2020-12-27
«Oscuri e illegittimi. I dpcm scateneranno nuovi conflitti sociali»
Il costituzionalista Giovanni Guzzetta: «Sfuggono al controllo di Parlamento e Colle I ristori non sono sufficienti. Bisogna rendere trasparenti i dati»«La politica dei dpcm, i decreti del presidente del consiglio dei ministri, produce conflitti sociali potenzialmente esplosivi, che rischiano di sfuggire di mano». Giovanni Guzzetta, tra i più noti costituzionalisti italiani, ha letto l'ordinanza con cui il tribunale di Roma ha appena dichiarato «illegittimi» e «nulli» i dpcm firmati da Giuseppe Conte (La Verità del 24 dicembre), ed è molto preoccupato, perché quel provvedimento ha messo a nudo i rischi cui va incontro l'Italia. E sono rischi gravissimi. Parla addirittura di «benzina sul fuoco».Professor Guzzetta, in marzo lei era stato tra i primi a criticare i dpcm. Perché l'ordinanza del tribunale di Roma la stupisce?«Credo che l'ordinanza sia drammatica e allarmante. Prima di tutto perché dice che l'osservanza dei dpcm, in quanto illegittimi, non assolve i cittadini dalle loro responsabilità giuridico-economiche nei confronti di terzi: e questo malgrado queste responsabilità scaturiscano proprio dal fatto che si sono rispettati i divieti e le limitazioni delle libertà stabiliti dai dpcm». Bella contraddizione. Qual è il risultato?«Il risultato è grave: se il legislatore non interviene a mitigare questi effetti, i costi delle misure adottate con i dpcm rischiano di ricadere su quanti sono tenuti a rispettarle: per esempio ristoratori ed esercenti commerciali. Oppure, come nel caso dell'ordinanza romana, sugli inquilini». Oltre al danno di vedere limitati i nostri diritti, quindi, subiremo la beffa di pagarne le conseguenze? «È un rischio concreto. Ed è chiaro che una situazione simile potrebbe accrescere in maniera esponenziale il contenzioso tra i cittadini, e tra i cittadini e l'amministrazione pubblica. Ma l'ordinanza ci offre anche un preoccupante spaccato sociale. La crisi economica di questi mesi è stata un incubatore di drammatici conflitti “orizzontali" tra i cittadini e i loro interessi contrapposti». Quindi lei prevede un'esplosione di conflittualità sociale?«Sì, la temo. Proprietari e inquilini, fornitori e commercianti, datori di lavoro e lavoratori, professionisti e clienti… La gravità dei conflitti può essere solo lenita dalle politiche dei cosiddetti “ristori". Ma investe l'intero tessuto della società e dell'economia, e rischia di sfuggire di mano».È per questo se lei da mesi chiede il rispetto dei principi costituzionali?«Sì. Ogni misura adottata dev'essere valutata e ponderata con grande attenzione e responsabilità. Le Costituzioni esistono proprio per consentire che il potere risponda ai titolari della sovranità nelle forme e nei limiti previsti dalle Costituzioni stesse».È buffo. Otto mesi fa lei diceva alla Verità che i dpcm non potevano essere usati per gestire l'emergenza. Oggi un tribunale certifica che aveva ragione. E lei è preoccupato.«Mi ha molto colpito l'insistenza di questo provvedimento del giudice di Roma - che ne cita altri, anche del Tar - sul difetto di motivazione dei dpcm. Sul fatto cioè che non sia chiaro il nesso tra le esigenze dell'emergenza e le misure adottate. Non solo per la scarsa trasparenza degli atti preparatori, a cominciare dai verbali del Comitato tecnico scientifico. Ma anche perché coerenza, proporzionalità e adeguatezza delle misure rispetto ai presupposti epidemiologici sono sottratte a qualsiasi controllo. Il dubbio che le restrizioni cui siamo sottoposti non siano “ragionevoli e proporzionate" è benzina sul fuoco delle sofferenze dei cittadini».Il governo le risponderebbe che anche con i decreti-legge non ci sarebbe stata motivazione.«Ma ci sarebbero stati dibattiti e trasparenza, e magari soluzioni diverse. Il dpcm è un atto dagli effetti molto invasivi, ma è sottratto a ogni controllo. Non c'è emanazione e controllo del presidente della Repubblica, non è ammesso controllo della Corte costituzionale, non c'è dibattito e controllo in Parlamento».Vedo già l'avvocato professor Conte che le oppone mille obiezioni tecnico-giuridiche…«Non è questione di formalismo da giuristi. Il problema è di sostanza democratica. Le scelte su come fronteggiare pandemia e crisi economica sono epocali. Definiranno la vita del nostro Paese per gli anni a venire, anche domattina fossimo tutti vaccinati. Sono cose troppo importanti per essere sottratte agli obblighi di trasparenza, di motivazione delle decisioni, di confronto in Parlamento e nel Paese. Non ci si può limitare a un generico richiamo del principio di precauzione: non è un passe-partout in base al quale il fine giustifica ogni mezzo. Guardando alla Costituzione, è come se con i dpcm avessimo affidato i processi di decisione in outsourcing. E su questioni fondamentali, al cuore della democrazia».Il Quirinale avrebbe potuto fermare la valanga dei dpcm? «Lo ripeto: il presidente della Repubblica non ha poteri formali rispetto al procedimento di emanazione dei dpcm. Immagino abbia avuto un'interlocuzione riservata con il governo. Com'è giusto che sia tra organi costituzionali. E forse la sua moral suasion ha evitato danni peggiori. Ma alla fine la responsabilità è di chi firma gli atti».Insomma, la politica deve cambiare rotta ?«Innanzitutto si deve tornare alla Costituzione. E il Parlamento deve pretendere di svolgere il suo ruolo. Se non lo farà, se ne assumerà la responsabilità di fronte al Paese. Ma dev'essere messo in condizione di farlo. In secondo luogo: trasparenza. Le decisioni vanno motivate, ed è necessario rendere accessibili e utilizzabili tutti i dati. Ma subito, non a babbo morto. Infine chiarezza su obiettivi e procedure future. Penso in particolare al vaccino». Come bisognerebbe agire sul vaccino?«Se la profilassi anti influenzale è stata la prova generale, è stata un fiasco totale. Non ci possiamo permettere errori. Tutto dev'essere tracciato. Ogni cittadino ha diritto di sapere da chi, dove, quando e come sarà vaccinato. Non bastano più le foto-opportunity: il traguardo è troppo atteso. Una delusione potrebbe avere conseguenze incalcolabili, anche sull'ordine pubblico. La fiducia dei cittadini è un bene prezioso per la democrazia, le consente di funzionare molto più della minaccia di sanzioni. Ma anche la fiducia ha un limite».