2022-09-05
«Il centrodestra si riprenda l’agenda etica»
Il teologo Nicola Bux invita la coalizione a esprimere posizioni più ferme contro il pensiero unico senza temere per i voti: «I credenti dovrebbero dare un’anima ai loro partiti, il dibattito è dettato dalla sinistra».Il liturgista don Nicola Bux non si tira indietro, quando gli chiediamo di commentare questa campagna elettorale di fine estate, applicando le categorie di un teologo cattolico.Ha l’impressione che, sui temi etici, il centrodestra sia troppo timido?«Innanzitutto, cos’è il centro e cos’è la destra e la sinistra?».Giorgio Gaber confessava qualche difficoltà a stabilirlo...«E non lo sanno nemmeno i politici o, come Carlo Calenda, strumentalmente se lo chiedono ma non sanno dare la risposta. Forse non lo sa più nemmeno Nanni Moretti, che chiedeva alla sinistra di “dire qualcosa di sinistra”». Ce lo spiega lei?«Al centro c’è la Verità, ossia la virtù, che per un cristiano è Cristo. Destra e sinistra indicano due “eresie”, letteralmente “scelte estremizzate della Verità”, che sappiamo cosa hanno prodotto nella storia. I politici italiani che vi fanno riferimento rimediano allo squilibrio premettendo la parola “centro”. Ma ora destra e sinistra indicano altro».Ovvero?«La mancanza di cultura porta a usare questi termini come slogan e rende incapaci di dare risposte razionali al pensiero dominante. Perciò si è confusi e timidi, cioè incapaci di sostenere i veri prioritari temi etici e non solo, temendo di perdere il consenso». Soluzione?«La politica deve rapportarsi con la vera realtà, cercando di capirne le radici, le cause, riflettendo sui suoi fondamenti: questo è il lavoro culturale che il centrodestra dovrebbe fare, per tradurre in politica, cioè in fatti, le intuizioni. Altrimenti, dopo alcuni mesi di governo, si scioglierà sotto l’attacco interno ed esterno dell’incultura».Addirittura?«Avranno pure fatto un patto pre elettorale, ma si rivelerà emotivo e strumentale. Però, la candidatura di Marcello Pera e di alcuni cattolici non ibridi - secondo una definizione di Ettore Gotti Tedeschi - può far sperare».Le reticenze sui temi etici derivano più da divisioni interne - i conservatori di Fdi non la pensano come i liberali di Forza Italia - o dal timore di apparire come la coalizione che vuole contrarre i diritti civili?«Le reticenze derivano dal complesso d’inferiorità di fronte alla sinistra, che ritiene la ragione, positivista - che percepisce solo ciò che è funzionale - come la sola cultura sufficiente, relegando tutte le altre realtà culturali allo stato di sottoculture. Questo esclusivismo riduce e minaccia l’uomo. Altro che inclusione». È la contraddizione dei progressisti?«Questo positivismo caratterizza vasti ambienti in Europa e costituisce il brodo di coltura della concezione del diritto, al punto che si è giunti a trasformare i capricci in diritti. Così l’Europa, di fronte alle altre culture del mondo, per esempio alla grande cultura slava, diventa impotente al confronto e al dialogo, e non sa usare che armi e sanzioni».Negli Usa, la sentenza della Corte Suprema sull’aborto e le restrizioni introdotte in alcuni Stati hanno permesso ai democratici di recuperare un po’ di terreno, in vista delle elezioni di medio termine. Può essere che la vera battaglia, ormai, sia solo di retroguardia? E cioè che si possa lottare solo per conservare lo status quo ed evitare ulteriori derive legislative?«Il risultato americano è esito di una battaglia di avanguardia, diuturna, di tanti movimenti pro life. I cristiani hanno fatto così per tre secoli, prima di giungere alla libertà costantiniana. Proprio l’America, oggi, dimostra che non bisogna mai ritenere lo status quo irreversibile, anche perché ciò sarebbe in contrasto con gli intenti politici di cambiamento».Dice?«Il diritto naturale non è una dottrina cattolica singolare, al punto che ci si vergogna di menzionarla, ma richiama la verità sull’uomo. E l’uomo cerca la verità, che è come l’acqua del mare: se la fermi da un lato, penetra dall’altro. Così la battaglia si deve fare ovunque e può durare a lungo: la vita è una lotta e non siamo mai tranquilli, perché siamo stranieri in patria, ricordava san Giovanni Paolo II. Non è di retroguardia la battaglia dei cristiani».Fino ai primi anni Duemila, le posizioni conservatrici sui temi etici trovavano la sicura sponda della gerarchia cattolica. Adesso? «Scrive san John Henry Newman che la Chiesa è stata strutturata per occuparsi o immischiarsi nel mondo. I membri di essa non fanno altro che il proprio dovere quando si associano tra loro - fanno partito, costituendo i famosi corpi intermedi - combattono all’esterno lo spirito del male, alle corti dei re o tra le varie moltitudini. E se non possono ottenere di più, possono, almeno, soffrire per la verità e tenerne desto il ricordo, infliggendo agli uomini il compito di perseguitarli. L’esempio preclaro è san Thomas More». Dunque?