2020-11-04
Nove minuti di furia omicida. L’Isis rivendica l’attacco. «In azione un nostro soldato»
(Thomas Kronsteiner/Getty Images)
Non è stato un commando, ma un solo jihadista a compiere il massacro di Vienna. Aperto il fuoco tra i tavoli dei locali: uccisi due anziani, un agente e una cameriera.Al momento nessun segnale specifico di allarme nel nostro Paese, ma allerta massima su tutto il territorio. Riunione d'urgenza al Viminale, intensificati i controlli ai confini settentrionali. Resta il nodo Lampedusa.Lo speciale contiene due articoli.Con il fucile ancora fumante e il terrorista freddato a terra, il centro cittadino di Vienna si è trasformato in una «zona rossa».Dove non è riuscito il Covid, che per la propaganda jihadista altro non è che «un soldato di Allah», è arrivata la mano del combattente: tra i tavolini del centro occupati dagli ultimi coraggiosi che sfidavano il pre lockdown ci è passato con il suo fucile automatico Fejzulai Kujtim, viennese con doppia cittadinanza austriaca e macedone (in quanto figlio di albanesi immigrati in Austria dalla Macedonia del Nord), precedenti penali e nel curriculum anche storie di terrorismo. Ha ucciso quattro persone (due anziani, un poliziotto e una cameriera) e ne ha ferite 22. Sette di loro sono in gravi condizioni in ospedali. L'Isis in serata ha rivendicato l'attentato. A riferirlo è stata la direttrice del Site, Rita Katz. In una dichiarazione sui propri mezzi di propaganda, l'Isis avrebbe affermato che «Abu Dujana al Albani (forse il nome di battaglia dell'attentatore, ndr)» ha effettuato l'attacco con pistole e coltelli come soldato del Califfato». Parole difficili da equivocare e che rendono la situazione ancora più preoccupante di quanto si sospettasse.Passamontagna nero e tuta bianca, Kujtim si è trasformato nella nera mietitrice falciando vittime in sei punti diversi del centro urbano, un'area che la stampa tedesca ha definito «il Triangolo delle Bermude», cominciando alle 20 in punto davanti a Stadttempel, la principale sinagoga (in quel momento chiusa, teatro 40 anni fa di un attentato con due morti), e ripreso in almeno 20.000 video amatoriali, molti dei quali finiti sul web, nonostante gli inviti della polizia a tenerli riservanti perché utili alle indagini. Il primo uomo è entrato nel mirino davanti a un negozio. Ha cercato di abbassarsi, ma è stato colpito ed è finito al suolo. Per un attimo l'attentatore è sfuggito all'inquadratura. Poi è tornato indietro e, ricomparso nell'obiettivo, si è riavvicinato all'uomo a terra e gli ha sparato ancora. In un altro video ci sono quattro uomini fermi con le mani in alto, in atteggiamento di resa. Al momento non si sa chi di loro si sia salvato e chi, invece, è finito in ospedale. Gli altri filmati riprendono passanti in fuga o riparati dietro alle pensiline dei bus per schivare i colpi.«Sembravano petardi, poi ci siamo resi conto che erano colpi d'arma da fuoco», ha spiegato un testimone alla tv di Stato, la Orf. Il panico ha cominciato a dilagare. Ai clienti dei bar e dei ristoranti è stato chiesto di restare all'interno, a luci spente, mentre all'esterno le sirene delle ambulanze e delle auto della polizia si alternavano ai colpi di fucile. Elicotteri si sono alzati in volo e sono stati istituiti posti di blocco militari alle uscite della città e alla fine delle strade principali.Per un attimo le strade del centro di Vienna sembravano essersi trasformate in un campo di battaglia. La strategia del terrore jiahdista sembra aver funzionato, anche per il valore simbolico che la città austriaca porta con sé sin dal 1863, anno in cui l'impero ottomano tentò l'espansione in Europa (che ebbe il suo momento più alto con l'assedio di Vienna). Dopo una serie di minacce alle autorità (attribuite all'estrema destra) con delle lettere bomba e dopo gli attentati bombaroli contro le chiese, quello dell'altra sera è il