso 17 gennaio, intervistato a L’Aria che tira (La 7) sul famigerato protocollo (ma non era un’«invenzione dei no vax»?), Remuzzi ribadiva che «con Tachipirina e vigile attesa i primi dieci giorni si perdono». Erano, quelli, i giorni in cui il Tar del Lazio sospendeva la circolare n. 17948 emanata dal ministero il 26 aprile 2021 (dove, peraltro, gli antinfiammatori erano evocati solo per i trattamenti sintomatici) perché «in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicati dalla scienza e dalla deontologia». In scienza e coscienza, insomma. Il 27 gennaio 2022 Remuzzi è a Piazzapulita. Con quelle cure, si sarebbero potute salvare persone? La risposta di Remuzzi è disarmante: «Questo non possiamo dirlo». Eppure, era stato proprio lui il primo a dichiarare che con quel protocollo si evitava il ricovero. E infatti, un secondo dopo, non resiste e puntualizza: «Possiamo “solo” dire che lo studio dimostra che l’uso di antinfiammatori riduce l’ammissione in ospedale del 90%». Hai detto niente. In scienza e coscienza, insomma, si sarebbero salvate vite? Remuzzi si premura a precisare che «in teoria l’atteggiamento delle autorità regolatorie è corretto» - guai a criticare le istituzioni - ma «i loro suggerimenti non sono vincolanti»: un colpo al cerchio e uno alla botte. Per farla breve: nessuno, tra gli scienziati italiani (e Remuzzi - h-Index 177 - rappresenta uno dei più autorevoli) si è mai voluto prendere la responsabilità di contestare con decisione le istituzioni.Che la cura dei malati (anziché la profilassi sui sani tramite vaccino), fosse argomento tabù è stato chiaro fin da subito. Da gennaio 2021, il timore del ministero è anche che le cure possano essere percepite dalla popolazione come alternative alla vaccinazione. Non è un caso che si sia cominciato a riconoscere le cure proprio dopo che super green pass e obbligo sono stati revocati.Ad affossare ulteriormente la potenziale efficacia delle cure domiciliari precoci è anche il brusìo di fondo di giornalisti, nel migliore dei casi impreparati: la cura off label a base di antinfiammatori, cortisone ed eparina di Remuzzi viene spesso equiparata, in senso denigratorio, a trattamenti alternativi basati su farmaci più discussi, come ivermectina e idrossiclorochina. Antinfiammatori comuni buttati nello stesso calderone di «sverminanti per cavalli», insomma, e guai a parlar male del paracetamolo. Chi osa dire che il Covid può essere risolto in gran parte dei casi attraverso l’uso di medicine comuni, è un «negazionista». Simona Ventura viene aggredita verbalmente a Cartabianca da un Matteo Bassetti inferocito per l’uso di cortisone off label che le ha salvato la vita: «Quello che hanno fatto con lei è sbagliato, è un errore». Insomma, la linea sui media era: guai a provare a curarsi. Il vaccino basta e avanza, e poco importa che non blocchi il contagio e non protegga affatto «al 94%», e neanche a lungo, da infezione e malattia.Il 31 gennaio 2022 Fredy Suter, primario emerito del Papa Giovanni XXIII di Bergamo e coautore dello studio Remuzzi, rilascia un’intervista a Report. Off the record, Suter viene registrato mentre, parlando al telefono dopo l’intervista, dice: «Noi possiamo dire che non si poteva fare uno studio controllato che andasse contro le norme del ministero?». Sempre ufficiosamente, al giornalista che gli chiede: «La vostra idea era fare Tachipirina contro antinfiammatori nel protocollo iniziale ma le hanno espressamente consigliato di evitare per non andare in scontro diretto?». Suter con onestà risponde: «Mi sembra che fosse un po’ così. Purtroppo chi fa le regole non vede i malati. Ma con questo protocollo avremmo risparmiato migliaia di morti». E così, mentre i cittadini italiani seppelliscono genitori, figli, mogli, mariti, fratelli e sorelle guadando nel buio di una gestione pandemica a dir poco confusa, la preoccupazione del ministero è di non essere messo in difficoltà, far fronte al pronunciamento del Tar e, sullo sfondo, alla questione cruciale delle autorizzazioni condizionate al vaccino. Nove lunghi mesi, quelli più difficili, senza linee guida e tante omissioni sull’efficacia degli antinfiammatori, di cui si discuteva insistentemente nella comunità scientifica contrapponendoli - a differenza di quanto sostiene Remuzzi oggi - proprio al paracetamolo: eccolo, il cahier des doléances del ministero guidato da Speranza, oggi candidato a Napoli come capolista del Pd, e degli scienziati italiani.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)