
Il documento sulla lobby omo pubblicato dalla Verità trova ulteriore conferma nella missiva diffusa da una testata americana. Fino a oggi, su questa storia, la Santa Sede ha scelto la via dell'omertà. Ma non è così che si può pensare di risolvere il problema. La cultura del silenzio, che altrove si chiama omertà, non funziona. Nonostante alle accuse dell'ex nunzio apostolico negli Stati Uniti il Vaticano abbia deciso di non rispondere, lo scandalo del cardinale predatore di seminaristi lasciato agire indisturbato per anni non è finito sotto il tappeto. L'ordine di parlare il meno possibile della faccenda, e soprattutto delle connivenze di cui l'arcivescovo ha goduto, non è infatti bastato a insabbiare il caso. Se in Italia la censura ha funzionato e in un battibaleno il memoriale redatto da Carlo Maria Viganò è stato fatto sparire dalle pagine dei giornali, in America la vicenda delle molestie sessuali in seminario continua a scuotere le coscienze. E, oltre ad agitare i cuori di molti cattolici, sta dando lavoro a diverse Procure.Da oggi c'è però un motivo in più per sollecitare chiarezza da parte della Santa Sede ed esigere che sulla vicenda del cardinale Theodore McCarrick siano pronunciate parole di verità. Il motivo è costituito da una lettera scritta nel 2006 dall'allora sostituto alla Segreteria di Stato, il cardinale Leonardo Sandri, oggi prefetto delle Chiese orientali. A rivelarla è il sito americano Catholic News Service. Secondo il quotidiano online, in essa Sandri confermerebbe le affermazioni fatte in passato da padre Boniface Ramsey contro McCarrick, e indirettamente anche le accuse contenute nel dossier scritto dall'arcivescovo Viganò. L'ex nunzio, dunque, non si è inventato nulla, non ha parlato a vanvera di una lobby gay che ha protetto l'alto prelato impedendo che fosse destituito. La lettera di Sandri, infatti, fa riferimento a un documento inviato da Ramsey al nunzio Gabriel Montalvo, predecessore di Viganò, addirittura nel 2000. In quell'occasione padre Boniface rivelava gli abusi sessuali commessi da McCarrick. È stato lo stesso religioso a raccontare tutto alla Cns, descrivendo il contenuto della missiva: «Mi lamentavo per le relazioni di McCarrick con i seminaristi e per tutto l'affare di dormire con loro». E nella lettera del 2006 il cardinal Sandri, allora sostituto alla Segreteria di Stato, dimostra di essere a conoscenza della denuncia perché, rivolgendosi a padre Boniface per chiedergli informazioni su un sacerdote che era stato proposto per un incarico in Vaticano, scrive: «Chiedo con particolare riferimento alle gravi questioni che riguardavano alcuni studenti del seminario dell'Immacolata concezione (quello dove operava McCarrick, ndr), che lei è stato così gentile da portare confidenzialmente all'attenzione dell'allora nunzio apostolico negli Stati Uniti, l'arcivescovo Gabriel Montalvo…».Ricapitolando: in Vaticano già nel 2000 era arrivata la segnalazione che McCarrick andava a letto con i seminaristi a lui affidati. Ne abbiamo prova nel 2006, perché nell'ottobre di quell'anno un cardinale della Segreteria di Stato fa un chiaro riferimento a ciò che accadeva nel seminario dell'Immacolata concezione e alla segnalazione del 2000. Tuttavia, nonostante la denuncia, nessuno fece nulla, fino a quando pochi mesi fa la faccenda non è deflagrata sulle pagine del New York Times. Solo allora papa Francesco è intervenuto, destituendo il cardinale. Dicono i pompieri del Vaticano. Vedete: Bergoglio non c'entra nulla, perché le lettere risalgono a prima del suo pontificato. Anzi: lui è il Santo Padre che ha posto fine allo scandalo, togliendo a McCarrick la berretta cardinalizia. Ma qui, dopo aver dimostrato che il Vaticano sapeva, entra il gioco il dossier Viganò. Che cosa dice l'ex nunzio? Lui per primo segnala la lettera che Montalvo inviò alla Segreteria di Stato sul comportamento scandaloso del cardinale di Washinghton. Ed è sempre l'arcivescovo a rivelare che nessuno, tra coloro che ne avevano il potere, si mosse. L'unico intervento lo attribuisce a Benedetto XVI, che prima di lasciare decise di confinare McCarrick in una struttura dove non potesse avere contatti con i giovani. Un provvedimento che però non trovò applicazione dopo il suo addio al pontificato. Anzi, con l'arrivo di papa Francesco il cardinale fu libero di continuare a vivere in seminario e di viaggiare. Forse Bergoglio non sapeva dei comportamenti scandalosi di McCarrick? No, sapeva, dice l'arcivescovo Viganò, perché appena divenuto Papa glielo dissi io. Era il 26 giugno del 2013 e al Santo Padre l'ex nunzio avrebbe detto che in Vaticano esisteva un dossier sul prelato, definendolo un predatore seriale oltre che un corruttore di giovani seminaristi.La lobby gay in Vaticano, fa capire Viganò, nel 2000 silenziò le denunce arrivate dagli Stati Uniti e un'analoga operazione riuscì più tardi, ma nel 2013, appena Bergoglio diventa Papa, ci pensa lui a scoperchiare gli altarini. Eppure Francesco non fa nulla. Perché? Forse perché McCarrick si era prodigato per la sua nomina al soglio di Pietro, esercitando la propria influenza su un gruppo di cardinali a lui legati. È per questo motivo che Viganò chiede le dimissioni del Pontefice, perché per cinque anni almeno ha lasciato che un predatore di seminaristi vestisse la porpora. Noi ovviamente non abbiamo titolo per chiedere le dimissioni. Ma per chiedere chiarezza sì. Lo facciamo a nome dei fedeli che credono. Non è con l'omertà, anche se presentata come silenzio e preghiera, che si risolvono i problemi. È con la verità. Il Papa l'altroieri ha trovato il tempo per parlare con il Sole 24 Ore. Ora trovi il tempo di parlare al suo gregge.
