Il decreto imporrà l’assicurazione contro le calamità naturali a tutte le imprese e sarà anche il plafond Sace da 15 miliardi di euro. Per i beni da 1 a 30 milioni il limite d’indennizzo è del 70%. C’è pure la franchigia del 15%.
Il decreto imporrà l’assicurazione contro le calamità naturali a tutte le imprese e sarà anche il plafond Sace da 15 miliardi di euro. Per i beni da 1 a 30 milioni il limite d’indennizzo è del 70%. C’è pure la franchigia del 15%.Non solo 5 miliardi di business in più per le compagnie ma anche 15 miliardi in tre anni di garanzia pubblica. È pronto il decreto interministeriale del ministero dell’Economia e del ministero delle Imprese e del made in Italy che definisce i termini dell’obbligo di assicurazione contro le catastrofi per le imprese previsto dall’ultima legge di bilancio del governo Meloni.Ne avevamo scritto il 21 agosto riprendendo un articolo del Sole 24 Ore sulle principali compagnie assicurative che si stanno alleando per mutualizzare i rischi connessi alle catastrofi naturali, come terremoti e inondazioni. L’Ania, l’associazione di categoria, ha aperto un tavolo di lavoro al quale sono seduti i principali operatori del settore tra cui Allianz, Generali e Unipol. Obiettivo: unire le forze per ammortizzare i costi ma anche per accelerare il business. Si parla, infatti, di premi potenziali fino a 5 miliardi. Miliardi che faranno felici le compagnie ma sono destinati a diventare una nuova tassa per le aziende. Perché a fine anno per tutte scatterà l’obbligo di sottoscrivere una polizza contro le «catastrofi naturali». La legge di bilancio 2024 ha infatti previsto un nuovo obbligo per le imprese di sottoscrivere un’assicurazione contro il clima, con sanzioni significative in caso di mancato adempimento. Inoltre, il rispetto di questa scadenza, sarà un requisito essenziale per le aziende che intendono beneficiare di sovvenzioni, contributi o altri incentivi economici.Mancava, però, il decreto attuativo. Ebbene, ora la bozza è pronta e l’abbiamo potuta consultare. La prima notizia che salta agli occhi è che il meccanismo prevede un plafond Sace - quindi soldi pubblici - a garanzia per assicuratori e riassicuratori di 5 miliardi di euro all’anno per il 2024, 2025 e 2026. Nel caso in cui le imprese di assicurazione si avvalgano di questa copertura, recita l’articolo 9, «le stesse trasferiranno a Sace i rischi derivanti dall’intero portafoglio delle polizze a copertura dei danni» al netto delle polizze sottoscritte con le grandi imprese.Attenzione: uno degli obiettivi dell’alleanza tra big delle polizze di cui avevamo scritto il 21 agosto è di condividere il rischio «nell’ottica di gestione del business assicurativo che ruota attorno al tema degli eventi climatici» perché «i fenomeni avversi si fanno sentire sui conti delle compagnie e i risultati del primo semestre dei gruppi ne hanno dato prova ulteriore dopo che già lo scorso anno la stagione si era rivelata particolarmente difficile». E adesso, col decreto attuativo, si aggiunge anche l’aiuto della Sace con la garanzia di 5 miliardi.La bozza del decreto attuativo definisce, tra l’altro, le modalità di individuazione degli eventi calamitosi e catastrofali; le modalità di determinazione e adeguamento periodico dei premi anche tenuto conto del principio di mutualità; i limiti alla capacità di assunzione del rischio da parte delle imprese assicuratrici. La norma definisce, inoltre, i fenomeni naturali interessati.Nel documento non vengono specificate informazioni sui premi e su come funzionerà il meccanismo relativo a essi rispetto alle diverse zone geografiche. Dalla bozza, in alcuni punti molto tecnica, emergono però altri dettagli degni di nota. Sotto l’articolo 1, per esempio, viene precisato che sono esclusi dalla copertura assicurativa i beni immobili «che non siano conformi alla normativa urbanistica ed edilizia e i beni che non siano conformi a norme di legge o altre disposizioni tecniche, ivi inclusi obblighi di manutenzione o il cui utilizzo sia stato sospeso ovvero vietato per effetto di provvedimenti adottati dalle competenti autorità di riferimento». Il riferimento non sarebbe ai fabbricati abusivi, ma a quelli che non sono a norma secondo determinati vincoli. E questo sarebbe un piccolo favore alle compagnie assicurative. Sono però state comprese nella copertura assicurativa, almeno secondo la bozza del decreto, le frane che le compagnie invece avrebbero voluto escludere.Interessante anche l’articolo 7 sui massimali o limiti di indennizzo: per la fascia assicurata fino a 1 milione il limite di indennizzo è «pari alla somma assicurata», totale l’indennizzo; per la fascia da 1 a 30 milioni di euro di somma assicurata il limite di indennizzo è «pari al 70% della somma assicurata dell’ubicazione danneggiata». Non solo. «Fermo l’obbligo di copertura assicurativa, per la fascia superiore a 30 milioni di euro di somma assicurata, avuto riguardo al totale complessivo delle ubicazioni assicurate ovvero per le grandi imprese», la determinazione di massimali o limiti di indennizzo «è rimessa alla libera negoziazione delle parti». Per esempio, se io imprenditore assicuro per 10 milioni il mio immobile e il danno che subisco è totale (la fabbrica rasa al suolo o completamente distrutta, per capirsi), con il massimale al 70% mi pagano 7 milioni non 10 e gli altri tre li dovrò sborsare da solo. In un altro articolo della bozza del decreto viene, inoltre, previsto che per la fascia fino a 30 milioni di somma assicurata le polizze assicurative «possono prevedere, qualora convenuto dalle parti, uno scoperto, che rimane a carico dell’assicurato, non superiore al 15% del danno indennizzabile». Si chiama tecnicamente «scopertura»: con lo scoperto del 15%, se io mi assicuro per 10 milioni e il danno è da 1 milione, sarò coperto per 850.000 euro (il 15%, appunto).
