
I gestori contrari alla legge che intende incentivare l’elettrico e il carburante bio. Minacciano scioperi e chiusure «nel corso delle prossime elezioni regionali».«La riforma è slittata in attesa di nuovi approfondimenti». Il Consiglio dei ministri rinvia il ddl sulla riorganizzazione della rete dei benzinai. Il comunicato di palazzo Chigi è stringato ma la tempistica degli avvenimenti del pomeriggio suggerisce che probabilmente deve aver influito l’alzata di scudi dei sindacati di categoria. Mentre era in corso la riunione di governo, la Faib Confesercenti, la Fegica e la Figisc-Anisa hanno diramato una nota congiunta nella quale minacciavano la chiusura di tutti gli impianti, stradali e autostradali e manifestazioni sul territorio, anche «nel corso della prossima campagna elettorale per le regionali», qualora il provvedimento fosse stato varato così come era nella bozza circolata questi giorni. La riforma, prevede nel testo ora sospeso, l’introduzione obbligatoria nelle stazioni di servizio delle colonnine di ricarica per le auto elettriche e distributori di biocarburanti. Al tempo stesso farebbe «pulizia» nelle rete colpendo le illegalità (fiscali o strutturali) che si verificano attualmente in diverse stazioni di servizio. Si andrebbe verso una razionalizzazione profonda del settore, con l’introduzione di nuove regole e requisiti per il rilascio delle autorizzazioni alla distribuzione che sarebbero subordinati anche alle verifiche sull’antimafia. I benzinai nel nostro Paese sono oltre 22.600 come indica Faib Confesercenti, l’associazione di categoria dei benzinai, seguita dalla Germania (circa 14.500 mila). La riorganizzazione permetterebbe di scovare quelle stazioni di servizio che attualmente operano nell’illegalità, stimate tra le 4.000 e le 5.000 in totale secondo Unem, Unione Energie per la Mobilità. Quelle non conformi alle nuove regole, infatti, potrebbero essere costrette a chiudere in seguito ai controlli.Per l’ammodernamento degli impianti, il provvedimento prevedeva fino a 47 milioni l’anno tra il 2025 e il 2027 per complessivi 140 milioni stanziati con un Fondo presso il ministero dell’Ambiente. Nel dettaglio, il contributo pubblico sarebbe fino a 60.000 euro per impianti di ricarica elettrica per coprire fino al 50% delle spese sostenute nella riconversione delle stazioni di servizio e ulteriori 10.000 se con le colonnine verrebbe installato almeno un distributore di biocarburanti liquidi o gassosi. Il testo ora in approfondimento, prevedeva che dal 1 gennaio 2025 non si sarebbero potute rilasciare autorizzazioni per impianti privi della distribuzione di almeno un altro combustibile alternativo ai fossili. La decadenza comporterebbe l’obbligo di smantellamento delle attrezzature e l’accertamento dell’eventuale inquinamento ai fini della bonifica ambientale del sottosuolo.Ai gestori che non proseguiranno il rapporto, sarebbe riconosciuto un indennizzo non superiore a 20.000 euro. Il decreto ha scatenato l’ostilità dei benzinai. «È una riforma incauta, la peggiore da quando sono cominciati i rifornimenti in questo Paese, una violenza alla realtà» hanno tuonato in coro i sindacati di categoria, accusando il governo di voler «premiare le compagnie petrolifere» che sottolineano, «hanno chiuso i bilanci con utili mostruosi anche a scapito dei margini dei gestori». Altra accusa è di «precarizzare i contratti che saranno applicati a discrezione delle compagnie, di durata quinquennale con la possibilità di disdetta con 90 giorni di preavviso».Il nostro Paese detiene un parco auto con oltre 40 milioni di autovetture circolanti, ma il loro numero per punto vendita, pari a poco meno di 1.800, è più basso della maggior parte dei Paesi europei.Secondo alcune stime, la riorganizzazione della rete, con l’introduzione della distribuzione dei biocarburanti e delle colonnine, metterebbe in discussione almeno 8 mila stazioni di rifornimento.
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.
Matteo Bassetti (Imagoeconomica)
L’infettivologo Matteo Bassetti «premiato» dal governo che lui aveva contestato dopo la cancellazione delle multe ai non vaccinati. Presiederà un gruppo che gestirà i bandi sui finanziamenti alla ricerca, supportando il ministro Anna Maria Bernini. Sarà aperto al confronto?
L’avversione per chi non si vaccinava contro il Covid ha dato i suoi frutti. L’infettivologo Matteo Bassetti è stato nominato presidente del nuovo gruppo di lavoro istituito presso il ministero dell’Università e della Ricerca, con la funzione di offrire un supporto nella «individuazione ed elaborazione di procedure di gestione e valutazione dei bandi pubblici di ricerca competitivi».





