2021-02-26
Niente chiusure senza piano d’immunizzazioni
Se Roberto Speranza pretende di blindare il Paese, allora Mr Bce indichi tempi e tappe delle somministrazioni.A proposito di Roberto Speranza, i telecronisti di calcio più esagitati e ululanti potrebbero a buon diritto gridare: «Ancora lui! Sempre lui! Proprio lui!». Non c'è più dubbio, da questo punto di vista, sulla scelta infelice compiuta (o avallata, o forse subìta) da Mario Draghi confermandolo: tenendosi Speranza, era altissima la probabilità di tenersi pure il suo approccio ultrachiusurista, la sua propensione anti impresa, un'inclinazione nettamente statalista e dirigista, come se lo Stato fosse proprietario di vite, persone, aziende. Con tanti saluti alla libertà, e con saluti ancora più definitivi alla possibilità di un'effettiva discontinuità rispetto alla disgraziata stagione di Giuseppe Conte.L'altro ieri in Parlamento il ministro della Salute non solo non ha offerto dati sufficienti e convincenti a supporto della dilatazione nel tempo di chiusure e restrizioni, ma si è abbandonato a una sorta di pensiero magico, o se vogliamo a un paternalismo scelto come assoluta bussola politica, per cui si chiude non in relazione a ciò che sta accadendo, ma in relazione a ciò che potrebbe accadere. Con la conseguenza di far capire che, in presenza di ogni variante, di ogni potenziale rischio, di ogni eventualità ipoteticamente negativa, il lockdown strisciante potrebbe essere ulteriormente protratto. Un incubo, oltre che un disastro economico. Tuttavia, proviamo a prendere sul serio lo Speranza-pensiero, e ad adottare l'ottica del ministro: il titolare della Salute ci ha fatto capire - questo si desume dal tenore dei suoi discorsi al Senato e alla Camera - che non intende riaprire fino a quando la campagna vaccinale non avrà dispiegato consistenti effetti. Come detto, non condividiamo, perché ragionevolezza imporrebbe una strategia combinata (vaccini, cure domiciliari, precauzioni) che potrebbe ben conciliarsi con cauti protocolli di riapertura, ovviamente nel rispetto delle distanze. Ma, superando per un momento le nostre poderose perplessità, entriamo nella logica di Speranza: senza vaccini, non si apre niente. E allora però si impone una conseguenza ineludibile per un ministro serio: tirare fuori subito un cronoprogramma della campagna vaccinale, un percorso di scadenze certe e verificabili, una serie di tappe con numeri messi nero su bianco, obiettivi da centrare, impegni vincolanti solennemente assunti dal governo davanti alle Camere e al Paese, e l'indicazione dei mezzi e dei tempi con cui compiere l'intero percorso. E invece? E invece Speranza ha fatto slalom tra i luoghi comuni più vieti («siamo all'ultimo miglio», «vediamo la luce in fondo al tunnel»), ha fatto intendere che occorre creare le condizioni per una fase diversa (come se fosse compito di altri e non suo), ha retoricamente fatto appello all'unità nazionale («Mi rivolgo a tutte le forze politiche: il buon esito della campagna vaccinale è obiettivo di tutto il Paese e non di una parte di esso. Il nostro è una grande paese in grado di vaccinare migliaia e migliaia di cittadini al giorno»), ma non ha lasciato agli atti uno straccio di data, di calendario, di tempificazione. Qua e là, generici riferimento al fatto che i ritardi verranno superati: ma i cittadini avrebbero diritto di sapere come e quando. Da questo punto di vista, è l'ora che Mario Draghi parli direttamente, e lo faccia con la sua viva voce, assumendosi senza intermediari la responsabilità di un messaggio di verità agli italiani su tutti questi punti. Vuole blindare l'Italia per mesi? Vuole caratterizzare il suo governo come una mera prosecuzione del Conte bis? Vuole anche lui rimanere nel vago e nell'indeterminato rispetto a temi, numeri e forme della campagna vaccinale? La lunga esperienza in Italia e all'estero di Mario Draghi fa escludere di poter pensare che un uomo così autorevole ed esperto, protagonista di battaglie difficilissime e con avversari tutt'altro che banali, possa sottovalutare la sfida che abbiamo (e che ha) davanti. Sarebbe un'illusione pensare di essere giudicato solo sul Recovery plan: tutti si aspettano che il suo piano sarà migliore di quello del governo precedente, e tutti danno per scontato che questo accadrà, in un modo o nell'altro. Ma la prima e decisiva sfida è quella sui vaccini: da qui non si scappa. E sarebbe un errore esiziale tacere, delegare ad altri, lasciare che Speranza e la sua mentalità statalista e anti impresa siano la mente e il volto del governo su questo dossier. Purtroppo sta già accadendo.
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.