2022-05-11
Nuovi vaccini per «dimenticare» Catalent
Piero Di Lorenzo (Imagoeconomica)
Maxi accordo da 34 milioni di euro (con finanziamenti da Mise, Regione Lazio e Bei) a favore della Irbm di Piero Di Lorenzo per studiare sieri e terapie. Ma il piano per rilanciare la nostra farmindustria è già in ritardo. E incalzato dalla concorrenza.Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha autorizzato un accordo con l’azienda farmaceutica Irbm di Pomezia per realizzare un programma di investimenti di 34 milioni di euro. L’obiettivo dichiarato è quello rafforzare la capacità di contrasto al Covid-19 e la diffusione di nuovi coronavirus ampliando la capacità dei laboratori di due società del gruppo guidato da Piero Di Lorenzo, Irbm spa e Advent srl, incrementando la produzione e la sperimentazione di nuovi vaccini e terapie innovative, anche sulla base delle sinergie create dalla collaborazione avviata nel 2020 con Oxford University e AstraZeneca. Il Mise agevola l’investimento con 13 milioni che, viene sottolineato in una nota, «consentirà la creazione di oltre 50 nuovi posti di lavoro». A questi si aggiunge poi un milione messo sul piatto dalla Regione Lazio. Lo scorso 26 aprile, inoltre, anche la Banca europea per gli investimenti (Bei) ha deciso di finanziare con un investimento di 15 milioni l’azienda di Di Lorenzo.Nel comunicato diffuso ieri, Giorgetti aggiunge che «è volontà del governo continuare a sostenere gli investimenti in un settore strategico come il farmaceutico» e in «questa direzione va la scelta compiuta di introdurre, attraverso decreto legge, un nuovo meccanismo di fast track per favorire gli investimenti di imprese nel nostro Paese ed evitare così di perdere rilevanti opportunità a causa dei tempi lunghi della burocrazia». Il passaggio non sembra casuale, considerato l’addio all’Italia di Catalent, la multinazionale che a metà aprile ha deciso di dirottare nel Regno Unito tutto il piano di produzione abbandonando il proprio progetto da 100 milioni di dollari ad Anagni per i ritardi nel rilascio delle autorizzazioni richieste arenato al ministero della Transizione ecologica. Un colpo pesante per la Regione Lazio (per altro arrivato a poche settimane dal riaccendersi dei riflettori sul caso Spallanzani-Sputnik) che ha perso un pezzo dell’hub anti-Covid creato sull’asse Pomezia-Ferentino e ostentato con orgoglio dall’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato (il quale punta sulla gestione della pandemia come biglietto da visita per la sua corsa da candidato Pd alla presidenza dopo Nicola Zingaretti).Ma la scommessa su Pomezia apre anche a riflessioni più ampie, non solo politiche. La prima è che il piano per far fare un salto di qualità alla farmindustria italiana è partito al rallentatore. E con almeno un anno di ritardo. Nell’aprile del 2021, La Verità aveva dedicato una serie di articoli alla fase due della geopolitica dei vaccini. Sottolineando che dopo la sfida giocata con le fiale tra i denti sullo scacchiere degli approvvigionamenti, la battaglia si sarebbe spostata sul campo dei futuri contratti con in palio miliardi di investimenti per produrre le dosi di mantenimento quando il corona sarà diventato endemico. «Si tratterà di farsi trovare pronti, anche con la ricerca, per la seconda generazione di vaccini più avanzati, capaci di proteggere da nuove varianti, e più facili da gestire dal punto di vista logistico e della somministrazione. Le alleanze saranno fondamentali. Soprattutto quelle intercontinentali», avevamo scritto. Notando anche che la concorrenza sarebbe stata durissima, con i tedeschi già forti dell’alleanza tra la BionTech con Pfizer avrebbero puntato a diventare dominanti anche nella produzione post-emergenza, e con i francesi che al secondo giro non si accontenteranno di fare i subfornitori di Berlino. Cosa farà l’Italia che aveva puntato solo sul vaccino italiano Reithera? avevamo chiesto. Dopo più di un anno è arrivata una prima risposta. Certo, meglio tardi che mai. E al netto dei maligni che ricordano il coinvolgimento della Irbm di Di Lorenzo nell’inchiesta sulle donazioni alla Fondazione Open di Matteo Renzi, la società di Pomezia è leader della produzione di vettori virali e a fine novembre ha annunciato una collaborazione con l’azienda farmaceutica Merck per la messa a punto di un nuovo farmaco anti Covid in formulazione aerosol o iniettabile. Irbm continua poi ad avere buone entrature con AstraZeneca che sul suo vaccino non ha più un contratto con l’Europa e che ora si sta focalizzando sullo sviluppo di un anticorpo monoclonale per la prevenzione dei pazienti che non riescono a sviluppare anticorpi dopo le prime dosi del vaccino. La stessa società anglosvedese è inoltre la prima azienda privata a trasferirsi al Milano Innovation District, che si trova sull’ex area Expo, e punta al raddoppio dell’occupazione con 200 nuove persone su tutto il territorio nazionale, di cui circa il 40% nella sede milanese. Viene quindi potenziato il polo biotech lombardo che potrebbe fare concorrenza a quello laziale ma anche all’hub anti-pandemie di Siena che vedrà la collaborazione dell’immunologo statunitense Anthony Fauci. Per il nuovo hub, collocato nei laboratori e negli edifici dove già sorge Toscana Life Sciences, sono già stati previsti 360 milioni di euro di finanziamenti fino al 2026, grazie ai fondi del Pnrr.
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».