2024-07-31
Nelle Olimpiadi gender un algerino prenderà a pugni una donna italiana
Sulla destra Angela Carini durante un incontro a Tokyo 2020. Nel riquadro a sinistra Imane Khelif (Getty Images)
Domani è previsto un incontro di boxe tanto surreale quanto pericoloso: un pugile trans, escluso dai mondiali femminili per non aver superato i test ormonali, combatterà con le ragazze a Parigi e sfiderà Angela Carini. Il ministro Andrea Abodi: «Com'è possibile?».Ma un uppercut inclusivo fa meno male? Se lo sta chiedendo Angela Carini, napoletana dai lineamenti delicati che nonostante il soprannome da battaglia (Tiger) non sembra ansiosa di farsi centrare il naso da un gancio non binario. Non è tanto un problema di woke ma di gong e la pugile italiana di 25 anni riflette sul suo destino ingrato: dover incrociare i guantoni, negli ottavi di finale del torneo olimpico di Parigi, con un avversario biologicamente maschio. Perché l’algerina Imane Khelif lo è, ha cromosomi XY e un livello di testosterone maschile verificato lo scorso anno, quando è stata squalificata ai mondiali di New Delhi dopo avere vinto la medaglia di bronzo. Eppure gareggia nel torneo femminile.Nei Giochi più transgender della storia, che si rifanno con rigore fin troppo filologico a quelli di Olimpia descritti sulle anfore, il pasticcio si ripropone in tutta la sua ambiguità, con il rischio concreto che una donna venga presa letteralmente a pugni da guantoni innescati da una muscolatura maschile. Il caso non riguarda soltanto Khelif, ma anche la taiwanese Lin Yu-Ting, anch’essa squalificata lo scorso anno in India. Entrambe non avevano superato il test ormonale sull’idoneità di genere, che in gergo viene definito «verifica del sesso». Alle olimpiadi macroniane sono state ammesse - parlarne al femminile sembra sportivamente fuorviante - e ora fungono da mine vaganti nei pesi welter (categoria 66 chilogrammi) con pugni che potrebbero avere un peso extralarge. Secondo parametri consolidati, un colpo maschile ha una potenza del 162% superiore a un identico pugno femminile (ne parla il Guardian, che al caso ha dedicato un articolo stupefatto). Angela Carini salirà sul ring perché ha conquistato il diritto di farlo e perché «Tiger» - già un argento mondiale e uno europeo in bacheca - non ha paura di nulla. Ma le perplessità rimangono. La vicenda è simile a quella della nuotatrice Lia Thomas, peraltro esclusa dalle gare dopo la rivolta delle atlete americane e la decisione della federazione internazionale di squalificarla. Ma gli effetti potrebbero essere ben diversi: in piscina si gareggia da soli, al massimo si viene umiliati sul podio da una donna che non lo è. Sul ring il rischio è di essere centrati da colpi di incudine. Lo testimonia la pugile messicana Brianda Tamara Cruz, che ha avuto il discutibile piacere di incontrare Khelif: «Quando ho combattuto con lei mi sono sentita molto fuori dal mio elemento. I suoi colpi mi hanno fatto molto male, non credo di essermi mai sentita così nei miei 13 anni da pugile. E neppure quando ho fatto da sparring partner a uomini. Grazie a Dio quel giorno sono scesa dal ring sana e salva, è bello che se ne siano accorti».Se ne sono accorti, però non è successo niente. La Parigi che trasforma anche l’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci in un sabba da Village people non può distrarsi con queste quisquilie. E l’insulto alle atlete donne, nel silenzio delle vestali del sessismo al contrario, prosegue facendo strame delle pari opportunità. In questo caso il cortocircuito è anche procedurale. Le atlete con gli ormoni maschili erano state squalificate un anno fa dall’Iba (International boxing association) e il presidente Umar Kremlev aveva spiegato all’agenzia Tass che sia l’algerina, sia la taiwanese «avevano cromosomi XY e per questo erano state estromesse, così da garantire integrità e equità della competizione». Invece di applicare ai Giochi olimpici gli stessi parametri, il Cio ha deciso di esautorare l’Iba e di affidare le valutazioni alla Paris 2024 Boxing unit, con regole più lasche, che ha deciso per l’inclusività e senza la verifica del sesso, in linea con la filosofia radical del