2023-08-04
Nel golpe in Niger non c’è lo zampino russo
Fonti autorevoli smentiscono le tesi sull’influenza di Putin: il colpo di Stato sarebbe nato da faide tra i vertici del Paese, divisi sulla vicinanza alla Francia. E Mosca ne approfitta per avanzare in Africa, sempre più estranea dal controllo transalpino.Non si sblocca la situazione in Niger, tanto che la riunione tra i militari golpisti e la delegazione della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas-Cedeao), non ha prodotto nessun risultato. Anzi, il generale Abdourahamane Tchiani, ex capo delle guardie presidenziali e nuovo uomo forte del Niger, avrebbe ribadito la sua indisponibilità a lasciare il potere anche a fronte dell’ultimatum (che scadrà domani) che «non esclude l’uso della forza» , se il presidente Mohamed Bazoum non verrà reinsediato. I segnali che arrivano non inducono all’ottimismo, visto che il Dipartimento di Stato americano ha ordinato la partenza del personale non essenziale dell’ambasciata degli Stati Uniti a Niamey, capitale del Niger. Intanto, dopo quella italiana si sono concluse anche le operazioni di evacuazione dal Niger di cittadini francesi, europei ed extra-europei avviata dal governo di Parigi dopo il colpo di Stato: è quanto annunciato dai ministeri francesi dell’Esercito e degli Esteri. A ormai dieci giorni dal golpe si stanno chiarendo una serie di circostanze che hanno portato la situazione a questo punto. Innanzitutto, come nasce il golpe, e perché? I militari golpisti sono passati all’atto di forza spinti da motivazioni interne, seppur influenzati anche dall’estero. Interne perché Mahamadou Issoufou, ex presidente nigerino tra il 2011 e il 2021 e in precedenza primo ministro dall’aprile 1993 al settembre 1994 e poi presidente dell’Assemblea nazionale dal 1995 al 1996, è sempre stato molto presente sulla scena politica e il suo è stato un protagonismo a dir poco ingombrante, anche perché molto vicino alla Francia. Il suo successore, Mohamed Bazoum, da tutti ritenuto uomo colto e capace di gestire la carica presidenziale nel tempo, si è emancipato dall’influenza e dai suggerimenti di Issoufou. Come ci confermano fonti autorevoli rientrate in Europa in queste ore dal Niger, Bazoum ha aperto molto il settore energetico delle risorse del Paese anche ad attori molto forti e potenti (Cina, Turchia, Arabia Saudita) e ha stretto importanti rapporti con paesi come la Nigeria, il Benin (per l’oleodotto costruito dai cinesi per portare il petrolio sul porto di Cotonou) e con l’India. Ma ha anche spinto per assumere, gioco forza, il ruolo di uomo di riferimento della regione del Sahel per essere il mediatore o il risolutore di alcune situazioni di crisi. Cosa che ha fatto dopo il colpo di Stato in Burkina Faso, quando anche sostenuto dalla Francia (molti i suoi viaggi a Parigi) fece approvare in seno all’Ecowas le dure sanzioni da applicare, inclusa la possibilità di azione militare, in caso di ulteriori colpi di Stato. Bazoum è intervenuto in vari fronti regionali, compreso quello della sicurezza, e il suo attivismo piano piano ha infastidito più volte Parigi, che ha iniziato a guardare al ministro degli Esteri, Hassoumi Massaoudou, conosciuto per essere un fedelissimo di Parigi oltre che un aspirante alla presidenza, come suo successore. Non è certo un segreto che negli ultimi mesi fosse iniziata una campagna orchestrata da Mahamadou Issoufou, che mirava a screditare Bazoum e il culmine della stessa avrebbe visto, se il golpe fosse riuscito per davvero, Massaoudou al posto di Mohamed Bazoum, tutto questo con il placet di Parigi, che non può certo rassegnarsi di perdere anche il Niger dopo Mali e Burkina Faso. Ma allora che ruolo hanno avuto il Cremlino e il Gruppo Wagner? Lo scorso 2 agosto, il portavoce del Consiglio nazionale di Sicurezza della Casa Bianca John Kirby ha affermato: «Non vi è alcuna indicazione che la Russia sia dietro il colpo di Stato in Niger o che in qualche modo l’abbia sostenuto» e la circostanza è confermata da più fonti di intelligence estere attive nel Paese, che non confermano nemmeno il presunto ruolo del Wagner Group nel golpe. È vero che nelle ore successive al golpe ci sono state manifestazioni dove sono state sventolate le bandiere russe, ma tutto questo non è altro che parte di questa campagna preparatoria del «Movimento M62», composto da soggetti non politici ma molto vicini alla Russia, che compaiono nelle manifestazioni di piazza. Nessuno nega che la Russia provi in tutti i modi ad aumentare con ogni mezzo la sua presenza in Africa (vedi Mali e Bukina Faso), ma stavolta il Niger potrebbe «essergli stato servito su un piatto d’argento» e il Cremlino sa molto bene come sedersi al tavolo, specie se chi fa gli inviti è pieno di risorse naturali. E lo stesso fa il Wagner Group.E quindi chi è stato a organizzare il golpe se non sono stati i russi ? Secondo la nostra fonte, Abdourahmane Tchiani, nuovo uomo forte del Niger ed ex Comandante della guardia presidenziale, esterna alle Forze di difesa e sicurezza, di cui si paventava l’imminente sostituzione dopo 12 anni con un parente del presidente, ha approfittato della situazione principalmente per ragioni personali giustificandole con ragioni di Stato, quale l’incapacità di governare e gestire la sicurezza dei nigerini. Un dato falso quest’ultimo, dato che nel 2023 gli incidenti e i morti in Niger sono calati moltissimo grazie all’azione delle forze armate che ora, insieme al resto del Paese, hanno solo da perdere. Dopo la sospensione della Costituzione, la comunità internazionale ha sospeso tutti i progetti di cooperazione e le attività addestrative, ma soprattutto c’è stato l’irrigidimento della comunità internazionale, che ha poi portato all’applicazione di sanzioni economiche durissime mai applicate ad un paese africano. Ma è davvero possibile l’intervento armato? Secondo la nostra fonte «È ipotizzabile ma difficilmente realizzabile, a meno di un’azione contemporanea puntuale e di successo che possa allo stesso tempo liberare Bazoum, agli arresti nella sua residenza, ed eliminare i membri della giunta golpista e il suo capo. Un’azione di terra minacciata con forze Cedea che entrano nel paese per gestire l’ordine non si può certo escludere, tuttavia si troverebbe il popolo davanti a fronteggiarla e non avrebbe più consenso internazionale». Ora, i membri del Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria che ha rimosso Bazoum sono gli unici ad avere le chiavi per uscire da questa crisi. Ma nessuno si illuda, perché Parigi non ha nessuna intenzione di lasciare il Niger ai golpisti, anche perché se ciò avvenisse il prossimo a cadere sarà sicuramente il Ciad, che Parigi protegge e sostiene al 100%. E intanto, proprio da Oltralpe arriva la denuncia: il gruppo France Médias Monde ha dato notizia dell’interruzione della diffusione dei programmi di Radio France Internationale (Rfi) e di France 24 in Niger, una «decisione presa al di fuori di ogni cornice convenzionale e legale», accusa il gruppo.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?
Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)