2018-07-01
«Ormai è chiaro, l’Ue si sta sfaldando. Per noi è meglio puntare su Trump»
Dario Fabbri, analista di Limes: «Questo vertice ha dimostrato che ogni Stato pensa a sé. Gli Usa cercano alleati contro l'egemonia tedesca e preferiscono noi a Emmanuel Macron. Il giacimento Eni in Egitto può saldare i legami con gli Usa».Il Consiglio europeo di giovedì e venerdì ha certificato i profondi disaccordi tra gli Stati membri dell'Ue. A rimescolare le carte ha contributo il governo italiano, non più fedele esecutore degli ordini di Berlino, Parigi e Bruxelles. Sembra che proprio il mutato atteggiamento di Roma abbia sollevato il velo su una realtà non più occultabile: che le nazioni hanno interessi divergenti e che, ai partner europei, l'Unione garba solo finché serve quegli interessi.Del ritorno degli Stati sovrani, oltre che del ruolo che l'Italia potrebbe ritagliarsi, abbiamo discusso con Dario Fabbri, analista geopolitico e responsabile di Limes per gli affari americani.Il vertice di Bruxelles ha introdotto il meccanismo degli hotspot per i migranti su base volontaria. È la fine dell'Europa dei vincoli esterni, che si sostituisce agli Stati sovrani? Stanno tornando in auge gli accordi tra nazioni fondati sulla convergenza occasionale degli interessi? «La formula degli hotspot su base volontaria riconosce un dato di fatto: che in Europa ognuno fa ciò che vuole. L'Unione europea sta certamente andando incontro a un ridimensionamento. Basti ricordare che il vecchio accordo sulle quote obbligatorie di migranti non è mai stato rispettato dai Paesi di Visegrad, o che Francia e Germania violano i parametri economici da anni. Che questo modifichi il modo in cui concepiamo l'Europa è verosimile, anche se stiamo meramente registrando una realtà già esistente, generata dalle incongruenze della stessa architettura europea».Si può affermare che Emmanuel Macron sia uscito sconfitto dal vertice? Sull'immigrazione il vento è cambiato e sulla riforma dell'eurozona non ha garanzie da Angela Merkel. Non le pare che la Francia sia alle strette?«Il vertice sui migranti non ha cambiato nulla per la Francia, che non era e non sarà un Paese di primo approdo. Al di là della retorica umanitaria, la Francia non ha alcuna intenzione di aprirsi ai movimenti secondari e di accogliere i migranti che arrivano dai Paesi di primo approdo. Ma è vero che Macron vuole porsi alla testa di un processo europeo di riforma che non riesce a concretizzare». Come leggere le mosse dell'Eliseo?«La Francia deve rimanere incollata alla Germania mentre attende un futuro che si prospetta positivo, alla luce della crescita demografica (entro il 2050 la sua popolazione supererà quella tedesca) e del suo peso geopolitico, rafforzato da un'agenda a tutti gli effetti neocolonialista. Di qui alla fine del secolo la Francia potrebbe avere i numeri per dominare il continente. Oggi, però, non può e allora cerca di imbrigliare la Germania in una riforma che velleitariamente spera di poter controllare. A far deragliare il progetto, più che la ritrosia italiana, è soprattutto l'assoluto disinteresse dell'Europa centrorientale. L'asse franco-tedesco non esiste più esattamente perché esiste l'Europa centrorientale. L'interlocutore del gruppo di Visegrad non è la Francia; sono gli Stati Uniti. Questi sono Paesi che esistono per volontà americana, servono agli Usa in funzione anti russa. E il loro secondo interlocutore rimane Berlino, non Parigi».E l'Italia che tattica deve impiegare? Lei ha detto che molto dipende da chi abbiamo alle spalle. Si riferisce agli Stati Uniti di Donald Trump? «La tattica dell'Italia è rimasta sostanzialmente la stessa negli anni di Matteo Renzi, di Paolo Gentiloni e persino ora, con Giuseppe Conte. Il punto è che l'Italia non può sopravvivere nell'eurozona. Tra qualche anno, per effetto del ciclo economico, gli Stati Uniti entreranno in recessione. Questo significa che la recessione colpirà pure l'Europa e l'Italia. Roma, pertanto, ha bisogno di flessibilità, ma soprattutto che la Germania redistribuisca la ricchezza che invece trattiene con il surplus commerciale. Per cui, l'Italia prova a premere su Berlino facendo leva sugli Usa. Gli Stati Uniti, dal canto loro, non possono tollerare che la costruzione comunitaria sia funzionale esclusivamente agli interessi tedeschi. Temono la Germania, temono che essa cessi di essere una potenza soltanto economica e torni a essere una potenza geostrategica. L'Italia non ha altra scelta che puntare al sostegno di Washington, indipendentemente da chi sia l'inquilino della Casa Bianca: prima il Pd corteggiava l'amministrazione Obama con l'ideologia globalista, ora Conte tenta di avvicinare Trump con il sovranismo». Però Trump si è mostrato particolarmente critico verso l'Unione europea. Anzi, pare che a Macron abbia addirittura proposto di abbandonarla. The Donald vuole il crollo dell'Ue?«In verità, credo che Trump non abbia grandi poteri in materia. Sono gli apparati a decidere realmente certe cose. Comunque, gli Usa hanno un obiettivo: disarticolare il dominio tedesco nella costruzione europea, la quale non va distrutta, dato che è parte della sfera d'influenza americana ed è in parte un'invenzione statunitense».A un certo punto era sembrato che Macron e Trump fossero amiconi. Poi la guerra dei dazi ha provocato una rottura. L'Italia subentrerà alla Francia quale pupilla del presidente americano? «La Francia ha un peso geopolitico nettamente superiore al nostro. Gli americani hanno addirittura un complesso d'inferiorità verso i francesi. Semplicemente, Macron ha cercato finora di fare quello che sta tentando di fare adesso l'Italia: aveva bisogno di Trump per esercitare pressioni sulla Germania. La Francia, però, non vuole modificare troppo l'attuale struttura dell'Unione europea, da cui, per le ragioni che dicevamo sopra, spera di beneficiare nel medio periodo. Trump l'ha capito ed è probabile che ora ritenga l'Italia più utile ai disegni antitedeschi di Washington».In Egitto, l'Eni ha scoperto quello che secondo le stime dovrebbe essere il più grande giacimento di gas del Mediterraneo. Questo evento avrà conseguenze geopolitiche, a cominciare dai nostri rapporti con gli Stati Uniti?«In un momento in cui l'Egitto si è riavvicinato agli americani, questa scoperta può aiutarci a stringere ulteriormente i legami con Washington. L'Italia, però, non è mai stata bravissima a tradurre i vantaggi economici in vantaggi geopolitici: bisogna vedere se il nuovo governo ne sarà capace».