
Mancano professori, i presidi devono adeguare al Covid le scuole e sistemare gli studenti in aule troppo piccole, ma il ministro pensa a postazioni «più moderne e colorate». Dietro di lei, la task force del Miur che aspira a un'educazione «illiberamente partecipativa».Mentre il mondo della scuola cerca disperatamente di scongiurare una riapertura a settembre nel caos, senza docenti e numero di aule a sufficienza, il ministro dell'Istruzione insiste nel dare indicazioni che aumentano le incertezze. Ieri in Senato, durante l'audizione in commissione Cultura, Lucia Azzolina è tornata sul tema a lei caro dei banchi che vuole «più dinamici, in un'ottica di innovazione costante e della costruzione di ambienti didattici più moderni». Il ministro li immagina colorati, singoli e adattabili, per recuperare spazio e consentire di rispettare il metro di distanza dagli allievi, ma i presidi hanno ben altre preoccupazioni per la testa che spendere soldi in nuove postazioni, ciascuna delle quali costa almeno 300 euro. Devono adeguare gli edifici scolastici alle normative sulla sicurezza, controllare con il metro le misure delle aule, pensare a dove mettere gli studenti che non riescono a sistemare, sanno che i bagni dovranno essere lavati a ogni utilizzo quindi ci vorranno altri bidelli e già questa organizzazione toglie loro il sonno. Poi, anzi ancor prima, c'è la questione irrisolta degli insegnanti che mancano. «Con i fondi possiamo assumere fino a 50.000 persone, tra personale docente e non docente con contratto determinato», sostiene il ministro Azzolina, sventolando i 2,5 miliardi di euro che sarebbero pronti per la scuola. Peccato che per l'anno scolastico 2020-2021 le cattedre vacanti siano 85.150, quindi mancano i soldi per portare in classe altri 40.000 professori (più i 50.000 di sostegno) e non ci sarà il concorso facilitato per i precari previsto per quest'estate. Eppure una soluzione ci sarebbe: «Due nostri sub emendamenti al decreto Rilancio ora alla Camera, fotocopia di emendamenti al decreto Scuola bloccati dalla maggioranza, se approvati consentirebbero a settembre di stabilizzare fino a 100.000 insegnanti per titoli e servizio», sottolineava ieri il senatore Mario Pittoni, responsabile del dipartimento Scuola della Lega. L'Azzolina non dà risponde, è serena: «La scuola non ha mai abbandonato le studentesse e gli studenti». Assicura: «Le attività didattiche riprenderanno in presenza e in sicurezza su tutto il territorio nazionale. Le singole scuole saranno chiamate ad operare nel rispetto di un complesso equilibrio tra sicurezza, benessere socioemotivo di studenti e personale scolastico, qualità dei contesti e dei processi di apprendimento e rispetto dei diritti costituzionali alla salute e all'istruzione». I consueti slogan dell'Azzolina, che non tranquillizzano i genitori in ansia per lezioni ridotte, spacchettamento delle aule, incerti se i figli dovranno utilizzare o meno le mascherine ma ancor più spaventati dall'idea che centinaia di migliaia di alunni siano «a rischio» perché mancano aule. La visione della «nuova scuola» che anima il ministro pentastellato e modula il suo linguaggio, sembra attingere termini e suggestioni dalla task force che ha messo in piedi al Miur. Basta rileggersi l'intervista di poche settimane fa sulle tecnologie emergenti, rilasciata da Cristina Pozzi, amministratore delegato e cofondatore di Impactscool, per avere un'idea di cosa passa per la testa in viale Trastevere. La professionista è anche una degli esperti nominati dall'Azzolina e spiegava che «settembre è alle porte ma la scuola del futuro si può fare già da domani». Precisava: «Il nostro goal è fornire un metodo attraverso cui dare modo a ragazzi tra i 14 e i 24 anni e insegnanti di leggere e scrivere il futuro. In due parole il futures literacies», cioè l'alfabetizzazione dei futuri. In quale accidente di modo, era descritto poche righe più sotto: «Puntiamo a introdurre competenze digitali di base ma anche avanzate, dall'intelligenza artificiale alla robotica, dalla realtà virtuale aumentata ai quantum computer, che coniughino tecnologia e scienze umanistiche in progetti interdisciplinari di gruppo. Guidati da competenze di futures literacies, in contesti progettuali, per gruppi di interesse e non solo di età e attraverso un'educazione al group thinking che insegna a discostarsi dall'opinione preponderante nell'ottica di una educazione ad una cittadinanza globale». L'esperta nemmeno prende in considerazione che siamo nel campo delle ipotesi spaziali rispetto alla realtà scolastica italiana, e insiste: «La scuola del futuro è illiberamente partecipativa, aperta e situata a livello locale nel proprio contesto, ma anche in quello planetario. In un termine è “glocal" l'unica forma di globalizzazione che può funzionare». Se questo è il pensiero di un membro della task force voluta dall'Azzolina, si capisce perché il Miur non riesce a fare una semplice cosa: assicurare la ripartenza della scuola a settembre. Unica nota positiva ieri, nel clima di incertezza anche per gli atenei, è stata la notizia che sono aperte le iscrizioni per i bandi di ammissione per il prossimo anno accademico presso i Collegi universitari di merito, residenze che prevedono percorsi formativi d'eccellenza per i migliori studenti universitari.
Dario Fabbri (Ansa)
L’esperto Dario Fabbri: «Se l’Ucraina in futuro cambiasse regime, diventerebbe un cavallo di Troia dei russi. La corruzione? A quelle latitudini è normale. Putin ha ottenuto solo vittorie tattiche, adesso gli serve la caduta di Zelensky».
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 17 novembre con Flaminia Camilletti
Benjamin Netanyahu (Ansa)
Colpi sulle forze Onu in Libano. Gerusalemme: «Abbiamo confuso i soldati per sospetti a causa del maltempo». E l’esercito avverte: «Se necessario operazioni a Gaza».
Ennesimo attacco alle stazioni Unifil in Libano da parte dell’Idf, ennesimo rimpallo di responsabilità. «Le forze israeliane (Idf) hanno aperto il fuoco contro peacekeeper di Unifil da un tank Merkava nei pressi di una postazione allestita da Israele in territorio libanese» ha denunciato Unifil ieri mattina, precisando che «i colpi sono arrivati a circa cinque metri dai peacekeeper, che erano a piedi» e sono stati costretti a mettersi al riparo. «I caschi blu hanno chiesto alle Idf di cessare il fuoco tramite i canali di collegamento di Unifil. Sono riusciti ad allontanarsi in sicurezza circa trenta minuti dopo, quando il carro armato Merkava si è ritirato all'interno della postazione delle Idf. Fortunatamente nessuno è rimasto ferito». Poco dopo l’Idf si è difeso chiarendo di non aver «sparato deliberatamente» contro le forze di pace delle Nazioni Unite in Libano. Hanno affermato di aver scambiato i soldati per «sospetti» a causa «delle cattive condizioni meteorologiche».
Un volo breve, un dirottatore Naif e un mistero ancora irrisolto. Ecco la storia del terrorista a bordo di Northwest 305.






