2020-10-14
«No a un Nagorno Karabakh autonomo sotto la guida dell'Azerbaijan»
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Il parere di Gerard J. Libaridian, già professore all'Università del Michigan, storico armeno, rispetto all'idea di rendere la regione in conflitto come l'Alto Adige. Dal 1991 al 1997 è stato consigliere dell'ex presidente dell'Armenia Levon Ter-Petrosyan. «L'Italia ha mai bombardato gli altoatesini e le loro infrastrutture quando è stato deciso che sarebbero entrati a far parte dell'Italia?»Ho letto con molto interesse l'intervento di Mario Raffaelli su Firstonline («la soluzione Alto Adige è l'unica praticabile per spegnere questo conflitto congelato e scongelato a intermittenza» ndr) relativa ad alcuni aspetti della storia della mediazione per la soluzione del conflitto del Nagorno Karabakh, al suo ruolo in quella mediazione e alla sua proposta su come risolverlo.In qualità di storico della regione e diplomatico che all'epoca partecipava ai negoziati per conto dell'Armenia, mi sento in dovere di apportare alcune rettifiche e offrire delle riflessioni, in modo da non lasciare i vostri lettori con la percezione sbagliata di ciò che è realmente accaduto e qual è la posta in gioco. La ricostruzione della storia del conflitto offerta da Mario Raffaelli, anche se sommaria, si basa su molte inesattezze. L'esempio più eloquente è la confusione delle date: innanzittutto si sostiene che i massicci pogrom ai danni degli armeni nella città di Sumgait vicino a Baku siano stati compiuti a causa delle violenze commesse in precedenza dagli armeni nei confronti degli abitanti dei villaggio azero di Khojalu/Khojali in Karabakh. Così si attribuisce la responsabilità per la brutalizzazione del conflitto alla parte armena. Il fatto è che i pogrom realizzati dagli azeri a Sumgait si sono verificati alla fine di settembre del 1988, mentre le violenze contro gli azeri a Khojalu sono avvenute esattamente quattro anni dopo, nel gennaio 1992. Non è quindi possibile ricondurre gli eventi di Sumgait a quelli di Khojalu.A questo proposito è anche importante notare che qualunque cosa sia accaduta a Khojalu essa non può essere descritta come uccisione di tutti gli azeri nel villaggio. Nel 1988 Khojalu contava circa 6.000 abitanti. Perfino il bilancio delle vittime del Governo azerbaijano, di per sé esagerato, stabilisce che il numero delle vittime sia stato 1.000. Altre stime indicano un numero leggermente superiore a 100. Non mi è chiaro cosa ci si guadagni essendo "più azerbaijano degli azerbaijani". Il signor Raffaelli si assume la responsabilità primaria per tre risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu del 1993 (erano quattro, non tre). Sono davvero convinto che sono l'Azerbaijan e la Turchia le parti principali che possono rivendicare la responsabilità per quelle risoluzioni.Ma ciò che è ancora più importante è che ho l'impressione che il signor Raffaelli si stia prendendo i meriti dei lodevoli sforzi fatti all'epoca dall'Italia per porre fine ai combattimenti; tali affermazioni sono fuori luogo.La prima riunione della mediazione Osce guidata dall'Italia si è tenuta il 1 giugno 1992 a Villa Madama, a Roma. Io ero membro della delegazione armena. All'inizio del 1993 ero alla guida della delegazione dell'Armenia e ho quindi partecipato attivamente al processo. Vi posso assicurare che non ho mai visto il signor Raffaelli dopo quel primo incontro. Egli era stato rimosso del tutto dalla delegazione italiana a causa di gravi accuse di corruzione. Nel luglio 1993 è stato emesso un provvedimento nei suoi confronti nell'ambito di un'importante inchiesta di Tangentopoli. Ho continuato a essere strettamente coinvolto nei negoziati fino a quando ho lasciato il governo nel settembre 1997 e da allora seguo da vicino gli eventi. Il Signor Raffaelli non è mai ricomparso sulla scena della mediazione. Gli sforzi dell'Italia sono stati poi guidati dal suo vicario, ambasciatore Mario Sica, un diplomatico molto in gamba che merita di essere ricordato in questo contesto perché rende onore all'Italia.Nella sua intervista il signor Raffaelli dice di aver visitato Baku molto tempo dopo essere stato rimosso dalla presidenza del Gruppo di Minsk per tenere una conferenza presso la scuola diplomatica azera, un'impresa inutile in sé e di per sé. Tuttavia, visite come quella di Raffaelli non sono mai viste dal Governo azero come semplici attività accademiche. L'Azerbaijan è noto per i suoi tentativi, a volte riusciti, di corrompere politici e dignitari stranieri, in cambio al sostegno futuro alle posizioni dell'Azerbaijan.La soluzione al conflitto proposta dal signor Raffaelli costituisce un forte sostegno alla posizione azerbaijana: un Karabakh autonomo sotto la giurisdizione azebaijana. Questa è la posizione dell'Azerbaijan. E questa è la posizione contro la quale si è ribellato il popolo armeno in Karabakh. Una soluzione come quella sarebbe stata possibile, semmai, nei primi giorni del conflitto. Prima che l'Azerbaijan bombardasse quelle persone che considerava i suoi cittadini con gli attacchi aerei e con i missili, una politica che sta nuovamente attuando oggi. L'Italia ha mai bombardato gli altoatesini e le loro infrastrutture quando è stato deciso che sarebbero entrati a far parte dell'Italia? Il Canada ha bombardato il Quebec? La Gran Bretagna ha bombardato l'Irlanda del Nord? La Spagna ha bombardato la popolazione civile, le scuole, le chiese, i ospedali e le farmacie della Catalogna? Gli armeni di Armenia e di tutto il mondo che hanno subito il Genocidio dovrebbero sedersi e guardare come le donne, i bambini e gli uomini vengono deportati o addirittura massacrati? È questo il significato del principio dell'integrità territoriale?Perché è accettabile per l'Azerbaijan interpretare il principio dell'integrità territoriale come una carta bianca per bombardare la popolazione civile fino alla sottomissione? È perché gli armeni sono esseri umani in misura inferiore rispetto ai sudtirolesi, ai quebecchesi, agli irlandesi o ai baschi? Perché il signor Raffaelli, il governo azebaijiano e altri sostengono il principio dell'integrità territoriale indipendente da altri tre principi dell'Onu e dell'Osce: quelle della risoluzione pacifica dei conflitti e dell'autodeterminazione dei popoli e, soprattutto, dal principio che tutti questi principi devono essere considerati come interdipendenti e non isolatamente gli uni dagli altri non isolatamente gli uni dagli altri» Non so quale problema stia cercando di risolvere il signor Raffaelli; ma so bene che non ha contribuito alla comprensione e alla possibile risoluzione
Il valico di Rafah (Getty Images)
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