Roberto Fico (Ansa)
Dopo il gozzo «scortato», l’ex presidente della Camera inciampa nel box divenuto casa.
Nella campagna elettorale campana c’è un personaggio che, senza volerlo, sembra vivere in una sorta di commedia politica degli equivoci. È Roberto Fico, l’ex presidente della Camera, candidato governatore. Storico volto «anticasta» che si muoveva in autobus mentre Montecitorio lo aspettava, dopo essere stato beccato con il gozzo ormeggiato a Nisida, oggi scaglia anatemi contro i condoni edilizi, accusando il centrodestra di voler «ingannare i cittadini». «Serve garantire il diritto alla casa, non fare condoni», ha scritto Fico sui social, accusando il centrodestra di «disperazione elettorale». Ma mentre tuona contro le sanatorie, il suo passato «amministrativo» ci racconta una storia molto meno lineare: una casa di famiglia (dove è comproprietario con la sorella Gabriella) è stata regolarizzata proprio grazie a una sanatoria chiusa nel 2017, un anno prima di diventare presidente della Camera.
Edmondo Cirielli e Antonio Tajani (Ansa)
L’emendamento alla manovra di Fdi mira a riattivare la regolarizzazione del 2003. Così si metterebbe mano a situazioni rimaste sospese soprattutto in Campania: all’epoca, il governatore dem Bassolino non recepì la legge. E migliaia di famiglie finirono beffate.
Nella giornata di venerdì, la manovra di bilancio 2026 è stata travolta da un’ondata di emendamenti, circa 5.700, con 1.600 presentati dalla stessa maggioranza. Tra le modifiche che hanno attirato maggiore attenzione spicca quella di Fratelli d’Italia per riaprire i termini del condono edilizio del 2003.
I senatori di Fdi Matteo Gelmetti e Domenico Matera hanno proposto di riattivare, non creare ex novo, la sanatoria introdotta durante il governo Berlusconi nel 2003. Obiettivo: sanare situazioni rimaste sospese, in particolare in Campania, dove la Regione, all’epoca guidata da Antonio Bassolino (centrosinistra), decise di non recepire la norma nazionale. Così migliaia di famiglie, pur avendo versato gli oneri, sono rimaste escluse. Fdi chiarisce che si tratta di «una misura di giustizia» per cittadini rimasti intrappolati da errori amministrativi, non di un nuovo condono. L’emendamento è tra i 400 «segnalati», quindi con buone probabilità di essere discusso in commissione Bilancio.
Friedrich Merz (Ansa)
Con l’ok di Ursula, il governo tedesco approva un massiccio intervento sul settore elettrico che prevede una tariffa industriale bloccata a 50 euro al Megawattora per tre anni, a partire dal prossimo gennaio. Antonio Gozzi (Federacciai): «Si spiazza la concorrenza».
Ci risiamo. La Germania decide di giocare da sola e sussidia la propria industria energivora, mettendo in difficoltà gli altri Paesi dell’Unione. Sempre pronta a invocare l’unità di intenti quando le fa comodo, ora Berlino fa da sé e fissa un prezzo politico dell’elettricità, distorcendo la concorrenza e mettendo in difficoltà i partner che non possono permettersi sussidi. Avvantaggiata sarà l’industria energivora tedesca (acciaio, chimica, vetro, automobile).
Il governo tedesco ha approvato giovedì sera un massiccio intervento sul mercato elettrico che prevede un prezzo industriale fissato a 50 euro a Megawattora per tre anni, a partire dal prossimo gennaio, accompagnato da un nuovo programma di centrali «a capacità controllabile», cioè centrali a gas mascherate da neutralità tecnologica, da realizzare entro il 2031. Il sistema convivrebbe con l’attuale attuale meccanismo di compensazione dei prezzi dell’energia, già in vigore, come ha confermato il ministro delle finanze Lars Klingbeil. La misura dovrebbe costare attorno ai 10 miliardi di euro, anche se il governo parla di 3-5 miliardi finanziati dal Fondo per il clima e la trasformazione. Vi sono già proteste da parte delle piccole e medie imprese tedesche, che non godranno del vantaggio.
A 80 anni dall’Olocausto, Gerusalemme ha un ruolo chiave nella modernizzazione della Bundeswehr. «Ne siamo orgogliosi», dicono i funzionari di Bibi al «Telegraph». Stanziati da Merz quasi 3 miliardi.
Se buona parte della modernizzazione della Bundeswehr, le forze armate federali, è ancorata all’industria tedesca, Israele sta svolgendo un ruolo chiave nella fornitura di tecnologia di difesa. «La Germania dipende enormemente dalla tecnologia israeliana, in particolare nei settori della tecnologia dei droni, della ricognizione e della difesa aerea», riferisce Roderich Kiesewetter, membro della Cdu come il cancelliere Friedrich Merz e capo della delegazione tedesca presso l’Assemblea parlamentare euromediterranea (Apem). Il parlamentare ha aggiunto che il suo Paese «beneficia inoltre notevolmente della cooperazione in materia di intelligence, che ha già impedito molti attacchi terroristici in Germania». Al Telegraph, alti funzionari della difesa israeliani hanno dichiarato di svolgere un ruolo chiave nella nuova politica di riarmo tedesca e di esserne «orgogliosi».





