2022-06-20
L’Occidente prepara la guerra lunga (anche alle libertà)
Jens Stoltenberg, Boris Johnson e Paolo Gentiloni sono costretti ad ammettere le difficoltà belliche. E annunciano sacrifici al nostro stile di vita.Negli anni passati, specie dopo gli attacchi del terrorismo islamico, i governanti di mezza Europa si affannavano a ripetere che bisognava «difendere il nostro stile di vita». Su quale fosse, questo stile, non avevano le idee chiarissime: si limitavano a una generica celebrazione del consumismo liberal democratico. Ora dalla centrale operativa arriva però un messaggio diverso,anzi contrario. Ci viene detto che, in realtà, il nostro stile di vita va cambiato. E su come esso debba modificarsi, stavolta, hanno pensieri cristallini. Dovremo, in buona sostanza, rinunciare a una discreta parte di ricchezza e cedere una consistente fetta di libertà. Siamo costretti a farlo, ci viene raccontato, perché dobbiamo sconfiggere il Nemico assoluto, che nella contingenza si incarna in Vladimir Putin.Jens Stoltenberg, segretario della Nato, è stato abbastanza esplicito in proposito. Parlando con la tedesca Bild, ha dichiarato che «la guerra in Ucraina potrebbe durare per anni». Poi ha aggiunto che non si può «indebolire il sostegno all’Ucraina, anche se i costi sono elevati, non solo in termini di supporto militare, ma anche a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari». Cristallino: se il conflitto prosegue è certo che andremo incontro a una crisi anche peggiore di quella che stiamo già vivendo. Aumenteranno i costi dell’energia, dovremo fare fronte a razionamenti e blackout, le bollette già alle stelle aumenteranno ancora, la crisi alimentare funesterà soprattutto l’Africa contribuendo all’aumento esponenziale dei flussi migratori. Ma non importa: dobbiamo comunque proseguire a inviare armi all’Ucraina. A ribadire il concetto ha provveduto, sul Sunday Times, Boris Johnson: «Temo che sia necessario prepararsi a una lunga guerra, poiché Putin ricorre a una campagna di logoramento, cercando di schiacciare l’Ucraina con brutalità». Come sempre, la necessità del sacrificio di sangue ci viene impacchettata dentro l’alluminio delle motivazioni morali. Tocca stare con i buoni d’Occidente contro i russi cattivi, dobbiamo preservare la libertà e la democrazia a ogni costo. Una retorica perfettamente sintetizzata dal commissario europeo agli Affari economici ed ex premier Paolo Gentiloni dal palco della Repubblica delle Idee. A suo dire, «l’Europa non è equidistante, né titubante, né riluttante». Tutti noi «dobbiamo avere molto chiaramente la consapevolezza che l’idea di libertà è in gioco in questo conflitto. E che rispondere sostenendo il Paese aggredito per arrivare a una pace in condizioni di dignità è un dovere democratico. L’Italia delle idee, delle libertà, dei diritti civili non può non avere questi obiettivi. L’Europa li ha e dobbiamo sapere da che parte stiamo». In realtà, l’Ue è tutt’altro che compatta, ma da che parte stiano i vertici è parecchio evidente: da quella della guerra a oltranza. All’inizio ci avevano fatto intuire che tutto avrebbe potuto risolversi in poco tempo perché la Russia sarebbe implosa, l’esercito di Mosca - ottuso e svogliato - si sarebbe sfarinato sul campo e le preziose armi fornite dall’Impero di Babilonia avrebbero permesso alla provincia Ucraina di trionfare. Poi, anche qui, la narrazione ha preso un’altra strada, e ormai è chiaro che non ce la caveremo facilmente, che gli scontri continueranno e che dobbiamo rassegnarci al logoramento. Gentiloni non ha dubbi: «Vladimir Putin teme le libertà dell’Europa. Putin è una persona con un disegno lucido. Considera il dissolvimento dell’Urss come una sconfitta storica e pensa sia necessario costruire una sfera geopolitica intorno alla Russia, e quindi espandersi nei confronti di diversi Paesi europei». Motivo per cui bisogna «avere un po’ anche la schiena diritta sul tema della guerra in Ucraina». A dire il vero, l’élite babilonese attualmente al comando pretende che la nostra schiena - più che dritta - sia bella distesa in posizione di sottomissione. Mettiamo pure sia vero - e non lo è - che Putin odi (come si diceva dei terroristi islamici) la «nostra libertà». Ebbene, gli attuali governanti di tale libertà che uso stanno facendo? Come la stanno trattando? Non bene, a quanto risulta. Ci spiegano che, per conservare la libertà, dobbiamo rinunciarvi. E infatti assistiamo alla compilazione di ignobili liste di proscrizione di cui nessuno vuole assumersi la responsabilità, ma che intanto sono state diffuse e pubblicate da tutti i giornali. Gli spazi di critica al pensiero prevalente vengono costantemente e drasticamente ridotti. La propaganda impazza (non è molto efficace, perché gli italiani restano per lo più contrari all’invio di armi, ma non importa, dato che della loro opinione non si tiene granché conto). Quanto alla tanto decantata libertà economica, beh, qui torniamo alla minaccia di Stoltenberg sulla guerra prolungata. Saranno libere le nostre aziende di restare aperte e distribuire stipendi qualora i prezzi dell’energia continuassero a salire? Saranno liberi imprenditori e commercianti di svolgere il proprio lavoro se le materie prime costeranno ancora di più? Saranno liberi i comuni cittadini di mantenere «il proprio stile di vita» se il gas verrà razionato? Molto probabilmente no. Ma, appunto, obiettare non si può, non si deve, perché in gioco ci sono la libertà e la democrazia. Sì: la libertà di obbedire e la democrazia del più forte.