2019-10-08
Oggi si vota il taglio dei parlamentari: legislatura blindata
La battaglia simbolo dei grillini ha un'ampia maggioranza. Adesso tornare alle urne a breve sarà molto più difficile.Una riforma di bandiera per il M5s che la sinistra, Pd, Italia viva e Leu, vota in cambio di garanzie. Se l'approvazione della riforma sul taglio dei parlamentari è stata la questione pregiudiziale dei grillini per formare il governo Conte 2, il prezzo da pagare al Pd, che nelle precedenti tre votazioni ha sempre votato no, è un pacchetto di riforme costituzionali con l'impegno, come ha detto ieri Debora Serracchiani «di portare tutto in Commissione e Aula entro la fine dell'anno».Ieri c'è stato un incontro dei capigruppo M5s, Pd, Iv e Leu con il ministro D'Incà per fare una sintesi sul pacchetto di interventi richiesti per dare il via libera alla riduzione delle poltrone. Tre i provvedimenti da incardinare entro ottobre: la base elettorale del Senato (da regionale a pluriregionale), la riduzione dei delegati regionali all'elezione del presidente della Repubblica, l'unificazione dell'elettorato attivo e passivo di Camera e Senato. Entro dicembre inoltre si pone l'obiettivo di modificare il sistema elettorale. L'ultimo voto, «trasversale» come si aspetta Luigi Di Maio, è previsto per questa mattina e, a parte il sì della maggioranza, anche il centrodestra voterà a favore. Matteo Renzi, pur considerandolo un «tributo demagogico», ha dato il suo ok. La Lega, per bocca del suo segretario Matteo Salvini, ha già dichiarato il suo appoggio alla legge «purché non ci sia il mercato delle vacche nella maggioranza», mentre insieme al via libera di Forza Italia, Laura Ravetto avverte: «Al M5s dico: abbandoniamo la mitomania della finta democrazia diretta». Verso il «sì» anche Fratelli d'Italia la cui leader, Giorgia Meloni, ieri è stata attaccata dal Blog delle stelle per la sua assenza in Aula. «Secondo voi, perché il M5s si mette ad attaccare frontalmente, proprio su questo, l'unico partito, Fdi, che ha votato la proposta dall'inizio pur essendo all'opposizione? Sono cretini o cercano di affossare la legge?» ha replicato la Meloni. La riforma ridurrà il numero dei deputati da 630 a 400 e quello dei senatori da 315 a 200 e, anche se approvata, non entrerà immediatamente in vigore. Nei tre mesi successivi alla sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, infatti, potrebbe essere presentata una richiesta di referendum confermativo da un quinto dei membri di una delle due camere, da 500.000 elettori oppure da 5 consigli regionali. Il referendum confermativo, come quello del 2016 sulla riforma costituzionale voluta da Renzi, non prevede quorum e stabilisce che la riforma venga respinta se i «No» superano i «Sì» anche di un voto soltanto.Con un risparmio per le casse dello Stato di 100 milioni all'anno, 500 milioni di euro a legislatura, l'Italia diventa il grande Paese europeo con il Parlamento più piccolo in proporzione alla popolazione: un parlamentare ogni 151.000 abitanti, contro uno ogni circa 100-110.000 di Regno Unito, Francia e Germania. Sarebbe questa la prima vera conseguenza del taglio ritenuto piuttosto critico da giuristi e costituzionalisti proprio perché riducendo il numero di parlamentari diminuisce la rappresentanza degli elettori, allontana gli elettori dalla politica, rende i gruppi parlamentari più piccoli e facilmente controllabili da leader e segretari. Non la pensa così il ministro degli Esteri Di Maio che sottolinea: «È una battaglia che, secondo me, condivide oltre il 90% degli italiani».Malgrado Benedetto Della Vedova di +Europa chieda a Zingaretti e Renzi «di fermarsi e di non rendersi corresponsabili di una scelta antipolitica ed antiparlamentare», oggi non dovrebbero esserci sorprese durante la votazione proprio perché la sinistra ha ottenuto le garanzie, contenute in un documento, sugli «aspetti correttivi della Carta costituzionale necessari per attenuare l'impatto del taglio».Si comincia dall'abbassare a 18 anni l'età per il voto al Senato per equipararlo alla Camera; diminuzione di un terzo del numero dei delegati regionali per eleggere il capo dello Stato: attualmente ogni regione, salvo la Valle d'Aosta, invia 3 delegati (58 in totale), che però in un Parlamento dimezzato dalla riforma secondo alcuni diventerebbero troppo influenti nell'elezione; modifica della base territoriale di elezione del Senato, che oggi è regionale e invece potrebbe diventare circoscrizionale e quindi pluriregionale per garantire le minoranze. L'iter di queste tre riforme dovrebbe essere avviato entro ottobre, mentre se dopo i tre mesi previsti non verrà chiesto il referendum confermativo sul taglio che si voterà oggi (che deve essere approvato dalla maggioranza assoluta), allora si comincerà a discutere di riforma elettorale, la terza in meno di 5 anni. Tempi tecnici che, tuttavia, allontanano lo spettro delle urne e quindi «blindano» la legislatura.
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Margherita Agnelli (Ansa)