2025-06-07
Esiste una via valorosa per opporsi al declino della civiltà occidentale
Francesco Borgonovo (Imagoeconomica). Nel riquadro, la copertina del libro «Aretè. La decadenza e il coraggio»
In un’epoca in cui la decadenza avanza a colpi di wokismo e politicamente corretto, solo gli spiriti liberi hanno il coraggio di difendere ciò che il nemico chiama «vecchio mondo».«Il deserto cresce», diceva Nietzsche. Un detto che è diventato un cliché, e che è inascoltabile come «Dio è morto», se vengono estrapolati dal loro contesto. Se Dio è morto, è perché «lo abbiamo ucciso tutti», aggiungeva Zarathustra. «Guai a chi protegge il deserto», ammoniva. Il deserto è, ovviamente, il disastro ecologico e migratorio, le guerre arcaiche, il terrorismo, il traffico di droga, il multiculturalismo, le ridefinizioni sessuali abusive, il revisionismo storico, l’antisemitismo, il rifiuto della nostra eredità giudaicocristiana e, per noi europei in particolare, il rifiuto di essere noi stessi. Tutto sta accadendo come se la tradizione, che è uno dei nomi del futuro, fosse ormai fuori dal campo della coscienza storica. Spengler e Heidegger dopo Nietzsche, Bernanos dopo Bloy e Péguy, Orwell dopo Chesterton, René Girard e Jean Baudrillard insieme a Hannah Arendt, George Steiner e Allan Bloom, hanno visto tutto questo molto tempo fa: la «crisi della cultura» è diventata la modalità di esistenza di una «modernità» che continua a esaurirsi nell’era postmoderna - un segno di desertificazione intellettuale e spirituale da cui forse non ci riprenderemo mai. Il mondo è diventato essenzialmente ansiogeno, nonostante gli sforzi della Tecnica per mantenerlo alla distanza degli schermi, secondo un processo di inversione generale che fa sì che il vero sia ormai, per dirla con Debord, solo un momento del falso. Quella che Francesco Borgonovo propone in Aretè non è una semplice risposta estetica al deserto crescente; la letteratura, il cinema e la riflessione non sono il rifugio delle anime belle ferite da un mondo che ha sostituito la cultura con il «culturale», cioè con i sottoprodotti della cultura e dello spettacolo, e che ha reso impossibile l’«uomo onesto» dell’età classica, così come la gerarchia dei valori e la libertà di pensiero che essa implica. Gli autori qui trattati hanno fatto tutti più o meno la stessa osservazione, in epoche diverse ma segnate dallo stesso stigma del declino e della decadenza. Le loro opere sono l’unica risposta possibile alla desertificazione interiore, ai simulacri, alla menzogna diffusa e a tutto ciò che è stato teorizzato con i nomi di società dei consumi (Baudrillard), società dello spettacolo (Debord), società liquida (Bauman), società della trasparenza (Byung-Chul Han, spesso citato da Borgonovo). L’aretè non è quindi un ritiro virtuoso ispirato all’antichità. Il libro di Borgonovo è sottotitolato «la decadenza e il coraggio», ovvero una constatazione e anche ciò che uno spirito libero rischia se ha il coraggio di testimoniare contro quello che un tempo era l’ordine borghese e il pensiero dominante e che oggi vede il trionfo della sinistra culturale, del politicamente corretto, del wokismo e di tutto ciò che intende regolare non solo il contenuto delle opere ma anche il pensiero e la morale confiscando le narrazioni della tradizione. La decadenza è arrivata, soprattutto in Francia, uno dei Paesi più colpiti dal rifiuto di sé, e da molto più tempo di quanto crediamo; quanto al coraggio, Solzhenitsyn ne ha mostrato il declino molto tempo fa in un discorso tenuto ad Harvard. Ora che il peggio è arrivato, non ci resta che testimoniare, in altre parole, scrivere e leggere, ancora e ancora, forse persino a dispetto della nostra stanchezza. Il commento è una forma di resistenza e di coraggio. Coraggio di essere un europeo e non un mondialista decerebrato da Netflix e Disneyland. Coraggio di essere un contemporaneo di Omero, Leopardi e Houellebecq. Coraggio di pensare con la propria testa e non secondo le parole d’ordine del wokismo che ha dirottato il pensiero di Foucault, Derrida e Deleuze. Quello che il nemico chiama il «vecchio mondo», o il vecchio maschio bianco eterosessuale cristiano, non è la vecchiaia del mondo, ma la giovinezza che certe opere ci donano, anche nel deserto. Siamo contemporanei del senza tempo come del futuro; sappiamo ascoltare la morte del Grande Pan come quella di Gesù Cristo sulla croce. Ci nutriamo delle grandi singolarità che Borgonovo evoca: Baudelaire, Rimbaud, Huysmans, D. H. Lawrence, Drieu La Rochelle e F. S. Fitzgerald, il suo doppio americano, Miller e Mishima, Jünger e Lampedusa, Carl Schmitt e Mario Praz, T. S. Eliot e Cristina Campo, e molti altri, tra cui Francesco d’Assisi e i registi Luchino Visconti e Lars von Trier, e anche l’autrice di Histoire d’O, che ho conosciuto come una sorridente signora anziana, segretaria della prestigiosa «Nouvelle Revue Française». L’apocalisse è quotidiana: disastro e rivelazione. Viviamo in una terra devastata, la terra guasta di Perceval, la terra desolata di Eliot, tra simulacri e parodie, rifiutando i diktat igienisti e psicologici, il servilismo della grande «positività» proclamata dagli angeli caduti e dagli ubriaconi, dagli scagnozzi di Satana e dalle figure di Lovecraft che balbettano le loro parole d’ordine in lingue danneggiate dal capitalismo globalizzato e dalle sue realtà sostitutive. Siamo in un viaggio di rifiuto del mondo così come ci viene venduto, in cui i cavalieri della fede di Kierkegaard si confrontano con i re lebbrosi e con quei grandi solitari che sono i veri scrittori. Cioran diceva che, nella nostra solitudine, l’unica cosa che ci resta da fare è diventare gli eroi della nostra santità: è una variante ironica e giusta dell’aretè, di cui è testimone il libro di Borgonovo, dove vediamo anche un libro «in buona fede», come diceva Montaigne del suo.
Donna, ingegnere aerospaziale dell'Esa e disabile. La tedesca Michaela Benthaus, 33 anni, prenderà parte ad una missione suborbitale sul razzo New Shepard di Blue Origin. Paraplegica dal 2018 in seguito ad un incidente in mountain bike, non ha rinunciato ai suoi obiettivi, nonostante le difficoltà della sua nuova condizione. Intervistata a Bruxelles, ha raccontato la sua esperienza con un discorso motivazionale: «Non abbandonate mai i vostri sogni, ma prendetevi il giusto tempo per realizzarli».
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