2021-03-08
L’omoerotismo nazi sfilato dai libri di storia
Il monumento che ricorda a Tel Aviv ebrei e non ebrei uccisi dai nazisti per la loro sessualità (Ansa)
Sventolando il triangolo rosa dei «sodomiti» rinchiusi nei lager, la sinistra egemone ha insabbiato una terribile verità sull'ideologia di Adolf Hitler. Il sesso fra maschi non era affatto disprezzato dai fautori del Reich: anzi era teorizzato per potenziare l'élite guerriera.La storiografia è strutturalmente marxista, salvo qualche rara e negletta eccezione. Lenin è un grand'uomo, la famiglia dello zar meritava di essere sterminata, i gulag sono stati luoghi un po' severi ma giusti.Il triangolo rosa in teoria era il segno di coloro che hanno violato la legge antisodomia nel Terzo Reich (la parola usata è sodomia, non omosessualità). In realtà su questo ci fu una mostruosa ambiguità, ambiguità negata dalla sinistra, che di nuovo ha alterato i libri di storia. È scomparsa dai libri di storia la strutturale omosessualità di una parte delle ideologie e dei movimenti che hanno covato l'uovo del serpente, quello che schiudendosi ha fatto nascere la svastica. Tutto questo è molto nitido negli scritti anteriori agli anni Sessanta, scompare dal 1980 in poi. Non si è trattato di una omosessualità casuale, ma strutturale, era il perno di un'ideologia. Questa ideologia non è stata l'unica matrice del nazismo, ma ha avuto la sua importanza e il suo peso.L'idea era che, da sempre, i guerrieri migliori, l'élite, fosse costituita da uomini che amavano altri uomini. Le donne servivano per pulire casa, cucinare e mettere al mondo bambini. La donna quindi era solo l'inevitabile mezzo con cui il guerriero produce un altro guerriero. Il vero guerriero non ama la donna che succhia la sua forza e lo indebolisce. Vero: chi ama una donna e mette al mondo dei figli amati con lei rischia di amare la vita. Il vero guerriero dedica ogni sentimento ai commilitoni. Il riferimento storico non è Federico il Grande, che era «accidentalmente» a comportamento omoerotico, ma un'ideologia per cui essere omosessuali è meglio e non esserlo è sbagliato, vale a dire la mitica «falange tebana», volontariamente omosessuale, trecento uomini ognuno dei quali combatteva in coppia con l'uomo con cui aveva una relazione, ognuno guardava le spalle dell'altro, ognuno moriva piuttosto che indietreggiare e non mostrarsi eroico. Furono l'esempio per le Sa, il primo corpo d'assalto nazista, che si riuniva all'inizio nel locali omosessuali di Monaco. La base ideologica di tutto questo era la concezione di Hans Blüher, un filosofo all'epoca, che vedeva nella donna la negazione della creatività che appartiene all'uomo e che zampilla dove le società siano maschili, fatte da maschi legati eroticamente tra loro. Blüher ebbe grande importanza per il concetto di Volk, un'anima collettiva. Nel suo libro Die deutsche Wandervogelbewegung als erotisches Phänomen («Il movimento del Wandervogel come fenomeno erotico»), pubblicato nel 1912, parla diffusamente del Wandervogel, il movimento giovanile che ebbe un'importanza enorme nella genesi del nazismo. Le spinte omosessuali generano secondo lui potenza, coesione e creatività. Omosessuale è meglio. Le Femmine come gli ebreiAltrettanto importante è raggiungere la forza fisica e la bellezza attraverso ginnastica e nudismo («luce e bagni d'aria»); in contrapposizione alla mollezza e a quella che viene definita l'ipocrisia sessuale borghese: un uomo che ama una donna ricambiato per tutta la vita, un uomo che ha la pancetta e i muscoli deboli perché invece che stare in palestra lavora per sfamare i suoi bambini. L'uomo deve essere legato eroticamente agli altri maschi e spiritualmente con un cordone ombelicale alla natura e al Volk. Nel cristianesimo come nell'ebraismo, l'uomo è una carne sola con la donna, nel nazismo col Volk. Come ricorda George Mosse, nel testo Le origini culturali del Terzo Reich, «né Gide né Proust né Oscar Wilde pensarono mai di servirsi dell'omosessualità o della sublimazione del sesso per farne il fondamento di una teoria cosmica, da cui dedurre alternative alla presente situazione sociale e politica. Blüher invece vuole rifondare la società». Mosse ricorda anche «Otto Weininger, che nel libro Geschlecht und Charakter («Sesso e carattere»), pubblicato nel 1904 con una vasta popolarità, faceva della dicotomia maschio-femmina addirittura un principio cosmico. La teoria dell'Eros, maschiocentrica, destinava