2021-04-27
Anche quest’anno Oscar del buonismo. Ma i prossimi saranno pure peggio
Chloe Zhao, regista di «Nomadland», pellicola premiata come miglior film (Ansa)
Miglior film «Nomadland», elogio patinato della vita precaria. Dal 2022 entra in vigore il Cencelli delle minoranze per i premi.Cambiare tutto, perché non cambi niente. L'Academy of Motion picture arts and sciences, organo preposto all'assegnazione degli Oscar, ha stilato un nuovo regolamento: qualcosa che possa aiutarla a tenere a bada il malcontento di chi, puntualmente, lamenta la mancanza di un'adeguata rappresentazione. E, domenica sera, nella grande notte del cinema internazionale, ha voluto regalare al mondo un primo assaggio di quel che verrà, trasformando gli Oscar nel festino - correttissimo - di ciò che piace alla gente che piace. Premiati, nel corso di una cerimonia mortificata dal Coronavirus, sono stati (quasi) unicamente film intrisi di politica e politicamente corretto. Nomadland, ispirato alle inchieste (ben più potenti e approfondite) della giornalista Jessica Bruder, ha rivoluzionato gli Oscar, consentendo a Chloé Zhao di entrare di diritto nella storia dei premi. La regista, la cui pellicola è stata premiata in ogni dove, tra Venezia e i Golden Globes, ha trionfato nelle categorie più ambite, prima asiatica, e seconda donna in 93 edizioni, a vincere per la miglior regia del miglior film dell'anno. Nomadland, costruito sulla sottile differenza tra «senza casa» e «senzatetto», ha premiato la Zhao e la sua protagonista, Frances McDormand. Giunta al terzo Oscar, la moglie di Joel Coen (per l'occasione spettinata ad arte) ha citato Macbeth: «Io non ho parole: la mia voce è nella mia spada», ha detto, accettando la statuetta. «Sappiamo che la spada è il nostro lavoro, e a me piace il lavoro», ha proseguito la McDormand, volto di una sessantenne che, in risposta alla crisi economica e alla morte del marito, ha deciso di vivere da nomade, seguendo con la propria macchina la rotta del lavoro stagionale: precariato che porta libertà e chiama dignità. Nomadland ha dato forma ad una sorta di sogno socialista, dove la sopravvivenza e la solidarietà umana siano i soli motori della società. Però, ha taciuto le conseguenze economiche, sociali e umane che Jessica Bruder ha cercato di indagare con il proprio lavoro. E, nella versione di Chloé Zhao, ha sancito la supremazia della forma sulla sostanza. Ma questo Frances McDormand lo ha tralasciato, limitandosi a spronare il pubblico perché il film lo veda in sala, in Italia, magari, dove sarà disponibile da giovedì 29 aprile. L'appello dell'attrice, in una serata senza fronzoli, è stato preludio di altre vittorie. Anthony Hopkins (assente alla cerimonia per scelta) , il più anziano ad aver potuto tanto, è stato premiato come miglior attore protagonista per The Father; Yuh-Jung Youn, la nonna coreana di Minari, storia di migrazione e sacrifici, è stata eletta miglior attrice non protagonista; Daniel Kaluuya miglior attore non protagonista per Judas and the Black Messiah. La pellicola, resoconto di quel che è stato il Black Panther Party, ha portato (anche) alla vittoria di H.E.R., giovane artista afroamericana. La cantante, che alla scorsa edizione dei Grammy è stata premiata per la miglior canzone dell'anno, I can't breathe, costruita sulle ultime parole che George Floyd ha potuto pronunciare, ha battuto Laura Pausini, speranza italiana. La Pausini avrebbe potuto vincere con Io sì (Seen), colonna sonora de La vita davanti a sé. Ma nulla è andato all'artista romagnola. Nulla all'Italia. Nulla a Netflix. Il colosso dello streaming, 35 nomination totali e la produzione del film, Mank, con più candidature, ha dovuto accontentarsi di sette premi minori. Non c'è stata rivoluzione, dunque, non davvero. L'Academy, a termine di un anno in cui il digitale è stato l'unico conforto di un mondo al confino, non ha premiato Netflix, il coraggio, l'innovazione, la portata di una tecnologia che si è dimostrata indispensabile. Ha esaudito, però, le preghiere buoniste di chi non chiede blockbuster e mainstream, ma nicchie e autori e impegno e politica. Poi, ha promesso di fare di più. Per l'anno a venire, il 2022, gli Oscar hanno deciso di mettere mano al proprio regolamento, perché nessuno più possa lamentare una rappresentazione fallace della diversità. Nella novantaquattresima e novantacinquesima edizione dei premi, chiunque voglia concorrere per il miglior film dovrà presentare un modulo confidenziale, dimostrando di soddisfare almeno uno fra i requisiti di idoneità richiesti dall'Academy. Che, dall'anno successivo, il 2024, estenderà tali requisiti anche alle opere in gara per la miglior fotografia. Le pellicole dovranno avere fra i protagonisti o i non protagonisti attori provenienti da un gruppo etnico sottorappresentato. Dovranno assicurare che almeno il 30% degli attori secondari e delle comparse da due fra quattro gruppi sottorappresentati: donne, gruppi etnici, comunità Lgbtq+, persone con disabilità cognitive o fisiche. Poi, dovranno avere una trama che sia incentrata su uno dei quattro suddetti gruppi sottorappresentati. Cosa, questa, il cui solo effetto rivoluzionario sta nella possibilità di proteggere il mondo dal «pericolo» di un nuovo Titanic.
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