2020-12-21
«Non si combatte così l’evasione»
Carlo Alberto Carnevale Maffè
L'esperto della Bocconi Carlo Alberto Carnevale Maffè,: il Progetto cashback è un disastro tecnologico e organizzativoCarlo Alberto Carnevale Maffè, docente di strategia alla Scuola di direzione aziendale dell'università Bocconi, secondo lei nel Programma cashback lo Stato «ha mostrato buona volontà ma scarsa capacità di esecuzione». Quali sono gli aspetti critici? «Due aspetti non funzionano: uno economico e l'altro di natura tecnologica». Troppi soldi?«Il Programma alloca risorse molto ingenti per uno scopo condivisibile nei fini, ovvero favorire modalità di pagamento più moderne, ma molto discutibile nei mezzi». Per quali motivi?«Questo modello di trasferimenti, come tutti i bonus estemporanei e scollegati dal reddito, è regressivo: statisticamente, premia le classi medio-alte della popolazione italiana. Per quanto riguarda i commercianti, non incentiva a sufficienza l'adozione dei mezzi di pagamento elettronici, almeno per quelli che sono i target di elusione fiscale e mancata compliance dell'Iva che l'Unione Europea ci ha chiesto». Sugli obblighi tributari, come sarebbe più giusto intervenire? «Con una corretta applicazione della legge e con la logica di mercato, non con gli incentivi economici discrezionali. Si combatte con una pistola di carta chi andrebbe tirato giù con il cannone del diritto. Per favorire l'adozione dei pagamenti digitali, la filiera andrebbe analizzata sin dall'inizio e non soltanto alla cassa». Che cosa intende? «Il prezzo del contante andrebbe riequilibrato rispetto a quello della moneta elettronica. Oggi il contante è uno strumento di pagamento sussidiato. Il sistema bancario, di fatto, quasi lo regala, quando dovrebbe farlo pagare il prezzo che ha: qualche miliardo, in termini di costi diretti e indiretti. Questi costi non vengono esposti correttamente agli utilizzatori». È contrario all'uso del contante? «Assolutamente no, è uno strumento di libertà e flessibilità. Eppure, sono convinto che il contante debba essere usato “cum grano salis". Care banche, smettete di sussidiarlo e fatelo pagare il giusto, c'è un costo industriale che va esposto, altrimenti genera un eccesso di esternalità negative. La gente ha la percezione che il contante sia gratis e che le carte di credito costino, ma non è così: il costo delle transazioni con moneta elettronica è inferiore a quello complessivo del ciclo del contante».Lei ha definito il Programma cashback «un disastro tecnologico e organizzativo». Perché?«Come nel caso dei clickday, un disastro by design: si è creata una inutile concentrazione di traffico, tale da rendere inefficiente il dimensionamento delle infrastrutture informatiche. Se incentivi milioni di persone a fare la stessa cosa nello stesso istante, premiandoli con dei soldi, che cosa ti puoi aspettare? Che milioni di cittadini, nello stesso istante, chiedano i soldi».Prima il bonus 600 euro, poi quello mobilità. Ora il cashback. Al governo hanno il vizietto del clickday, non trova?«A questo punto la diagnosi è semplice: manifesta incapacità di intendere e di volere. Non c'è altra spiegazione. Non so più come definire dei pubblici ufficiali che non imparano nemmeno dalla reiterazione degli errori».L'app Io non le piace? «Non tanto l'architettura tecnologica di Io, che è eccellente, ma l'uso strumentale che ne fa il governo. Lo Stato dovrebbe limitarsi a fare back-end, deve essere il motore che consente ai diversi soggetti abilitati la possibilità di fornire servizi, e non certo imporre il monopolio su un singolo front-end».E invece? «E invece passa il messaggio che tutto debba passare da Io: “Fatevi tutti da parte, parliamo solo noi con ogni singolo cittadino". Questa è una violazione del principio di sussidiarietà, è una implicita delegittimazione dei corpi intermedi. Un principio grillino, eversivo dal mio punto di vista».Un modello Rousseau su larga scala? «Non c'è niente tra lo Stato onnipotente e il cittadino, che vale uno come tutti gli altri. Chi ha progettato Io, da un punto di vista ingegneristico, ha fatto una scelta corretta, basata su interoperabilità e architettura aperta: nel cashback, per esempio, ci sono altre applicazioni di fintech che fanno egregiamente il mestiere. Quel che non va è il progetto politico, l'uso di una tecnologia giusta per un fine sbagliato: la disintermediazione delle relazioni tra Stato e cittadini».Diversi esperti di privacy hanno evidenziato alcune criticità dell'applicazione anche sul fronte della protezione dei dati. «Il prezzo di riserva degli italiani, rispetto ai loro dati personali, è al massimo 150 euro. Per quella cifra darebbero anche le misure dell'intimo della nonna. Mi sono battuto per l'uso del tracciamento digitale per il Covid. Sono stato oggetto di insulti e aggressioni: nonostante avessi in mente un sistema del tutto anonimo, la gente pensava che volessi rubare i dati. Ora, di fronte allo specchietto per le allodole di pochi euro di sconto, si comunicano allo Stato i dati bancari delle parentele fino al quarto grado. L'amara lezione è che la privacy degli italiani è teoricamente intoccabile, ma di fatto viene messa in vendita, e neanche al migliore offerente».
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)