la donna a una posizione ancillare rispetto all'uomo. Nelle donne, affermava Weininger, mancava l'Eros proprio degli uomini: gli interessi delle donne erano il matrimonio, la riproduzione, la soddisfazione dei bisogni dei figli, ragion per cui era da escludere che fossero responsabilmente depositarie dell'Eros culturale. […] Non solo attribuì alla donna un ruolo inferiore, ma introdusse una componente razziale. Come la femmina era opposta al maschio, così l'ebreo si contrapponeva all'ariano. Le caratteristiche dell'ebreo erano equiparate a quelle della donna: l'uno e l'altra aspiravano a beni materiali a scapito degli interessi spirituali, l'uno e l'altra trasformavano l'amore in lussuria». All'inizio della sua storia il nazismo ebbe forti componenti omosessualiste, intrecciate con l'antisemitismo, presenti nelle Sa, comuniste, proletarie, antiborghesi, contro il capitale, contro le banche, contro le chiese, misogine oltre che violentemente antisemite. Nel momento in cui il nazismo dovette smettere di essere rivoluzione da strada per diventare governo, dovette rassicurare i borghesi. Vietò il nudismo ed emise la legge antisodomia. Perse la sua componente proletaria, anticapitalista e antiborghese, massacrando fisicamente i vertici delle Sa nella cosiddetta notte dei lunghi coltelli. Gli altri confluirono nelle Ss. L'antisemitismo fu spinto al parossismo. La borghesia si rasserenò. Vittime e carneficiIl nazismo non odiava la borghesia, ma solo la borghesia ebraica. La borghesia non ebraica non solo era al sicuro, ma sarebbe stata favorita dall'accaparrarsi i beni degli spogliati. Le donne vennero rivalutate in madri germaniche, l'omosessualità dovette ritornare sotterranea, ma non scomparve, anzi, restò molto presente. Blüher smise di pubblicare, ma restò con i suoi amanti a casa sua dove è morto nel '55 e nessuno si è sognato di arrestarlo e mandarlo in lager con un triangolo rosa. I triangoli rosa erano altri. I nazisti hanno perseguitato gli ebrei, tutti, ovunque ne trovassero uno. I nazisti hanno perseguitato non gli omosessuali, ma alcuni omosessuali, quelli che loro definivano effeminati, in contrapposizione al soldato che fa la legione tebana con il commilitone.La grandissima presenza di persone a manifesto comportamento omosessuale anche tra i gerarchi venne diffusamente evidenziata nel '45. Ne parla il saggista di origine ebraica Samuel Igra nel saggio Germany's national vice, in cui attribuisce una parte non indifferente dell'antisemitismo germanico all'odio contro il popolo della Bibbia, testo che condanna i rapporti tra uomini ipotizzando anche una pioggia di fuoco su Sodoma. Un analogo concetto è espresso in un libro bianco britannico sullo sterminio degli ebrei ad opera di Robert Smallbones edito nel 1945E i triangoli rosa? Sono all'altro estremo, loro sì, quello delle vittime. La loro storia è raccontata nel libro The men with the pink triangle, di Heinz Heger. Erano l'altra faccia, erano coloro che rifiutavano l'iper maschio che disprezzava le donne. Tra di loro c'erano veramente omosessuali, ma a volte l'etichetta fu data a oppositori politici o anche persone che semplicemente odiavano fare ginnastica e preferivano leggere poesie a marciare al passo dell'oca. E tra quelli che li hanno massacrati, moltissimi sognavano la falange tebana. Quindi, in nome dei morti, ristabiliamo la verità storica.Le persone a comportamento omoerotico non sono angeli, al contrario di come li descrive la sinistra, sempre innocenti e sempre vittime. Sono uomini come tutti gli altri. Tra loro ci sono i buoni e i cattivi, le vittime e i carnefici, quelli che è una fortuna incontrare e quelli che è una disgrazia incontrare, esattamente come per gli uomini che amano le donne. Cominciamo evidenziare l'irrazionalità dell'idea sempre più diffusa che siano sempre vittime, necessitanti quindi di leggi liberticide. Ci furono vittime e carnefici e quei carnefici su qualcuno continuano a esercitare fascino, vista la presenza di svastiche su diversi siti porno gay. In nome dei morti, qualcuno faccia sentire la sua voce.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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Lo ha detto il vicepresidente esecutivo della Commissione europea per la Coesione e le Riforme Raffaele Fitto, a margine della conferenza stampa sul Transport Package, riguardo al piano di rinnovamento dei collegamenti ad alta velocità nell'Unione Europea.