- L’esplosione di DeepSeek nell’intelligenza artificiale non è un caso. Da Hangzhou a Wuhan, i poli scientifici cinesi scalano le classifiche globali. Huawei batte Google nella corsa ai brevetti: 27.000 contro 3.700 nel 2024.
- La disgrazia del padre, epurato da Mao, ha segnato Xi Jinping. Vive nella convinzione che il Paese sia sempre a un passo dal caos.
- Forte delle affinità già notate da Goethe, la Germania cercava nella Cina un alleato industriale e un mercato. Ha trovato un rivale sistemico, troppo simile per andarci d’accordo.
L’esplosione di DeepSeek nell’intelligenza artificiale non è un caso. Da Hangzhou a Wuhan, i poli scientifici cinesi scalano le classifiche globali. Huawei batte Google nella corsa ai brevetti: 27.000 contro 3.700 nel 2024.La disgrazia del padre, epurato da Mao, ha segnato Xi Jinping. Vive nella convinzione che il Paese sia sempre a un passo dal caos.Forte delle affinità già notate da Goethe, la Germania cercava nella Cina un alleato industriale e un mercato. Ha trovato un rivale sistemico, troppo simile per andarci d’accordo.Lo speciale contiene tre articoli.L’esplosione di DeepSeek e di una miriade di emuli cinesi nel campo dell’Intelligenza artificiale (Ia) ha messo in allarme gli Stati Uniti, che vedono minacciato il primato tecnologico dalla rampante Cina. In effetti, c’è molto di cui preoccuparsi e non solo per ciò che riguarda l’Ia. In Occidente esiste ancora una visione del Dragone come fabbrica di merci a basso costo e di bassa qualità, dai guinzagli per i cani alle cover per i cellulari. In realtà, la Cina ha sviluppato, soprattutto a partire dal 2015 con l’impulso del programma Made in China fortemente voluto da Xi Jinping, una grande capacità di produzione di tecnologia e di servizi collegati. Tutto nasce, ancora una volta, dalla visione di Xi, le cui parole d’ordine sono rinnovamento nazionale, ringiovanimento, sviluppo. Per Xi, lo Stato deve intervenire nell’economia orientando il Paese alla produzione piuttosto che al consumo. Lo sforzo cinese degli ultimi dieci anni in campo scientifico e tecnologico è enorme e i risultati cominciano ad arrivare.Nell’elenco dei 100 principali poli scientifici e tecnologici mondiali del 2024, redatto dalla World intellectual property organization, la Cina è il Paese con il maggior numero di presenze, 26, seguita dagli Stati Uniti con 20. Il polo di Shenzhen-Hong Kong-Guangzhou (dove domina Huawei) è secondo per importanza dietro quello di Tokyo-Yokohama, Pechino è terza, il distretto di Shanghai-Suzhou è quinto. Per dare una idea della potenza cinese, diciamo che la Silicon Valley americana (distretto San Jose-San Francisco, dove ci sono Berkeley e Stanford) è solo sesta, Boston-Cambridge, con il Massachusetts Institute of Technology, è solo ottava. La grande città cinese di Nanchino è nona. La classifica del Wipo si basa sul numero di brevetti presentati e sul numero di articoli scientifici pubblicati, dunque non è necessariamente un indicatore di qualità. Tuttavia, l’indice fornisce segnali utili sull’influenza di questi poli rispetto alle tecnologie. Ad esempio, nel distretto Shenzhen-Hong Kong-Guangzhou fanno la parte del leone i brevetti relativi alle comunicazioni digitali e alle tecnologie per i computer (quasi la metà dei brevetti presentati), similmente a quanto accade nel polo di San Jose-San Francisco, culla della Silicon Valley.La Cina ha visto crescere negli ultimi anni, grazie agli enormi finanziamenti pubblici e ad un capitalismo ibrido, il numero di città sede di importanti poli di sviluppo tecnologico e scientifico. Su questo sviluppo influisce molto il supporto pubblico. Sono i funzionari del partito nelle province e nelle città a decidere in gran parte come allocare i fondi derivanti dall’indebitamento pubblico. Gli obiettivi annuali fissati dal Plenum di Pechino vengono rovesciati a cascata sulle province. La maggior parte di questi capitali ha finanziato investimenti pubblici classici, dalle infrastrutture alle abitazioni, alle fabbriche di acciaio. Ma ci sono anche amministrazioni locali che hanno deciso di puntare su ricerca e tecnologia, privilegiando il sostegno alle università e alle start-up tecnologiche. È il caso di Hangzhou, una città a Sud di Shanghai nella provincia dello Zhejiang, con un numero di abitanti pari a quattro volte quelli di Roma. La città è sede di una fiorente industria tecnologica. Anziché costruire ponti e palazzi, l’amministrazione cittadina di Hangzhou ha creato una serie fondi di investimento che partecipano