
La relazione del sommergibile Venuti demolisce la già lacunosa ricostruzione del comandante. Il mistero della virata improvvisa.S’infittisce il mistero sull’operazione di Open Arms dell’1 agosto 2019 al confine tra la zona Sar maltese e quella libica. Marc Reig Creus, comandante di Open Arms, il taxi del mare della Ong spagnola Proactiva, durante la sua deposizione davanti ai giudici del Tribunale di Palermo l’8 aprile scorso, non ha saputo spiegare le ragioni dei repentini cambi di rotta. E, a rendere più torbida la vicenda che vede a processo l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio, c’è una cancellazione sul diario di bordo. La relazione di servizio del comando in capo della squadra navale della Marina militare italiana inviata a ben nove Procure ma che non è mai finita nel fascicolo del dibattimento del processo Open Arms e che ora potrebbe riscrivere la storia di quell’operazione in mare, ha svelato che la nave spagnola, che doveva essere diretta a Lampedusa all’improvviso ha cambiato rotta puntando verso la Libia, che una comunicazione registrata sul canale commerciale Vhf 6 era arrivata da «terzi non identificati», e che il barcone blu con 55 passeggeri a bordo non stava affondando, ma che anzi «con due motori fuoribordo aveva capacità propulsiva significativa idonea a fronteggiare situazioni di emergenza o avarie alla propulsione». I contenuti della relazione di servizio su più punti entrano in conflitto con quanto ha dichiarato in Tribunale Creus, che l’1 agosto era indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a Ragusa (procedimento chiuso con un non luogo a procedere poi impugnato). A partire dal cambio di rotta. È ancora il 29 agosto. Open Arms ha appena lasciato il porto di Siracusa dichiarando come successiva destinazione quello di Lampedusa. Ma come conferma la relazione partita dal sottomarino Pietro Venuti della Marina militare, che seguì Open Arms documentandone con foto, video e registrazioni audio tutti gli spostamenti, prima di raggiungere il secondo porto cambiò rotta. Il capitano spiega che quell’indicazione arrivò dall’alto: «Abbiamo ricevuto ordini dall’ufficio operazioni di Open Arms e dal comandante che dirige le operazioni». Qual era l’ordine? «Io», afferma Creus, «non chiedo il motivo all’armatore. E alla fine è una decisione di chi dirige le operazioni». La nuova destinazione, dice Creus, era «nord Sar Libia, Sud Sar Malta, al confine tra le due zone Sar di Libia e Malta». A questo punto l’avvocato Giulia Bongiorno, che difende Salvini, chiede: «Vi è stato segnalato che c’era un soccorso da fare?». La risposta di Creus è decisa: «Fino al primo giorno di agosto no». Il taxi del mare, però, pur non avendo alcun soccorso da effettuare in quel punto, parte per il confine marittimo tra Malta e Libia. E l’1 agosto si trova proprio nel punto preciso in cui c’è un barcone blu con 55 passeggeri. Creus questo passaggio non riesce a spiegarlo. E si arrocca usando queste parole: «Io mi limito a eseguire gli ordini. Se mi dicono di andare a Lampedusa vado a Lampedusa, se mi dicono di andare in zona Sar libica vado in zona Sar libica». Ma esclude che ci sia stato un appuntamento con il barcone. Ovviamente la difesa non era a conoscenza della conversazione di cui dà atto la Marina militare: «Alle ore 12 (dell’1 agosto, ndr) sono state copiate delle comunicazioni audio (sembra in lingua spagnola) che, verosimilmente, indicano un dialogo o uno scambio di informazioni avvenuto tra un soggetto parlante (non identificato) riconducibile a persona probabilmente a bordo della Ong e un secondo soggetto (anch’esso non identificato, la cui voce non è particolarmente chiara». Dal sommergibile Venuti spiegano anche che «in ragione delle limitate portate di propagazione delle onde Vhf (che di massima coincidono con la portata ottica) si può dedurre che i due soggetti in comunicazione si trovassero a distanze ravvicinate». La storia ufficiale di quella missione, invece, vuole che l’indicazione del soccorso sia partita da Alarm Phone. E, siccome Creus ha confermato che le comunicazioni di Alarm Phone arrivano via email alle navi di soccorso, di certo quella conversazione sul canale 6 del Vhf non era con Alarm Phone. La segnalazione di Alarm Phone, infatti, arriva ufficialmente nel pomeriggio dell’1 agosto, quando Open Arms aveva già puntato l’area di salvataggio. Ma anche questa sospetta coincidenza Creus la liquida con un «quando c’è bel tempo la previsione è che può succedere qualcosa. Quando le condizioni meteorologiche sono buone aumentano le probabilità di trovare imbarcazioni sovraccariche». Proprio come quella che, sostiene Creus, è stata soccorsa l’1 agosto. Quel giorno nell’area, però, c’era anche un mezzo aereo dell’Operazione Sophia. Ed è a questo punto che la versione di Creus entra di nuovo in conflitto con il materiale investigativo raccolto dalla stessa Procura di Palermo. Lo strumento di osservazione dell’Operazione Sophia certifica che il barcone blu aveva una buona galleggiabilità. E dal sottomarino Venuti hanno confermato questa versione, indicando i due motori fuoribordo e la «capacità propulsiva significativa idonea a fronteggiare situazioni di emergenza o avarie alla propulsione». Creus, però, sostiene che nella barca «c’era uno squarcio». E che «era sovraccarica, imbarcava acqua. Ondeggiava e imbarcava acqua». Poi, però, si vede costretto ad ammettere che «finché» era lì «non è affondata». I periti della Procura, infatti, non hanno trovato traccia dello squarcio al quale Creus ha fatto riferimento. La barca presentava una «assenza di garanzie circa la solidità strutturale». Ed era a rischio ribaltamento per il numero di migranti a bordo. Ma c’è un ultimo aspetto che resta ancora da chiarire. La parola Lampedusa viene cancellata dal diario di bordo. «Nel diario si cancella o si può modificare, indicando che c’è una nuova destinazione?», chiede l’avvocato Bongiorno. «Si potevano annotare entrambe», conferma Creus, «ma per evitare confusione abbiamo cancellato la vecchia e inserito la nuova destinazione». Ora, però, da Open Arms se la prendono con il Venuti, «il cui equipaggio, non è chiaro a che titolo o su incarico di chi, anziché soccorrere o quantomeno diramare un’allerta per un’imbarcazione evidentemente in pericolo, si è limitato a filmare il lavoro fatto dai nostri soccorritori». Mentre Maurizio Gasparri, all’epoca relatore per la richiesta di autorizzazione a procedere contro Salvini, ha scritto al Guardasigilli Carlo Nordio per segnalare le criticità «che hanno finito per comportare un’istruttoria parlamentare incompleta, priva delle verifiche del sommergibile della Marina, e non per colpe del Senato che non aveva avuto alcuna notizia di queste intercettazioni».
Ansa
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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