2025-07-31
Nuovo psicodramma sulla censura. Ma al circo rosso arrivano più soldi
Dal ministero 227.000 euro (1.500 in più dell’anno scorso) al Festival di Santarcangelo, nonostante il programma imbarazzante. Eppure era già partita la litania sul governo assassino della cultura.Se la cantano e se la suonano come Otto e Barnelli. Oltre agli street artists e ai performers che hanno affollato in luglio le piazze di Santarcangelo di Romagna, lo fanno i politici locali e regionali di sinistra che temevano di dover pagare di tasca loro esibizioni al festival della salamella libera. Esplosa come un petardo una settimana fa, la polemica si è spenta ieri quando il ministero della Cultura ha stanziato 227.000 euro per coprire le spese, stesso contributo delle precedenti edizioni, anzi a voler essere pignoli 1.500 euro in più. Un regalo perfino immeritato, in fondo a un programma artistico imbarazzante che ha visto come momento clou la performance dei Moving Borders, cosiddetti specialisti che usano la danza e il movimento «per esplorare l’inclusione di rifugiati e migranti», meglio se transgender.Il contesto è chiaro, lampi di fricchettonismo spinto di quelli che il Pd sommamente adora nella stagione gruppettara e post liceale di Elly Schlein. Sarebbe pure giusto e nobile che a finanziarli fossero le istituzioni a maggioranza dem, da sempre inclini all’off. In questo caso, invece di ringraziare il ministero per la perdurante generosità, sia il presidente regionale Michele de Pascale, sia il sindaco di Santarcangelo Filippo Sacchetti, sia il deputato dem Andrea Gnassi (praticamente tutto il comitato centrale al ragù) hanno cantato vittoria come se avessero salvato il Campanone dal crollo sostenendolo con le mani. Il governatore ha gonfiato il petto: «Una battaglia vinta grazie alla mobilitazione di territori, istituzioni, lavoratrici e lavoratori della cultura. Resta la preoccupazione per il sistema di valutazione opaco, che ha prodotto punteggi incomprensibili e rischia di compromettere il futuro di tante realtà culturali». Il sindaco ha esultato: «Il governo ha fatto marcia indietro». Il deputato ha indossato i panni del martire di turno: «Continueremo a lottare contro la censura». Insomma, il consueto teatrino (in questo caso all’aperto) da Armageddon, con il mondo salvato dagli eroi nazarenici mentre sta arrivando il meteorite nero. Niente di tutto questo. Poiché le erogazioni sono legate a parametri anche qualitativi, il festival (sempre più vuoto di stimoli culturali, sempre più intriso di stucchevole propaganda woke) era stato automaticamente declassato dalla Commissione preposta riguardo al contributo. A confermare il finanziamento è stato il punteggio quantitativo, determinato da un algoritmo, come spiega la deputata di Fdi Beatriz Colombo: «Il festival riceve più fondi nonostante l’evidente crollo della qualità artistica. Si è salvato dai tagli solo per un folle algoritmo voluto dalla sinistra ed elaborato dall’Università Bocconi, che premia certi eventi solo perché grossi, non perché validi. Non siamo di fronte a un errore o a una marcia indietro, ma all’effetto distorto di regole assurde create da chi oggi grida al miracolo. Regole che vanno cambiate». La polemica strumentale somiglia curiosamente a quella imbastita a Firenze per il Teatro della Pergola, declassato per via dei parametri di produttività, degli standard non raggiunti e degli obblighi statutari non rispettati, ma comunque finanziato con 1,8 milioni. Quello di gridare allo scandalo anche in presenza di dati oggettivi (in molti casi decisi dai Franceschini boys quando per un decennio hanno occupato manu militari il ministero della Cultura) è diventato il motivetto dell’estate a sinistra di Paperino.Nel caso del festival di Santarcangelo, a tutto ciò si aggiunge un vittimismo prepotente, con la pretesa di far finanziare allo Stato eventi di pura propaganda che poco hanno a che fare con l’identità culturale (alta o bassa che sia) di un Paese, di una regione, di una città. Da notare un’ulteriore aggravante ideologica che ha come vittime i contribuenti romagnoli. Quando è trapelata la notizia che il festival non rientrasse nei parametri per un finanziamento pieno, pur in assenza di ufficialità la Regione Emilia Romagna è corsa a produrre ben due emendamenti - prima firma la consigliera piddina Alice Parma - per recuperare dai fondi di bilancio 360.000 euro totali, necessari a rabbonire l’intero festival; organizzatori, performers, street artists, piadinari e danzatori intenti a esplorare l’inclusione. È la stessa Regione che non più tardi di tre mesi fa, piangendo miseria davanti alle casse vuote, aveva deciso aumenti feroci sui servizi sanitari ai cittadini. Ha sottolineato la capogruppo regionale di Fdi, Marta Evangelisti: «Prima l’allarme, poi lo stanziamento, infine la solita bandierina secondo copione. Quando vuole, la sinistra i soldi li trova. In un periodo di forti tagli ora ci chiediamo come la Regione intende utilizzare quei fondi. Farà un passo indietro per destinare le risorse a Sanità e Sociale o si esibirà nell’ennesima distribuzione a pioggia alle solite realtà già mille volte finanziate?». La sensazione è che la domanda sia retorica.
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Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)