in fondi privati di venture capital. La città è diventata così un forte polo di attrazione di start-up tecnologiche.Qui è nato uno dei grandi successi cinesi, Alibaba, la Amazon cinese, fondata nel 1999 da Jack Ma, originario della città. Alibaba è diventata una delle più grandi aziende al mondo e una delle più grandi aziende del settore privato in Cina. Il grande successo del colosso dello shopping online ha aiutato Hangzhou a crescere. La città è diventata sede di una rete di aziende molto legate tra loro e i lavoratori del settore che man mano hanno popolato la città sono pagati molto bene. Anche il successo dell’anno nell’intelligenza artificiale, DeepSeek, ha le sue radici a Hangzhou. Aziende come Unitree e Deep Robotics (specializzate in robotica), BrainCo (che si occupa di interfacce cervello-computer), Manucore (tecnologie spaziali) e Game Science (videogiochi) costituiscono assieme a DeepSeek una solida infrastruttura tecnologica tutta Made in China di livello mondiale. Vi è poi la città di Wuhan, nota per essere stata l’origine dell’epidemia di coronavirus. A Wuhan e dintorni vi è una quarantina di università, la seconda più grande concentrazione dopo Pechino, e la comunità scientifica produce migliaia di articoli all’anno. La città, a volte definita la Chicago cinese, ha un importante passato legato all’industria pesante e ha ricoperto un ruolo strategico nei trasporti interni cinesi. Con gli investimenti del primo piano quinquennale (1953–1957), furono costruiti altiforni, acciaierie, impianti chimici e meccanici. Wuhan diventò il quarto centro industriale del paese dopo Shanghai, Pechino e Tianjin, subendo poi la crisi derivante dal fallimento del «grande balzo in avanti». Con il nuovo secolo e poi con l’arrivo di Xi al potere, Wuhan ha cambiato strada e ha iniziato a favorire la nascita di centri universitari e di ricerca, ridando lustro anche ad accademie più anziane come la rinomata Huazhong University of science and technology. A Wuhan esiste ora una Optics Valley, dove centinaia di aziende lavorano su tecnologie 5G, intelligenza artificiale, Internet of things (Iot), tecnologie avanzate.A Wuhan ha sede l’azienda statale Yangtze memory technologies Corp. (Ymtc), fondata nel 2016 e oggi leader nella produzione di chip di memoria flash 3D Nand. Gli exploit di Ymtc hanno portato gli Stati Uniti a sanzionare l’azienda nel 2022, vietando alle aziende statunitensi di esportare tecnologie e componenti avanzati a Ymtc, accusata di violare le sanzioni contro Huawei, fornendo chip alla compagnia già sanzionata dagli Usa.Vi è poi Hefei, nell’entroterra di Shanghai e capoluogo della provincia di Anhui, una regione tradizionalmente povera. Si tratta del polo tecnologico in più rapida crescita al mondo. L’amministrazione di questa città ha salvato Nio, produttore di veicoli elettrici, quando era sull’orlo del fallimento nel 2020, e questo ha reso Hefei un centro per l’industria automobilistica nazionale: lo scorso anno nella città sono stati prodotti 1,4 milioni di veicoli elettrici, circa il 10% del totale nazionale.Questi sono gli esempi di come la Cina stia procedendo verso l’obiettivo di diventare una superpotenza tecnologica e scientifica. Tante e buone università, grandi aziende ben finanziate, governi locali focalizzati su sostegno economico e snellimento burocratico. Sono molte le città cinesi che stanno percorrendo questa strada. Il mondo non è più lo stesso: Huawei nel 2024 ha presentato a Shenzhen 26.949 brevetti. Nello stesso anno, in California, Google ne ha presentati 3.732.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/nuova-mappa-potere-high-tech-2673771824.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="funzionario-invisibile-poi-leader-senza-eredi-xi-per-loccidente-e-ancora-un-enigma" data-post-id="2673771824" data-published-at="1753698740" data-use-pagination="False"> Funzionario invisibile, poi leader senza eredi. Xi per l’Occidente è ancora un enigma Agli occhi dell’Occidente, Xi Jinping appare come un enigma. Un leader silenzioso, impenetrabile, che sfugge alle categorie della politica come viene intesa alle nostre longitudini. Ogni sua assenza scatena congetture: colpo di Stato, malattia, collasso, crisi interna? Come ha scritto India Today, il ciclo di speculazioni occidentali sul destino di Xi si ripete come un rituale, ma raramente si rivela fondato. Eccolo infatti riapparire, immutato, pochi giorni fa, come nulla fosse, per ricevere Usrula von der Leyen in visita a Pechino. Non è solo una questione