2023-03-26
Oliviero Ponte di Pino: «Sono nato a Torino ma lavoro a Milano. Per il Salone del libro sono da bocciare»
Oliviero Ponte di Pino (http://www.olivieropdp.com/)
L’agitatore culturale che cura Bookcity ha presentato la propria candidatura al Lingotto: «Veti incrociati e ingerenze politiche».Oliviero Ponte di Pino (Torino, 1957) è un agitatore culturale: per anni ha lavorato nelle case editrici (Ubulibri, Rizzoli e Garzanti), collaborando con la Rai e molte riviste e manifestazioni; ha ideato Subway e Maratona a Milano, ha fondato il portale Ateatro ed è, dal 2012, curatore del programma del festival diffuso Bookcity. Ha scritto molti libri tra i quali Il nuovo teatro italiano (La casa Usher, 1988), Il quaderno del Vajont (con Marco Paolini, Einaudi, 1999), I mestieri del libro (TEA, 2008), Le Buone Pratiche del Teatro (con Mimma Gallina, Franco Angeli, 2014), Un teatro per il XXI secolo (Franco Angeli, 2021), In giro per festival (con Giulia Alonzo, Altreconomia, 2022). Recentemente ha proposto la sua candidatura alla direzione del Salone del libro di Torino. Quanto è cambiata l’organizzazione di una (grande) manifestazione culturale negli ultimi 30 anni?«Per cominciare, sono nate in Italia moltissime manifestazioni culturali: il portale trovafestival.it ha mappato più di 1.300 festival di letteratura, scienze, teatro, danza, musica, cinema, arti visive, circo, che spesso portano la cultura là dove l’offerta è davvero scarsa. In secondo luogo stiamo diventando tutti più consapevoli che la cultura può essere uno straordinario strumento di trasformazione personale e collettiva. Dunque, può e deve avere un ruolo chiave nei percorsi di creazione di coesione sociale nelle aree del disagio, oltre che nella riqualificazione dei territori. Questa evoluzione ha portato, anche a partire dal lavoro di studiosi come Lucio Argano, alla nascita di competenze professionali specifiche per gestire progetti culturali complessi. Infine, come dimostrano le polemiche sul Jova beach party, diventa sempre più necessario garantire la sostenibilità ambientale degli eventi e questo impone modalità progettuali diverse».Quest’anno ha candidato il suo nome alla direzione del Salone internazionale del libro di Torino: che esperienza è stata? Come abbiamo poi visto la scelta è stata rinviata, ma per una personalità come la sua, con la sua esperienza, come è stato candidarsi?«Nicola Lagioia, che ha rilanciato la manifestazione dopo una pesante crisi e dopo aver curato l’edizione 2023, ha rinunciato all’incarico. A dicembre il Salone del libro ha lanciato una “call” per il nuovo direttore, alla quale ho partecipato insieme a una cinquantina di altri candidati. Si richiedeva un curriculum e dunque ho pensato che sarebbero state valutate e confrontate le competenze e le esperienze di tutti. Invece, con la complicità dei giornali, hanno preferito sottoporre i candidati al “gioco dei difetti”. Così, accanto ad alcuni endorsement prestigiosi, che mi hanno fatto molto piacere, ho letto che non sarei adatto poiché “sebbene nato a Torino, sono milanese” (che da quelle parti dev’essere un insulto), perché non sono “abbastanza pop”, perché a Milano hanno organizzato Tempo di libri (un progetto in cui non ho avuto alcun ruolo), perché “sconto Bookcity” e il suo successo, perché sono l’unico che ha presentato un programma. In realtà avevo solo pubblicato un post su Facebook, nel quale cercavo di aprire un dibattito non sui nomi, ma sul progetto e sulle idee». E cosa è accaduto?«Nel giro di un paio di mesi, i pettegolezzi hanno bruciato i candidati più autorevoli. Alla fine Paolo Giordano, che era stato designato (anche se in tandem con un condirettore), ha fatto saltare il banco. Il Salone aveva già a libro paga un comitato editoriale con 17 (diciassette) consulenti. Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, avrebbe voluto arricchirlo con altri tre intellettuali di sua fiducia. A quel punto Giordano si è ritirato e l’intera procedura è finita nel nulla, anche se nel suo comunicato l’associazione Torino, la Città del libro ha voluto “esprimere soddisfazione per la qualità delle candidature ricevute”. Dunque, i curricula esaminati erano di alto livello, ma il Salone non ha saputo scegliere, intrappolato da veti incrociati e ingerenze della politica».Qual è dunque il reale problema?«A finanziare il Salone - e dunque a nominare il direttore - sono il Comune (di sinistra), la Regione (di destra) e gli industriali (che sono proprietari del marchio), col beneplacito del Ministero. Dopo aver bruciato i candidati competenti e disposti a svolgere l’incarico, a giugno troveranno di sicuro un direttore molto simpatico a tutti ma la competenza è un optional».Bookcity è la maggiore manifestazione libraria di Milano, per poco tempo ha avuto la concorrenza di Tempo di libri che però ha esaurito ben presto la sua carica propositiva. Che cosa funziona in Bookcity? «Bookcity funziona grazie alla partecipazione di diverse categorie di soggetti. In primo luogo gli editori, le associazioni, le fondazioni, le biblioteche, le università milanesi, decine di librerie che propongono e producono eventi. Sono loro a scegliere i temi di cui si parla. Poi ci sono coloro che mettono a disposizione gratuitamente gli spazi, a cominciare dal Comune di Milano - ma anche molti privati e aziende - e le librerie. Contribuiscono anche gli autori e chi li presenta, i volontari - che sono circa 400 - e gli sponsor. È fondamentale l’entusiasmo dei cittadini che dal 2012 partecipano con gioia a questa festa del libro e della lettura. Il risultato è una manifestazione che in 4 giorni presenta oltre 1.400 eventi di ogni tipo in oltre 300 spazi in tutti i quartieri della città, non solo in quelli più centrali. È anche un grande esercizio di democrazia, con oltre 3.000 persone che prendono liberamente la parola e ne discutono con gli altri cittadini. Il segreto del successo di Bookcity è che viene vissuto come una festa a cui è bello prendere parte».E che cosa andrebbe implementato?«Bookcity ha l’ambizione di diffondere il libro presso tutte le fasce della popolazione. Bookcity scuole coinvolge ogni anno oltre mille classi, bookcity per il sociale organizza incontri e letture nei luoghi del disagio come carceri e ospedali. Diamo visibilità all’intera filiera del libro, dai progetti formativi ai vari mestieri del libri, dai master in editoria alle lezioni di scrittura, dai premi letterari alle biblioteche di condominio. La collaborazione con Fondazione Cariplo per il progetto “La lettura intorno” ha diffuso l’attività di promozione delle lettura nei quartieri. Stéphane Mallarmé diceva che ogni cosa al mondo può finire in un libro, per questo a Bookcity è possibile parlare di qualunque argomento: chiunque può trovare un argomento che gli interessa».