John Grisham (Ansa)
John Grisham, come sempre, tiene incollati alle pagine. Il protagonista del suo nuovo romanzo, un avvocato di provincia, ha tra le mani il caso più grosso della sua vita. Che, però, lo trascinerà sul banco degli imputati.
Fernando Napolitano, amministratore delegato di Irg
Alla conferenza internazionale, economisti e manager da tutto il mondo hanno discusso gli equilibri tra Europa e Stati Uniti. Lo studio rivela un deficit globale di forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero, elementi chiave che costituiscono il dialogo tra imprese e decisori pubblici.
Stamani, presso l’università Bocconi di Milano, si è svolta la conferenza internazionale Influence, Relevance & Growth 2025, che ha riunito economisti, manager, analisti e rappresentanti istituzionali da tutto il mondo per discutere i nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Geopolitica, energia, mercati finanziari e sicurezza sono stati i temi al centro di un dibattito che riflette la crescente complessità degli scenari globali e la difficoltà delle imprese nel far sentire la propria voce nei processi decisionali pubblici.
Particolarmente attesa la presentazione del Global 200 Irg, la prima ricerca che misura in modo sistematico la capacità delle imprese di trasferire conoscenza tecnica e industriale ai legislatori e agli stakeholder, contribuendo così a politiche più efficaci e fondate su dati concreti. Lo studio, basato sull’analisi di oltre due milioni di documenti pubblici elaborati con algoritmi di Intelligenza artificiale tra gennaio e settembre 2025, ha restituito un quadro rilevante: solo il 2% delle aziende globali supera la soglia minima di «fitness di influenza», fissata a 20 punti su una scala da 0 a 30. La media mondiale si ferma a 13,6, segno di un deficit strutturale soprattutto in tre dimensioni chiave (forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero) che determinano la capacità reale di incidere sul contesto regolatorio e anticipare i rischi geopolitici.
Dai lavori è emerso come la crisi di influenza non riguardi soltanto le singole imprese, ma l’intero ecosistema economico e politico. Un tema tanto più urgente in una fase segnata da tensioni commerciali, transizioni energetiche accelerate e carenze di competenze nel policy making.
Tra gli interventi più significativi, quello di Ken Hersh, presidente del George W. Bush Presidential Center, che ha analizzato i limiti strutturali delle energie rinnovabili e le prospettive della transizione energetica. Sir William Browder, fondatore di Hermitage Capital, ha messo in guardia sui nuovi rischi della guerra economica tra Occidente e Russia, mentre William E. Mayer, chairman emerito dell’Aspen Institute, ha illustrato le ricadute della geopolitica sui mercati finanziari. Dal fronte italiano, Alessandro Varaldo ha sottolineato che, dati alla mano, non ci sono bolle all’orizzonte e l’Europa ha tutti gli ingredienti a patto che si cominci un processo per convincere i risparmiatori a investire nelle economia reale. Davide Serra ha analizzato la realtà Usa e come Donald Trump abbia contribuito a risvegliarla dal suo torpore. Il dollaro è molto probabilmente ancora sopravvalutato. Thomas G.J. Tugendhat, già ministro britannico per la Sicurezza, ha offerto infine una prospettiva preziosa sul futuro della cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea.
Un messaggio trasversale ha attraversato tutti gli interventi: l’influenza non si costruisce in un solo ambito, ma nasce dall’integrazione tra governance, innovazione, responsabilità sociale e capacità di comunicazione. Migliorare un singolo aspetto non basta. La ricerca mostra una correlazione forte tra innovazione e leadership di pensiero, così come tra responsabilità sociale e cittadinanza globale: competenze che, insieme, definiscono la solidità e la credibilità di un’impresa nel lungo periodo.
Per Stefano Caselli, rettore della Bocconi, la sfida formativa è proprio questa: «Creare leader capaci di tradurre la competenza tecnica in strumenti utili per chi governa».
«L’Irg non è un nuovo indice di reputazione, ma un sistema operativo che consente alle imprese di aumentare la protezione del valore dell’azionista e degli stakeholder», afferma Fernando Napolitano, ad di Irg. «Oggi le imprese operano in contesti dove i legislatori non hanno più la competenza tecnica necessaria a comprendere la complessità delle industrie e dei mercati. Serve un trasferimento strutturato di conoscenza per evitare policy inefficaci che distruggono valore».
Continua a leggereRiduci