2022-06-27
Oggi chi si lava tradisce la patria e l’Ucraina
Di fronte al conflitto, pretendere di avere un futuro, un lavoro o perfino un bidet può essere classificato come irresponsabile. Farsi una doccia, mangiare carne o festeggiare il compleanno sono gesti di dissidenza. E verranno subito denunciati dai vicini.La guerra alla Zeta russa appartiene alla parte più problematica del concetto attuale di giustizia. La guerra in Ucraina è nata decenni fa, nella prima metà del secolo scorso. È nata negli anni Trenta, con la terribile carestia imposta all’Ucraina da due georgiani, Stalin e Beria, e portata a termine con spietata ferocia dai funzionari ucraini del partito comunista ucraino, mentre analoghe carestie flagellavano fino alla morte per inedia tutte le sciagurate terre dell’Unione Sovietica, disseminando milioni di morti. In Ucraina il fenomeno, chiamato holodomor, fu più imponente, in quanto era una zona agricola molto grande, e fu più visibile in quanto l’Ucraina è molto vicina al mondo occidentale, ma i contadini sterminati a milioni con la fame ci furono ovunque. L’holodomor ha causato tra i 4 e i 6 milioni di morti, e nella mente di molti è diventata un crimine russo, non sovietico. Dato che è istintivo considerare amici i nemici dei propri nemici, l’Ucraina ha accolto con entusiasmo l’invasione nazista. Fu un errore. Non erano amici loro. Il popolo ucraino è stato ricambiato con fame e schiavitù, ma è stato anche reso corresponsabile della distruzione della sua minoranza ebraica. Miliziani ucraini sono stati arruolati nell’esercito tedesco, si chiamavano Hiwi, sono stati arruolati nella Sesta Armata, e con la Sesta Armata hanno massacrato 30.000 ebrei a Babi Yar, una specie di enorme burrone vicino a Kiev, e insieme alla Sesta Armata sono andati a Stalingrado, da cui nemmeno uno di loro è tornato. Miliziani ucraini sono stati Ss. A loro si uniscono gruppi nazionalisti nati soprattutto in Galizia, la parte occidentale dell’Ucraina, quella di lingua solamente ucraina, senza commistioni col russo che è presente nell’Ucraina centrale, e che prevale nella parte orientale, il Donbass. La Oun, Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini, nazionalista e razzista, è nata negli anni Trenta durante la carestia. La sua bandiera è rossa e nera, simbolo di sangue e terra, e oltre che i russi e gli ebrei odia anche i polacchi. Gli uomini dell’Oun ne hanno massacrato a decine di migliaia in Galizia nel ’43, in maggioranza donne, vecchi e bambini visto che gli uomini erano in guerra, morti o deportati, spesso bruciandoli vivi dopo stupri e torture. I polacchi se lo ricordano, e non sono così euforici dell’incondizionato appoggio che il loro governo sta dando all’Ucraina e della smisurata accoglienza a profughi ucraini. Gli eroi dell’Oun sono Stepan Bandera, massacratore di ebrei, e Mycola Lebed, massacratore di polacchi, entrambi messi in salvo degli Stati Uniti dopo la guerra. Da qui intuiamo che gli Stati Uniti possono arrivare a patti con i nazisti se può essere utile alla causa. La causa è l’accerchiamento e l’isolamento dell’Unione Sovietica, e, in mancanza di Unione Sovietica, defunta nell’89, della Russia. L’Ucraina è la nazione ideale. Nel 2004 abbiamo la prima primavera colorata, con gente che scende in piazza, la prima Maidan e la prima rivoluzione arancione finanziata dagli Stati Uniti, elezioni annullate e nuove elezioni dove vince Viktor Yushenko. Alle elezioni del 2010 vince nettamente Yanukovich, non amato in occidente e si scatena un’altra protesta organizzata via social, Victoria Nuland, anche lei proveniente dall’amministrazione statunitense soffia sul fuoco, si arriva a scontri cruenti e al potere arriva Yatsenyuk che celebra gli eroi ucraini della Seconda guerra mondiale, sventola bandiere rosse e nere e ufficializza in battaglione Azov nella guardia nazionale. Quando nel 2014 la Crimea con un referendum legittimo dichiara di voler tornare alla Russia si scatena la furia.Il 2 di maggio a Odessa 50 civili sono assassinati nella Strage di Odessa, già scomparsa da Wikipedia per diventare