2024-02-23
Nell’Ue torna l’inflazione, sale la pressione sui prezzi. E i conti della Bce piangono
Se in Italia aumenta il carovita (+0,8%), in Europa la crisi del Mar Rosso minaccia il terziario. La corsa dei tassi della Lagarde è un boomerang: perdita da 1,26 miliardi.A gennaio l’inflazione in Italia inverte il trend e, dal precedente tasso dello 0,6%, sale allo 0,8 per cento. In base ai dati diffusi dall’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo (Nic), al lordo dei tabacchi, registra infatti un +0,3% su base mensile e di 0,8% su base annua, dal +0,6% nel mese precedente, registrando un «lieve rimbalzo». L’accelerazione su base tendenziale dell’inflazione è dovuta principalmente alla dinamica dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (da +3,7% a +4,2%) e dei beni alimentari non lavorati (da +7% a +7,5%) e all’attenuarsi della flessione dei prezzi dei beni energetici regolamentati (da -41,6% a -20,6%). E in Europa? Il tasso di inflazione annuale dell’area dell’euro si è attestato al 2,8% nel gennaio 2024, in calo rispetto al 2,9% di dicembre. Un anno prima il tasso era dell’8,6%. L’inflazione annuale dell’Unione europea è stata del 3,1% a gennaio 2024, in calo rispetto al 3,4% di dicembre. Un anno prima il tasso era del 10%. Secondo i numeri forniti dall’Eurostat, rispetto a dicembre, l’inflazione annuale è diminuita in 15 Stati membri, è rimasta stabile in uno ed è aumentata in undici. Attenzione, però: nell’Eurozona si attenua la contrazione ma peggiorano le pressioni sui prezzi. Dall’analisi dei dati provvisori dell’indagine Pmi di febbraio, l’attività economica sta indicando il più lento tasso di calo in otto mesi, dovuto a una stabilizzazione della produzione terziaria che sta compensando la maggiore contrazione del manifatturiero. L’inflazione del settore terziario è rimasta elevata rispetto alla media storica, causando a febbraio l’accelerazione dei prezzi di acquisto e di vendita generali fino ai valori più alti da maggio dello scorso anno. Un rialzo alimentato anche dall’impatto dei nuovi fronti di crisi come quello aperto nel Mar Rosso. Vedremo come reagirà Christine Lagarde e se nella riunione di giugno taglierà i tassi interrompendo una coazione a ripetere. Già nei mesi scorsi, va ricordato, la Bce aveva ammesso che si era sbagliata, che ad alimentare la fiammata dei prezzi negli ultimi anni è stata solo in parte la bolletta energetica e che la vera responsabilità era da attribuire ai famigerati colli di bottiglia lungo la filiera dell’offerta, emersi dopo i lockdown. I colli di bottiglia e i rincari delle bollette hanno generato la greedflation, ovvero la cosiddetta avidità di profitti che ha spinto le aziende ad alzare i prezzi finali per mantenere o aumentare i margini. Una sorta di legittima difesa da parte delle imprese, soprattutto grandi, che si tutelano dai rincari che a loro volta subiscono riversando l’aumento dei costi sugli utenti. Una corsa dei prezzi che la Bce non aveva visto, tanto che ha iniziato ad alzare i tassi solamente a luglio del 2022, restando ostaggio di una bolla statistica (fino a quel momento aveva sostenuto che il rialzo dei prezzi era solo un fenomeno transitorio, destinato a rientrare presto). Non solo. La stretta monetaria, avviata dalla Bce nel luglio 2022 per fermare l’impennata dell’inflazione riportandola verso l’obiettivo del 2%, si è rivelata un boomerang. Per la prima volta in 20 anni, il bilancio della Banca centrale europea ha chiuso in rosso. Nel 2023, l’Eurotower ha registrato una perdita di 1,26 miliardi (a fronte di un bilancio in pari nel 2022) che sarà portata a nuovo nello stato patrimoniale a coperta con gli utili futuri. Non avrà luogo alcuna distribuzione di utili alle banche centrali nazionali dei Paesi dell’area dell’euro per il 2023. Nei verbali dell’ultima riunione del 24-25 gennaio si legge, intanto, che «c’è stato un ampio consenso tra i membri» del direttivo «sul fatto che fosse prematuro discutere i tagli dei tassi durante» la riunione. «I dati sull’inflazione complessiva e sottostante sono stati recentemente e costantemente al di sotto dei livelli previsti, suggerendo un processo disinflazionistico più rapido del previsto. Era quindi probabile che a marzo, con le nuove proiezioni, si verificasse una revisione al ribasso dell’inflazione per il 2024», si aggiunge nei verbali. Rimarcando però che «è stato tuttavia sottolineato che le prospettive sull’inflazione restano particolarmente nebulose nel breve periodo».Nel frattempo, dall’altra parte dell’Atlantico, i componenti della Federal reserve «ritengono l’attuale politica monetaria restrittiva» e in grado di continuare a esercitare una «pressione al ribasso sull’attività economica e sull’inflazione». È quanto si legge nei verbali relativi alla riunione del Fomc del 30-31 gennaio, dove si nota anche come alcuni «partecipanti hanno menzionato il rischio che le condizioni finanziarie possano divenire meno restrittive di quanto appropriato» e questo potrebbe spingere la domanda aggregata a causare uno stallo dei progressi sull’inflazione. «Pochi partecipanti hanno messo in evidenza la possibilità che l’attività economica possa sorprendere al rialzo e l’inflazione al ribasso a causa di sviluppi più favorevoli del previsto», proseguono le minute della Fed, nei quali si osserva che i «rischi geopolitici potrebbero risultare in un materiale calo della domanda» e che la crescita più bassa in «alcune economie estere» potrebbe avere delle ricadute negative. La prossima riunione del Fomc è prevista per il 19-20 marzo. La probabilità di una conferma della pausa dei tassi è data praticamente per certa dal mercato, mentre la previsione di un primo taglio dei tassi a maggio è scesa ulteriormente dopo la pubblicazione delle minute.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)