
Chi si rivede: il primato della Costituzione italiana sul diritto europeo. La tesi dei «controlimiti» alle norme Ue risale, addirittura, alle sentenze della Consulta degli anni Settanta; eppure, sembrava passata di moda. L’ha riesumata il giudice Luca Minniti, presidente della sezione immigrazione del tribunale di Bologna, in un’intervista al Manifesto di qualche giorno fa. A precisa domanda del quotidiano comunista sulle nuove misure di Bruxelles in materia di respingimenti e Paesi sicuri, che dovrebbero complicare l’opposizione delle toghe ai trattenimenti nei Cpr e ai rimpatri, il magistrato ha risposto che sì, esse potrebbero rivelarsi incostituzionali, in quanto incompatibili con l’articolo 10 della nostra Carta, sul diritto d’asilo.
Questo, infatti, «prevede un principio fondamentale del nostro ordinamento, non derogabile neppure da fonti internazionali. Insieme all’articolo 2», ossia quello che sancisce l’inviolabilità dei diritti umani, «può fungere da controlimite anche verso il diritto Ue, che non avrebbe ingresso in Italia».
Prodigi dell’ideologia: all’improvviso, il corpaccione di direttive e regolamenti europei non è più sacro, inviolabile, sistematicamente anteposto alle leggi nazionali; se di mezzo ci sono i rimpatri veloci, oppure l’idea che Egitto, Bangladesh e Tunisia siano Stati nei quali è lecito rispedire i migranti, i giudici riscoprono nella nostra Costituzione un argine. E anziché disapplicare le norme italiane, vietano l’«ingresso» a quelle europee.
Peraltro, Minniti, già candidato al Csm per Area, corrente di centrosinistra, nel 2021, era stato uno dei primi, un paio d’anni fa, a sconfessare la lista governativa dei Paesi sicuri: bocciò la decisione di infilarci dentro proprio la Tunisia. Va però segnalato che, a dispetto dell’omonimia con il ministro piddino, noto per aver messo un freno alle missioni delle Ong nel Mediterraneo, quello della Costituzione «come limite alla regressione e spinta al rafforzamento della protezione dello straniero» - citiamo il titolo di un suo articolo del 2018 - era un vecchio pallino di Minniti. Ne scrisse già sette anni fa, appunto, su Questione Giustizia, la rivista di Magistratura democratica. Tanto per fugare ogni eventuale dubbio sulla sua neutralità politica.
La posizione delle toghe, dunque, è questa: se le leggi italiane sono più severe delle norme europee in materia di immigrazione, allora bisogna snobbare le leggi nazionali, in nome del primato del diritto Ue, autenticamente umanitario; ma se l’Ue, su impulso dell’Eurocamera e del Consiglio, impone un giro di vite, allora il primato del diritto europeo va a farsi benedire, perché gli subentra il controlimite della Costituzione. Oltre alla possibilità, accordata dalla Corte di Lussemburgo ai magistrati e rivendicata da Minniti, di questionare gli elenchi dei Paesi sicuri.
È un meccanismo che si mette in moto ogni volta che Roma o Bruxelles cercano di moderare i flussi migratori e di accelerare le espulsioni. Ed è un peccato che, tra i «principi fondamentali del nostro ordinamento, non derogabili neppure da fonti internazionali», di cui parlava Minniti al Manifesto, insieme alle prerogative degli stranieri, non vengano considerate quelle degli italiani.
Nel novero dei «diritti inviolabili», sancito dall’articolo 2 della Carta, dovrebbero rientrare tutti quelli indicati dalla Dichiarazione Onu del 1948. Compresi il diritto alla vita e alla «sicurezza della propria persona». Che, a quanto risulta dalle statistiche del Viminale, sono messi a repentaglio dall’invasione degli immigrati, i quali vengono arrestati o denunciati per il 60% dei reati predatori, senza contare il 44% delle violenze sessuali, benché gli stranieri siano solo il 9% della popolazione.
E poi, la Costituzione non afferma che la sovranità appartiene al popolo? Nell’esercitarla, i rappresentanti eletti in Parlamento non possono certo perpetrare degli abusi sulle minoranze. Ma in mezzo ai tanti diritti intoccabili di bengalesi, egiziani e subsahariani, possibile non ci sia uno spazietto per il diritto del popolo a regolamentare il fenomeno dell’immigrazione? A rendere più efficace e rapido il sistema dei rimpatri?
Non vogliamo spingerci fino a sostenere un argomento estremo: siccome la Costituzione fu sospesa durante la pandemia a detrimento degli italiani, rinchiusi, multati se circolavano dopo le dieci di sera, esclusi da lavoro e stipendio se non si vaccinavano, allora essa può ben essere sospesa allo scopo di controllare i confini e tutelare l’ordine pubblico. No, il punto è un altro: siamo così sicuri che rimandare a casa sua un adulto sano, che non rischia di essere perseguitato né ucciso in guerra, senza aspettare i consueti «due anni» che secondo Minniti impiegano le Corti per pronunciarsi, significhi fare carne di porco della nostra nobile civiltà giuridica? Va benissimo preoccuparsi della «protezione dello straniero». Ma gli italiani chi li protegge?





