2025-09-23
«Stato di Palestina? No, finché c’è Hamas»
Emmanuel Macron all'assemblea generale dell'Onu (Ansa)
Italia fuori dal coro all’Assemblea generale dell’Onu dove 150 Paesi sono pronti al riconoscimento per sfidare Netanyahu. Tajani: «È un obiettivo ma ora non ci sono le condizioni». Gli Stati Uniti: «Serve una diplomazia seria, non atti simbolici».L’esercito di Bibi avanza, gli islamisti vogliono la mediazione dell’alleato americano.Lo speciale contiene due articoli.Dopo la carrellata di annunci sulla volontà di riconoscere lo Stato palestinese capeggiata dal presidente francese Emmanuel Macron, ieri ha preso il via l’Assemblea generale dell’Onu dove si è iniziato a discutere della soluzione dei due Stati.E se è vero che all’appello di luglio del capo dell’Eliseo, organizzatore dell’evento insieme all’Arabia Saudita, hanno risposto sempre più Paesi, dall’altra parte a manifestare perplessità non sono stati solo gli Stati Uniti, l’Italia e la Germania, ma anche la stessa Agenzia Onu per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (Unrwa).Facendo un passo indietro, domenica la Gran Bretagna, l’Australia, il Canada e il Portogallo hanno annunciato il riconoscimento formale dello Stato palestinese. E nell’Assemblea generale dell’Onu iniziata ieri la Francia e altri cinque Stati tra cui il Belgio sono pronti a fare altrettanto nella convinzione che l’iniziativa diplomatica possa essere la miccia per arrivare alla pace. I Paesi che riconoscono lo Stato della Palestina potrebbero essere così 150, ma l’iniziativa diplomatica poco aderisce alla realtà. Innanzitutto, va ricordato che sia gli Stati Uniti che Israele hanno boicottato l’evento. Sul campo Gerusalemme ha già risposto che la mossa, definita «circo» dall’ambasciatore israeliano all’Onu Danny Danon, ostacolerà la conclusione della guerra a Gaza. Unrwa ha poi manifestato una dose di scetticismo, riportando su X la dichiarazione del suo commissario generale, Philippe Lazzarini: «Sebbene benvenuto, il riconoscimento di uno Stato palestinese non significa molto se non c’è un cessate il fuoco a Gaza. Il riconoscimento deve essere seguito da un impegno autentico per un processo di pace nella regione».Non stupisce quindi la posizione di Washington, che tramite un portavoce del dipartimento di Stato, ha ripetuto che si tratta di un riconoscimento «puramente simbolico», mentre «l’obiettivo» degli Stati Uniti «rimane una diplomazia seria, non gesti di scena». Le «priorità» americane «sono chiare», ovvero «il rilascio degli ostaggi, la sicurezza di Israele e la pace e la prosperità per l’intera regione, possibili solo senza Hamas». Dalla Casa Bianca, Karoline Leavitt ha fatto sapere che il presidente americano Donald Trump «ritiene che questo non contribuisca in alcun modo al rilascio degli ostaggi, che è l’obiettivo primario in questo momento a Gaza, né alla fine di questo conflitto e alla fine di questa guerra. E, francamente, crede che sia una ricompensa per Hamas». Sul fronte europeo le voci fuori dal coro restano quella italiana e quella tedesca. Mentre il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è arrivata ieri a New York per partecipare all’Assemblea a cui presenzierà anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è stata intanto ribadita la posizione del governo italiano. Ovvero che al momento non sono presenti le condizioni per riconoscere la Palestina data la presenza di Hamas. A sottolinearlo di nuovo è stato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: «Ribadirò il sostegno italiano al processo per il riconoscimento del futuro Stato palestinese, una volta che esso sarà stato costituito, con la riunificazione di Gaza e Cisgiordania. Uno Stato palestinese libero da Hamas, come sancito dalla Risoluzione Onu co-sponsorizzata dall’Italia adottata il 12 settembre scorso». Il vicepremier ha poi comunicato ai giornalisti nella Grande Mela che «non possiamo fare un favore ad Hamas» visto che «non c’è uno Stato palestinese e bisogna costruirlo». L’impegno italiano resta quello della «disponibilità a partecipare anche con l’invio di militari, a una missione che, non appena ci sarà un cessate il fuoco, possa lavorare per la riunificazione della Cisgiordania con Gaza: una missione a guida araba, sotto la bandiera delle Nazioni Unite per costruire uno Stato palestinese che riconosca Israele e che sia riconosciuto da Israele». Ed è in quest’ottica quindi che Tajani avrà «molti incontri, incluso quelli di dopodomani (mercoledì, ndr) con Gran Bretagna, Francia, Italia e Germania e Stati Uniti e i paesi del quintetto Emirati, Arabia Saudita, Giordania, Egitto, per costruire il futuro della Palestina».Anche la Germania mantiene un atteggiamento più improntato sul realismo, con il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul che, in partenza per New York, ha ricordato che nonostante «una soluzione negoziata a due Stati è la strada che può consentire a israeliani e palestinesi di vivere in pace, sicurezza e dignità», per Berlino «il riconoscimento di uno Stato palestinese avviene alla fine del processo», ergo alla fine dei negoziati.Nel momento in cui scriviamo il vertice franco-saudita deve ancora iniziare: il primo discorso sarà quello di Macron e a seguire quello, via video, del principe ereditario saudita, Muhammad bin Salman. Subito dopo, sono previsti gli interventi del segretario generale dell’Onu, António Guterres, e del presidente dell’Assemblea generale Onu, Annalena Baerbock, prima di lasciare la parola ai capi di Stato e ai rappresentanti dei Paesi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/onu-stato-palestina-2674018317.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-terroristi-chiedono-aiuto-a-trump-tregua-in-cambio-di-meta-ostaggi" data-post-id="2674018317" data-published-at="1758577223" data-use-pagination="False"> I terroristi chiedono aiuto a Trump: «Tregua in cambio di metà ostaggi»
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