primo vero colpo terroristico ispirato con molta probabilità dalla milizia dello Stato islamico. Il rabbino della comunità ebraica viennese, Schlomo Hofmeister, è stato testimone oculare di uno dei momenti dell'attacco terroristico e ha seguito la scena dalla finestra del suo appartamento. Afferma di aver visto «uno o più autori» che hanno preso di mira «in particolare» le persone «nei giardini di un ristorante». Dalle autorità, infatti, nessuno ha finora confermato che l'obiettivo principale dell'attacco fosse il luogo di culto ebraico. I tavoli erano pieni, complice il tempo mite. «Sono stati sparati almeno cento colpi», ha raccontato il rabbino. La polizia austriaca ha inizialmente detto che il commando era composto almeno da quattro uomini. Per molte ore più di 250 agenti delle forze speciali hanno dato la caccia agli altri terroristi, setacciando ogni angolo dell'area delimitata. «Almeno un sospetto è in fuga», aveva detto nel pomeriggio il ministro degli Interni austriaco Karl Nehammer. Poi, però, le autorità hanno ridimensionato l'azione, sostenendo che probabilmente Kujtim si sia mosso da solo. La situazione, insomma, è ancora poco chiara perfino alle autorità austriache. E anche sulla stampa locale le notizie si rincorrono. Ma le conferme sono poche. In Svizzera, comunque, due giovani (18 e 24 anni), sono stati individuati e arrestati a Winterthur, città dell'area metropolitana di Zurigo, perché sospettati di aver avuto un ruolo nell'organizzazione dell'attentato. In totale i fermi temporanei di polizia sono 14 e sono stati disposti dopo 18 perquisizioni domiciliari effettuate dalle forze di polizia. L'unico caduto tra gli jihadisti è Kujtim (che nella borsa ben visibile nei video aveva anche una pistola e un machete. Inoltre indossava anche una finta cintura esplosiva), accerchiato davanti alla chiesa di San Ruprecht da sette agenti di polizia pochi minuti dopo la prima vittima innocente finita sotto i colpi del suo fucile. «Nove minuti dal primo scontro a fuoco», rivendica Nehammer. Ma per gli austriaci di certo non è un motivo valido per cantar vittoria.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/nove-minuti-di-furia-omicida-lisis-rivendica-lattacco-in-azione-un-nostro-soldato-2648609471.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="l-italia-e-circondata-dal-pericolo-frontiere-chiuse-ma-solo-a-nord" data-post-id="2648609471" data-published-at="1604433807" data-use-pagination="False"> L'Italia è circondata dal pericolo. Frontiere chiuse, ma solo a Nord Dopo la Francia, pure l'Austria. L'Italia è ormai circondata dal terrore causato dal fanatismo islamico. Così ieri il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese ha riunito d'urgenza il comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica decidendo di intensificare i controlli alle frontiere e di disporre pure dell'Esercito. Ed è proprio in base a quanto deciso dalla riunione del Comitato di analisi strategica antiterrorismo che si è fatta una ricognizione di tutte le attività di prevenzione e un aggiornamento degli obiettivi sensibili. Nessun segnale specifico di allarme ma massima allerta su tutto il territorio nazionale. L'attentato a Vienna e la questione del nesso tra irregolari e terrorismo, ha dato la sponda a Luigi Di Maio per tornare a chiedere con insistenza di «alzare l'attenzione sui flussi migratori illegali come sta giustamente facendo il Viminale». Questo perché «rappresentano un rischio, serve realismo. Sono stato il primo a parlare di un problema nel merito e questo problema va risolto. Se un Paese non ha le risorse per poter assistere», ha sottolineato ancora il titolare della Farnesina, «allora non può accogliere, altrimenti l'esito è un'esasperazione dell'emarginazione sociale. Stiamo male noi e stanno male loro». Ma l'ex leader grillino ha pensato bene di cogliere l'occasione per criticare la