
Il monumento nazionale di Basovizza vandalizzato con scritte inneggianti ai massacri anti italiani: è la logica conseguenza delle campagne negazioniste portate avanti da una sinistra che non ha mai fatto i conti con le tragedie del fronte orientale.Nella foiba di Basovizza, nei pressi di Trieste, dal 1945 in avanti furono gettati uomini e donne, civili e militari -talvolta ancora vivi - colpevoli soltanto di essere italiani. Quell’antico pozzo minerario è divenuto negli anni il simbolo della atroce pulizia etnica scatenata in quelle terre dai combattenti comunisti titini. Dal 1992 è monumento nazionale, ma ancora adesso gli spiriti dei morti che ha ospitato non riescono a trovare pace. Nella notte tra venerdì e sabato il sacrario di Basovizza è stato ricoperto di scritte in sloveno, fatte con la vernice rossa: «Trst je naš» («Trieste è nostra»); «Smrt Fašizmu svoboda narodom» («Morte al fascismo, libertà ai popoli») e altre ancora, a comporre uno sfregio alla memoria degli italiani morti. Il tutto a poche ore dalla cerimonia per il giorno del Ricordo, che ricorre lunedì. Quasi tutta la destra di governo e le autorità locali hanno diffuso comunicati indignati, e lo stesso hanno fatto le associazioni di istriani e dalmati. «La foiba di Basovizza è un luogo sacro, un monumento nazionale, da onorare con il silenzio e con la preghiera», ha detto giustamente Giorgia Meloni. «Oltraggiare Basovizza, per di più con scritte ripugnanti che richiamano a pagine drammatiche della nostra storia, non vuol dire solo calpestare la memoria dei martiri delle foibe ma significa oltraggiare la Nazione intera. Ciò che è accaduto è un atto di gravità inaudita, che non può restare impunito».Speriamo dunque che i colpevoli vengano individuati rapidamente e puniti. Purtroppo, però, tocca constatare che i comunicati - per quanto condivisibili e sacrosanti - non bastano. Con le foibe esiste un gigantesco problema culturale che è ora di risolvere una volta per tutte: non è accettabile che ancora oggi, a decenni dalla fine delle guerra e con il comunismo ormai capitolato ovunque circolino ancora le peggiori tesi negazioniste e riduzioniste. Giusto ieri abbiamo dato conto di un appello lanciato dall’Anpi nazionale secondo cui la legge che istituisce il giorno del ricordo avrebbe «l’evidente obiettivo di riscrivere la storia ignorando, sminuendo o nascondendo i crimini del fascismo». Non paga, l’Anpi annuncia pure che «realizzerà iniziative di buona e piena memoria in tanti territori», cioè porterà in giro le sue tesi farlocche che assolvono i titini e scaricano sul fascismo la responsabilità della pulizia etnica. E i (presunti) partigiani non sono certo gli unici a propagandare bugie e a diffondere odio. Scrittori celebratissimi come Boris Pahor - uno che per altro fu insignito di importanti onorificenze italiane - nel corso degli anni hanno sputato veleno sulla memoria di dalmati e istriani. Importanti editori come Einaudi e Laterza pubblicano i libri di storici riduzionisti, alcuni dei quali sono molto spesso invitati persino nelle scuole. Nelle medesime scuole, in compenso, è ancora difficile parlare delle foibe con un approccio che non sia liquidatorio o negazionista. Lo dimostra quanto accaduto in questi giorni all’istituto superiore cine-tv Rossellini di Roma. Il 4 febbraio la preside Maria Teresa Marano ha comunicato a insegnanti e studenti che martedì 11 si sarebbe svolto un incontro dibattito sulla tragedia istriano dalmata con una professoressa figlia di esuli e il senatore di Fratelli d’Italia Roberto Menia, invitato in quanto relatore della legge del 2004 che ha istituito il giorno del Ricordo. A stretto giro, forse imboccati da qualche professore, gli studenti sinistrorsi del collettivo Rossellini hanno minacciato di organizzare un picchetto di protesta, sfoderando toni bellicosi: «Come ben sappiamo il giorno del ricordo è l’occasione perfetta che hanno i fascisti per uscire dalle fogne della storia per portare avanti il loro revisionismo storico becero, cercando di far dimenticare i crimini compiuti dal fascismo durante i suoi anni al potere. Non crederemo al revisionismo storico dei fascisti! Costruiamo un muro antifascista in ogni scuola». Ora, di fronte alle provocazioni di quattro bulli ignoranti l’istituto scolastico dovrebbe tenere la testa alta e andare avanti. E invece ci risulta che - anche grazie alla visibilità ottenuta dai studenti tramite Repubblica e altre testate - l’incontro sia stato cancellato. «Rilevo che, una volta ancora, la violenza e l’intolleranza prevalgono sulla libertà e sull’espressione delle idee», dice Menia alla Verità. «Questo succede in un istituto scolastico che dovrebbe essere palestra di scambio di opinione e pensiero. Non andrò in quella scuola non perché me lo impediscano i giovani guardiani della rivoluzione di un collettivo (nome che puzza di stantio e ricorda una triste stagione italiana) a cui avrei volentieri dimostrato che sarei entrato ugualmente, ma perché l’iniziativa viene annullata dal preside. Certo non sono felice che il preside si pieghi al ricatto e faccio presente che non mi ero certo autoinvitato. A chi mi dice che il giorno del Ricordo è l’occasione per i fascisti di uscire dalle fogne, dico che è egli stesso ributtante ben più della fogna della sua ignoranza: esca dal buio, impari, legga Dante che cantava “Pola, presso del Carnaro, ch’Italia chiude e ’suoi termini bagna”, studi la storia di noi italiani dell’Adriatico orientale, impari cosa sono la pietas e il rispetto verso i nostri morti, le nostre famiglie, il nostro esodo di 350.000 persone per amore d’Italia e libertà… e poi venga a chiedere scusa».A nostro avviso, anche i dirigenti e gli insegnanti che hanno ceduto al ricatto dovrebbero scusarsi, ma sospettiamo che non lo faranno. Del resto episodi del genere non sono un’eccezione, bensì la norma. Ogni volta organizzare eventi, incontri e dibattiti sulle foibe è complicato: si viene ostacolati, contestati, minacciati. E di frequente tutto finisce con la censura. Se ancora oggi il clima che si respira è questo, davvero ci si può sorprendere se un monumento viene sfregiato e con esso il ricordo di un massacro? Finché le tirate ideologiche dell’Anpi e le uscite di qualche collettivo di idioti saranno prese sul serio, la memoria dei morti italiani continuerà a essere offesa.
Leone XIV (Ansa)
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