2025-06-20
Open Arms, perché Salvini venne assolto: «Lo sbarco migliore era quello in Spagna»
Le motivazioni: «Italia non obbligata a concedere un porto alle Ong». Il leader leghista: «L’inchiesta? Solo odio politico». L’Italia non doveva concedere il porto sicuro alla nave Open Arms. Punto. Lo scrivono i giudici del Tribunale di Palermo nelle motivazioni della sentenza con la quale, il 20 dicembre 2024, hanno assolto l’ex ministro dell’Interno e ora vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini dalle accuse di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Una sentenza che ribalta il teorema accusatorio, sgonfia la retorica dell’accoglienza a tutti i costi ma, soprattutto, smonta, pezzo dopo pezzo, in 270 pagine, l’impalcatura su cui la Procura aveva costruito le accuse. Secondo il collegio, i migranti a bordo della nave della Ong spagnola (157 persone recuperate in tre diverse operazioni) nell’agosto del 2019 non versavano in condizioni di emergenza tali da giustificare un intervento immediato. «Lo Stato italiano», è scritto nella sentenza, «con il decreto dell’1 agosto 2019 si era limitato a interdire l’accesso della Open Arms alle acque territoriali, senza respingerla verso Paesi pericolosi come la Libia, confidando nel fatto che gli Stati responsabili (Spagna e Malta) potessero garantire l’accoglienza». Una decisione che, nella ricostruzione del Tribunale, non viola alcuna norma nazionale o internazionale. Soprattutto perché la nave batteva bandiera spagnola, e la Spagna, non l’Italia, era il soggetto giuridicamente tenuto a garantire i diritti delle persone a bordo. Il dispositivo giudiziario chiude anche tutti gli altri aspetti che avevano tenuto banco nel dibattito politico e giudiziario: l’ipotesi che l’Italia fosse obbligata a farsi carico dell’accoglienza, la presunta natura «in distress» dell’imbarcazione, i ritardi nello sbarco. Tutto cancellato da una premessa ritenuta insormontabile: «Il convincimento che non gravasse alcun obbligo sullo Stato italiano», si legge, «esime il collegio dall’affrontare analiticamente tematiche dibattute quali l’idoneità della nave a fungere da Place of safety, l’effettivo stato di emergenza dell’intervento o la durata dell’attesa del Pos (il porto sicuro, ndr)». Tradotto: se l’Italia non aveva alcun dovere di fornire un porto sicuro allora decade anche qualsiasi accusa di omissione o sequestro. Fine. Nelle motivazioni, i giudici arrivano a spingersi oltre l’assoluzione di Salvini. Ricostruendo che il comportamento criticabile, semmai, è stato quello della Ong. Che dal Coordinamento di soccorso marittimo di Madrid aveva avuto un’indicazione precisa: «Mettersi prontamente in contatto», evidenzia la sentenza, «con l’autorità di salvataggio di Tunisi». Poi con quella di Malta. «Intanto», però, ricostruisce la sentenza, «Open Arms si manteneva nelle acque internazionali a 24 miglia da Lampedusa, considerata dal capitano Marc Reig Creus «il porto sicuro più vicino»». E dopo uno scambio di comunicazioni con le autorità maltesi e tunisine, la nave dell’Ong chiede la concessione di un ridosso a Lampedusa per porsi a riparo dalle condizioni meteo avverse. È il 16 agosto che Open Arms formula una richiesta urgente di «sbarco umanitario nel porto di Lampedusa». Da Madrid, però, avevano annunciato l’imminente partenza di una nave militare per le operazioni di trasferimento dei migranti a Palma di Maiorca. È a questo punto che la questione diventa politico-giudiziaria. Il procuratore di Agrigento ispeziona la nave e apre il fascicolo. E Salvini finisce indagato. I giudici ora stabiliscono che «è da escludere che una responsabilità potesse derivare all’Italia per i tre eventi» di soccorso in mare «in quanto autorità responsabile della zona San ove si era verificato il salvataggio». Che l’Italia «non era lo Stato di primo contatto». Che «lo Stato Spagnolo ben poteva considerarsi appropriato per la concessione del Pos, ben potendo assicurare uno sbarco in tempi compatibili con quelli ragionevoli richiesti dalle Linee guida internazionali». E la Spagna, infatti, fin da subito ha «operato un sia pur minimo coordinamento di primo contatto». Non solo. Quanto all’ipotesi di sequestro di persona, «ritiene il Tribunale che lo sbarco dei minorenni sia stato effettuato in conformità ai tempi richiesti dalle disposizioni normative». «La sentenza va anche oltre», commenta Giulia Bongiorno, che ha difeso il leader della Lega, «e precisa che chi ha sbagliato è stata proprio Open Arms nel non cercare altre soluzioni». Per Salvini «i giudici hanno confermato che difendere l’Italia non è reato, rilevando l’ostinazione e l’arroganza di Open Arms che ha fatto di tutto per venire in Italia». Poi ha aggiunto: «La soddisfazione per la decisione dei giudici non cancella l’amarezza per un processo che è il risultato dell’odio politico della sinistra contro di me». Sul fronte opposto, Oscar Camps, fondatore della Ong si limita ad affermare: «I nostri legali stanno leggendo le motivazioni». E rimanda ogni replica a una eventuale valutazione della Procura, che dovrà decidere se impugnare o meno la sentenza. Intanto, un punto fermo c’è: per i giudici Salvini non ha commesso alcun reato. Né trattenendo i migranti, né impedendo lo sbarco. Perché, semplicemente, non toccava a lui decidere.
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