«Dunque i cattolici dovrebbero tornare a fare partito o a dare anima ai partiti in cui stanno, non appena su un tema specifico, ma per il bene comune; invece di reggere la coda, come i cattolici di sinistra, in formazioni che militano contro la verità dell’uomo. I fedeli o laici cattolici sono Chiesa, la sua grandissima parte, il popolo di Dio che sostiene e spesso anticipa la gerarchia. Tanti laici atei e non cristiani sono preoccupati quando la Chiesa smette di indicare dov’è il bene e il male».Sarebbe giusto aprire cimiteri per i feti abortiti?«Visto che si promuovono quelli per cani e gatti, mi pare che gli esseri umani abbiano ancora qualche diritto, a partire dal concepimento». Un aspetto interessante della sentenza americana sull’aborto è che la Corte Suprema ha ritenuto di dover sottrarre alla competenza dei giudici la facoltà di decidere su questioni eminentemente politiche. Da noi, invece, si è andata affermando la tendenza opposta, cristallizzata in una formula utilizzata dall’ex presidente della Consulta, Marta Cartabia, secondo cui il compito delle corti costituzionali è «dinamizzare» l’ordinamento giuridico. «Non so cosa si intenda per “dinamizzare”. Per il celebre teologo Origene, i cristiani devono resistere a certi ordinamenti giuridici in vigore...».Al contempo, qualcuno obietta: se la politica tace, diventerà inevitabile che a pronunciarsi siano i giudici. Ma se si tratta di arrivare allo scontro finale in Parlamento, è probabile che si perda. Come se ne esce? «La politica deve servire il diritto e quindi la società, soprattutto quando il diritto che si vuol far passare è ingiusto». Come si riconosce ciò che è giusto? «Storicamente, si è deciso ciò che tra gli uomini è giusto quasi sempre sulla base di un riferimento alla Divinità. Così sono nati gli ordinamenti giuridici. Affermare i diritti di Dio può far perdere politicamente e a breve termine, ma non moralmente. La prima e più grande affermazione dei diritti di Dio che i cristiani abbiano fatto sin dall’epoca apostolica è stata il radunarsi “il giorno del Sole”, per la sacra liturgia. E lo Stato riconobbe tale diritto di raduno, e si chiamò “il giorno del Signore”, la domenica».Spesso, nel dibattito, si etichettano i conservatori come coloro che vogliono importare il modello ungherese o polacco, ovviamente tacciato di essere liberticida. Davvero l’unica alternativa possibile è quella tra le democrazie laiciste dell’Occidente e le democrazie illiberali dell’Est Europa? «Diverse nazioni europee, con il nazionalsocialismo e con il comunismo, hanno sperimentato la separazione del potere dal diritto, anzi il porsi del potere contro il diritto, fino a calpestarlo: “Togli il diritto”, scrisse sant’Agostino nel De civitate Dei, “e allora che cosa distingue lo Stato da una grossa banda di briganti?”. Così lo Stato era diventato lo strumento per la distruzione del diritto - una banda di briganti molto ben organizzata, che poteva minacciare il mondo intero e spingerlo sull’orlo del precipizio. Servire il diritto e combattere il dominio dell’ingiustizia è e rimane il compito fondamentale del politico». Cosa significa, concretamente?«Il politico deve avere una coscienza formata per non attaccarsi al potere; perciò occorre la formazione che giunge ad avere a cuore il bene comune, a formarsi il giudizio culturale che ha come riferimento etico i Comandamenti, sintesi della legge morale naturale. Questo è il vero codice etico, la legalità, spesso auspicati dai politici».E Polonia e Ungheria cosa c’entrano?«In Polonia e in Ungheria, dietro la politica, c’è stata e c’è la funzione educativa della Chiesa: non si dimentichino i fatti di Solidarność e di Jósef Mindszenty. Questo compito educativo è stato dismesso dalla Chiesa italiana e ora ne vediamo le conseguenze anche nella politica».In definitiva, è possibile perseguire un modello di società alternativo a quello delle Cirinnà e degli Zan? «Non solo è possibile, ma è indispensabile farlo. Gesù Cristo ha detto che i cristiani sono sale, lievito della terra e luce del mondo. Se non rinunciano a questa funzione, costruiscono ovunque la Chiesa che è segno e strumento dell’unità di tutto il genere umano, come ha detto il Concilio Vaticano II». Il problema, però, è che i politici cristiani devono intercettare il consenso di una società sempre più secolarizzata.«Le cito il discorso di Benedetto XVI al Bundestag, del 22 settembre 2011: “Naturalmente un politico cercherà il successo, senza il quale non potrebbe mai avere la possibilità dell’azione politica effettiva. Ma il successo è subordinato al criterio della giustizia, alla volontà di attuare il diritto e all’intelligenza del diritto. Il successo può essere anche una seduzione e così può aprire la strada alla contraffazione del diritto, alla distruzione della giustizia”. La comunità cristiana è il modello di società alternativo in cui si deve formare e a cui deve attingere il giudizio di chi vuole servire nella politica, intesa come alta forma di carità».
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
Gabriele D'Annunzio (Getty Images)
Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)