Comitato olimpico.Davanti al paradosso, il primo a essere sorpreso è il ministro dello Sport, Andrea Abodi, a Parigi con la delegazione azzurra. «Com’è possibile che l’avversaria della nostra Angela Carini non sia stata idonea per gareggiare ai Mondiali e lo sia per le Olimpiadi? Si può discutere sulla partecipazione ad altre discipline, ma in una competizione di questo tipo contano in anzitutto la salute e l’integrità fisica degli atleti, quindi è stupefacente non tenere conto di una situazione oggettiva. Il rispetto deve essere assoluto, ma anche reciproco. A volte le fughe in avanti per essere al passo con i tempi non tengono conto della realtà». Anche Matteo Salvini è esterrefatto e su X commenta: «Pugile trans dell’Algeria, bandito dai Mondiali di boxe, può partecipare alle Olimpiadi e affronterà la nostra Carini. Uno schiaffo all’etica dello sport e alla credibilità dei Giochi. Basta con le follie dell’ideologia woke».Più tranquillo sembra il presidente del Coni, Giovanni Malagò, per nulla sorpreso dalla vicenda. Spiega: «Sono state fatte le verifiche ormonali e scientifiche, pertanto Imane Khelif può gareggiare da donna». Sul caso si esprime perfino Elon Musk, sollecitato da un tweet scandalizzato del biologo Richard Dawkins: «Due uomini travestiti da donne gareggeranno alle Olimpiadi contro donne vere». Mister Tesla chiosa: «Questo è ovviamente e terribilmente poco sportivo». Un tempo chi voleva barare metteva un ferro di cavallo dentro i guantoni, adesso basta essere di moda. Il match lunare è domani all’Arena Roland Garros, ore 12.20. Con una certezza: per la meravigliosa tigre di nome Angela non ci sono sfide impossibili.
Jeffrey Epstein e Donald Trump (Ansa)
L'ad di SIMEST Regina Corradini D'Arienzo
La società del Gruppo Cdp rafforza il proprio impegno sui temi Esg e conferma anche la certificazione sulla parità di genere per il 2025.
SIMEST, la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha ottenuto l’attestazione internazionale Human Resource Management Diversity and Inclusion – ISO 30415, riconoscimento che certifica l’impegno dell’azienda nella promozione di un ambiente di lavoro fondato sui principi di diversità, equità e inclusione.
Il riconoscimento, rilasciato da Bureau Veritas Italia, arriva al termine di un percorso volto a integrare i valori DE&I nei processi aziendali e nella cultura organizzativa. La valutazione ha riguardato l’intera gestione delle risorse umane — dal reclutamento alla formazione — includendo aspetti come benessere, accessibilità, pari opportunità e trasparenza nei percorsi di crescita. Sono stati inoltre esaminati altri ambiti, tra cui la gestione degli acquisti, l’erogazione dei servizi e la relazione con gli stakeholder.
L’attestazione ISO 30415 rappresenta un passo ulteriore nel percorso di sostenibilità e responsabilità sociale di SIMEST, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, in particolare quelli relativi alla parità di genere e alla promozione di condizioni di lavoro eque e dignitose.
A questo traguardo si affianca la conferma, anche per il 2025, della certificazione UNI/PdR 125:2022, che attesta l’efficacia delle politiche aziendali in tema di parità di genere, con riferimento a governance, crescita professionale, equilibrio vita-lavoro e tutela della genitorialità.
Valeria Borrelli, direttrice Persone e organizzazione di SIMEST, ha dichiarato: «Crediamo fortemente che le persone siano la nostra più grande risorsa e che la pluralità di esperienze e competenze sia la chiave per generare valore e innovazione. Questi riconoscimenti confermano l’impegno quotidiano della nostra comunità aziendale nel promuovere un ambiente inclusivo, rispettoso e aperto alle diversità. Ma il nostro percorso non si ferma: continueremo a coltivare una cultura fondata sull’ascolto e sull’apertura, affinché ciascuno possa contribuire alla crescita dell’organizzazione con la propria unicità».
Con questo risultato, SIMEST consolida il proprio posizionamento tra le aziende italiane più attive sui temi Esg, confermando una strategia orientata a una cultura del lavoro sostenibile, equa e inclusiva.
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