l’incendio di Odessa. Blindati arrivano nel Donbass dove anche si vuole fare un referendum per l’indipendenza e si scatena la furia contro i civili russofoni, con violenze denunciate dalla stessa Onu, bombardamenti su civili che hanno fatto solo tra i bambini 250 morti. Il popolo del Donbass è massacrato, ma anche il popolo ucraino non ne può più, non ne può più di libri scolastici su cui c’è scritto che ebrei, russi e polacchi sono gentaglia, non ne può più di ragazzini che fanno il saluto nazista e le esercitazioni militari come la Hitlerjugend, non ne può più di essere un paese fatto di campi fertilissimi posati sopra un sottosuolo pieno di materie prime, che continua ad essere un popolo di cameriere, badanti e amanti, secondo l’ignobile definizione della signora Lucia Annunziata, oltre che di madri in affitto, il popolo più povero d’Europa con delle armi spettacolari Il popolo ucraino vota Zelensky, perché lui ha un programma elettorale fatto di pace e amicizia con la Russia, di rispetto dei protocolli di Minsk, per mettere sotto protezione le popolazioni del Donbass. Poi si è rimangiato tutto. Il 20 febbraio del 2022 sulla pagina di televideo è scritta la notizia di bombardamenti di Kiev sul Donbass, quattro giorni dopo c’è l’attacco russo «immotivato». Oppure motivato? Motivato da attacchi militari e terroristici a una popolazione civile, motivati da un accerchiamento della Nato. L’Ucraina ha cominciato a parlare di ingresso nella Nato nel 2014, nel 2017 l’ingresso nella Nato è stabilito per legge come priorità politica, ed è chiesto al segretario della Nato, Stoltenberg, di iniziare il processo di ammissione, mentre è modificata la Costituzione così da renderlo possibile. Nel giugno 2021 la Nato fa esercitazioni militari nel Mar Nero ucraino.Putin non può tollerare missili nucleari alle sue porte. La Russia non può tollerare il massacro dei suoi fratelli. E ora arriva l’ultima provocazione: l’exclave di Kaliningrad è stata isolata dalla Lituania. Perché? Cosa importa al popolo lituano di provocare la Russia? Chi sono i buoni e chi sono i cattivi? A cosa serve? Perché tutte le élite vogliono questa guerra? Biden sposta l’attenzione dai guai economici degli Stati Uniti e dai suoi guai, l’industria bellica si ricompatta e ricompatta l’economia, l’emergenza guerra può permettere di annientare gli ultimi brandelli di libertà sopravvissuti alla cosiddetta pandemia e relativo cosiddetto vaccino, si possono immiserire grazie alle sanzioni i popoli occidentali, l’Italia in primis ma anche gli altri, così da rendere possibile l’attuazione dell’agenda di Davos, niente più proprietà privata, niente più stato sociale, niente più igiene. Fulco Pratesi ci informa che per anni ci siamo lavati al di sopra delle nostre possibilità. Senza una guerra difficile accettare di puzzare e avere le balopostite e le vaginiti da mutande non mutate. Greta non basta, ci vuole la possibilità di denunciare come traditore della patria e dell’Ucraina chi si lava. Chi ci guadagna? Le élite? Non ci guadagnerebbero di più con un popolo di giulivi consumatori che si lavano, producono, vendono, vanno in vacanza? La fame devasterà l’Africa, i popoli africani si riverseranno in Europa, trasformandola in una landa miserabile. Grazie alla guerra le pretese di avere un futuro, un lavoro, un bidet possono essere classificate come balzane e irresponsabili, capricci di bambolotti viziati, con i gesti di dissidenza, lavarsi, mangiare festeggiare il compleanno, prontamente denunciati dai vicini di casa. Se anche le élite diventano più ricche, più piene di denaro che può essere stampato, sempre che non sia fatto solo di numeretti su uno schermo, cosa gliene importa se dovranno vivere in un mondo senza moda, senza Ferrari, senza ristoranti stellati, senza la possibilità di camminare in una strada piena di palazzi d’epoca e belle vetrine illuminate, senza il lungomare di Viareggio, senza i campi di neve di Cortina? Qual è lo scopo di tutto questo?
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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