di opacità: Xi incarna una Cina che non si lascia leggere e che impone la propria grammatica.Questa ambiguità è un riflesso della complessa storia personale del leader cinese. Figlio di Xi Zhongxun, rivoluzionario e riformista, Xi Jinping trascorre la sua infanzia tra i figli dell’élite del Partito comunista cinese, i «principini rossi», con tutti i privilegi collegati al ruolo del genitore, sodale di Mao Zedong, pezzo grosso del partito e poi ministro della Propaganda. Quando però il padre viene epurato da Mao per aver autorizzato un romanzo considerato non ortodosso, la famiglia precipita nel disonore: la madre è costretta a denunciare il marito, una sorella si suicida per gli abusi delle guardie rosse e Xi a 13 anni viene spedito in campagna, a zappare e a vivere in una grotta per essere rieducato. La rivoluzione culturale travolge l’ordinata vita di Xi, che impara sulla propria pelle la regola d’oro del potere cinese: non si vince con le idee, si sopravvive con la disciplina. Xi è il prodotto di una distorta educazione collettiva, una pedagogia del dolore dove la mortificazione è un esame di ammissione al Partito. Dopo sette tentativi, riesce a entrare nel Partito comunista. Studia ingegneria chimica, ma la sua vera laurea è in resistenza. Scala i governi provinciali con levità, come un funzionario invisibile: Fujian, Zhejiang, Shanghai. Non lascia grandi tracce, ma costruisce discrete alleanze politiche. Nel 2008 diventa vicepresidente della Repubblica, nel 2012 segretario generale del Partito comunista e a 60 anni, nel 2013, presidente della Repubblica, cariche che detiene da allora.Comincia lì la sua rivoluzione silenziosa. Xi non è Mao, non è Deng Xiaoping. È un uomo che ha visto il padre cadere rovinosamente e che ha deciso di non voler ripetere la caduta. Per questo ha abolito i limiti di mandato, epurato i rivali, centralizzato il potere. Non c’è nessun possibile successore accreditato, oggi, attorno a Xi. Nei primi anni di governo di Xi vi sarebbero state oltre 430.000 epurazioni a tutti i livelli del partito, dei governi locali, dell’esercito. Egli ha creato un culto della personalità che non si basa sul carisma, ma sul paternalismo. «Xi dada» viene chiamato dalla propaganda, cioè «papà Xi». L’idea è quella di mostrare una figura benevola ma autorevole, a dispetto del potere assoluto che pratica. È sua l’invenzione del concetto di «auto-rivoluzione»: una purificazione continua del partito per evitare le degenerazioni che hanno distrutto le dinastie del passato.Come osserva Joseph Torigian su Foreign Affairs, il leader cinese ha ereditato non solo il sogno comunista del padre, che era uno che ci credeva davvero, ma anche il terrore che tutto possa dissolversi. Governa con la convinzione che la Cina sia costantemente a un passo dal caos. E per evitarlo, ha scelto la via più rigida: controllo totale, ideologia come armatura, sorveglianza come religione.Da qualche tempo anche le commissioni create dal presidente cinese (la Commissione centrale per l’approfondimento completo delle riforme, la Commissione centrale per gli affari finanziari ed economici e la Commissione finanziaria centrale) si riuniscono sempre meno. Xi stesso presiede questi organismi, creati per fornire un veicolo formale per l’esercizio della propria autorità su un numero enorme di questioni. Al punto che ci si riferisce a Xi come al «presidente di tutto». Ora il presidente di tutto sembra avere meno bisogno di queste formalità e governa con mano salda e attentissima. Il suo Sogno Cinese è un misto di nazionalismo, modernizzazione e controllo, che punta ad una Cina prospera e influente, refrattaria al consumo fine a sé stesso e dedita alla produzione. Il suo approccio ha un costo umano alto: la repressione a Hong Kong, le politiche nello Xinjiang rispetto alla minoranza uigura, il Tibet, le tensioni con Taiwan, il soffocamento dell’opposizione interna. La Cina di Xi è un Paese potente che non tollera il dissenso, con media e Internet sotto stretta sorveglianza. Le vicende personali del «presidente di tutto» ne hanno forgiato le curvature politiche: controllo e stabilità sono il suo mantra. Equilibrio difficile, in un Paese così enorme e popoloso, dove il potere si afferra solo per poi vederlo scorrere via come sabbia tra le dita. In questo sta il paradosso di Xi Jinping: un uomo che ha conquistato tutto e che non può permettersi di perdere niente. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/nuova-mappa-potere-high-tech-2673771824.