controparte di governo. La dichiarazione di elogio contiene infatti una forte critica: «Difendere i propri confini è il dovere di ogni Stato, oltre che un diritto». Quindi avverte che i terroristi «avrebbero potuto colpire anche noi». Coglie in pieno la contraddizione la numero uno di Fratelli d'Italia. Giorgia Meloni irride il ministro degli Esteri, contestando l'idea che possa rappresentare «l'ala destra» dell'esecutivo: «Mentre Di Maio invoca la necessità di controllare i confini, il suo partito e il governo del quale fa parte», attacca la Meloni, «fanno di tutto per spalancare le porte dell'Italia all'immigrazione clandestina di massa. Di Maio prova a giocarsi la carta di rappresentare l'ala destra di questo esecutivo ma riesce malissimo nella sua impresa, perché non parla mai del principale problema che abbiamo davanti: combattere il proselitismo islamista in Europa, che crea il terreno fertile del fondamentalismo e nel quale cresce e prospera il terrorismo». Matteo Salvini, si scaglia invece direttamente contro il suo successore al Viminale: «Gli italiani non vogliono parole ma fatti. Da sabato a oggi (ieri, ndr), sono sbarcati in Italia più di 1.550 immigrati. Di che controlli parla il Viminale? Scriveremo a Chi l'ha Visto?», conclude, «per avere notizie della Lamorgese». Sul tema Lampedusa, il leader del Carroccio parla sapendo di infilare il dito nella piaga. Le dichiarazioni giallorosse di ieri mirano a blindare il Paese a Nord e di metterlo in sicurezza da una ipotetica rotta balcanica (al momento la rete dell'attentatore ucciso a Vienna porta verso la Germania), ma resta tutta da verificare la possibilità di portare a un livello superiore la collaborazione con la Tunisia. Da questo Paese arrivano ormai più della metà degli sbarchi e la vicenda del killer di Nizza, Brahim Aouissaoui, dimostra la facilità di spostamento dal Magreb fino al cuore dell'Europa. Il ministro Lamorgese durante la riunione del Comitato avrebbe tenuto a precisare la necessità di mettere a punto un piano operativo da condividere con la Tunisia. «Per quanto concerne i controlli imposti da imprescindibili esigenze di sicurezza nazionale sui migranti irregolari che sbarcano in Italia», ha sottolineato il ministero, «è stato appunto valutato il piano per intensificare la collaborazione tra i due Paesi, che dovrà ora essere concordato tra il governo italiano e quello tunisino. Già domani su questo tema si muoverà anche il Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. I membri hanno indetto una riunione per raccogliere informazioni sui transiti via Lampedusa e su sviluppi della rete di appoggio italiana dell'attentatore di Nizza. Tra l'altro a pesare sulle discussioni di queste ore c'è un letterale exploit di sbarchi. Non solo da un punto di vista numerico, come ha denunciato Salvini, ma anche dell'utilizzo di imbarcazioni più capienti. La «macchina» dei trasferimenti ha lavorato per l'intera giornata senza sosta per riuscire ad imbarcare sulla nave quarantena Allegra 500 persone, tanti quanti sono i posti disponibili sulla nave che è giunta vuota a Lampedusa. Appena lunedì sera aveva sbarcato, infatti, a Porto Empedocle gli ultimi 76 tunisini che avevano ultimato la sorveglianza sanitaria anti-Covid. L'altra novità degli ultimi due giorni è rappresentata dal fatto non sono stati soccorsi piccoli barchini, così come è accaduto per tutta l'estate, ma delle vere e proprie «carrette» di 10 metri con un numero consistente di persone a bordo. Un paio di imbarcazioni sono riuscite ad arrivare direttamente sulla terraferma: a Cala Pisana, nei pressi dell'isola dei Conigli, direttamente a molo Madonnina e a Linosa. Senza contare il susseguirsi di allarmi per avvistamenti in mare aperto o segnalazioni fatte anche da Alarm Phone. Una bomba politica che il governo farà fatica a ignorare.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)