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="berlino-in-cina-ha-preso-un-abbaglio" data-post-id="2673771824" data-published-at="1753698740" data-use-pagination="False"> Berlino in Cina ha preso un abbaglio La Germania, pragmatica e industriosa, da tempo ha visto nella Cina un riflesso di sé. Fu Johann Wolfgang von Goethe il primo a subire una fascinazione spirituale: «Quando leggo opere cinesi, trovo in esse uno spirito simile al nostro, e mi sento come a casa. Il popolo pensa, agisce e sente quasi come facciamo noi; tu presto sentirai che sei uno di loro», disse il poeta tedesco nel 1827. Un’affinità che, oltre un secolo dopo, si sarebbe tradotta in una convergenza economica.Già nel 1885, le aziende chimiche tedesche Bayer e Basf iniziarono a vendere coloranti e fertilizzanti in Cina. Nel 1897 la flotta imperiale occupò Jiaozhou: un gesto coloniale che portò al protettorato di Qingdao, durato fino al 1914. Nel 1936, Bayer aprì in Cina uno stabilimento per fabbricare l’aspirina. Nel 1953, Mao Zedong autorizzò un enorme ordine di fertilizzanti e coloranti a Basf. Le relazioni diplomatiche tra la Repubblica Federale di Germania e la Repubblica Popolare Cinese sono state stabilite nel 1972. Nel 1983, Cina e Germania firmarono un accordo bilaterale sugli investimenti (Bit). Negli anni Novanta, le prime joint venture con Sinopec. La Germania non esportava solo beni, ma anche metodo, disciplina, ingegneria.Nel 1984, Volkswagen firmò con Saic la prima joint venture automobilistica, a Shanghai. Nel 1991, replicò con Faw. La Cina divenne il secondo cuore produttivo del gruppo: un cuore che ora batte per conto proprio. Oggi, i produttori cinesi di auto invadono il mondo e il comparto tedesco arranca. Per decenni, Berlino e Pechino hanno vissuto in simbiosi: la Germania esportava auto, macchinari, chimica, farmaci; la Cina ricambiava con componenti, tessili, tecnologia a basso costo. Ora vi sono oltre 5.000 aziende tedesche in Cina, che danno lavoro a circa 800.000 cinesi. Ma il modello si è incrinato. Il partner si è fatto troppo simile, troppo competitivo, troppo forte. Dal 2016 al 2023, la Cina è stata il primo partner commerciale della Germania, con scambi per 253 miliardi di euro. Un abbraccio che ora stringe troppo. Il deficit commerciale tedesco nei confronti della Cina sta crescendo.Nel 2023, Berlino ha pubblicato la China-Strategie: un documento che definisce Pechino come «rivale sistemico» e invita a ridurre la dipendenza strategica, soprattutto nei settori sensibili come semiconduttori e farmaceutica. Il capitalismo tedesco ha cercato in Cina il suo doppio, e lo ha trovato, ma ora quel doppio inquieta. Entrambe le economie sono orientate all’export, entrambe privilegiano il risparmio sulla domanda interna, entrambe godono di valute sottovalutate, entrambe generano squilibri macroeconomici.La Germania ha cercato nella Cina un alleato industriale e un mercato, ma ha trovato un concorrente sistemico. Il tentativo tedesco di cooptare la Cina nelle proprie catene del valore come subfornitore e prestatore di mano d’opera sta fallendo. Le somiglianze, anziché rassicurare, oggi fanno paura, perché il doppio, quando si emancipa, non è più uno specchio: è un avversario.
Donald Trump (Getty Images)
- Ultimatum di Trump: «Tre-quattro giorni per dire di sì, poi sarà l’inferno». Doha: i miliziani intendono studiare l’accordo, però servono dei chiarimenti. Per fonti palestinesi, è probabile il niet dei jihadisti.
- Si distendono i toni sul futuro della Striscia tra Washington e gli Stati islamici, tra cui Arabia, Giordania, Emirati ed Egitto. Al-Sisi: «Inizia una nuova era per il Medio Oriente».
Lo speciale contiene due articoli.
2025-10-01
Caccia, Fiocchi: «Il divieto impatterà su 60mila cacciatori in Lombardia. La Ue faccia scelte giuste»
True
(Totaleu)
Lo ha detto l'eurodeputato di Fratelli d'Italia Pietro Fiocchi, a margine dell'evento al Parlamento europeo «Cacciatori e pescatori contro il divieto di piombo in Europa: i pericoli dietro l'ideologia».
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)
Gli studenti del Corano tolgono Internet al Paese e ghettizzano le donne. Ma per il governo non è un problema visto che vuole rispedire indietro chi temeva la loro vendetta. Così però si sdoganano gli estremisti islamici.
J.K. Rowling e Beatrice Venezi (Ansa)
- Emma Watson attacca ancora la creatrice di Harry Potter colpevole di avere posizioni contro woke e transgender.
- Per Enrico Stinchelli le accuse di incompetenza alla Venezi sono un pretesto per attaccarla.