2025-02-24
Nelle trattative Usa-Russia potrebbe entrare anche la Libia
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Durante i colloqui tenutisi a Riad martedì scorso, americani e russi hanno stabilito di voler trattare non soltanto della crisi ucraina ma anche di altri dossier geopolitici. È chiaro che tra questi figurano soprattutto Siria e Iran. Tuttavia, attenzione: non è escludibile che sul tavolo possa finire anche la Libia.Giovedì scorso, Agenzia Nova ha riportato che il figlio del generale Khalifa Haftar, Saddam, ha avuto un incontro a Minsk con il ministro della Difesa bielorusso, Viktor Khrenin: al centro del meeting è stato posto il rafforzamento della cooperazione nel settore militare. La stessa testata ha poi riferito che “l’incontro ha toccato anche il tema dello sviluppo delle basi militari navali nell’Est della Libia, tra cui l’importante infrastruttura militare di Tobruk”. Ora, non sono un mistero i legami assai stretti che intercorrono tra Minsk e Mosca. Così come non è un mistero l’influenza politico-militare che la Russia esercita ormai da anni sulla parte orientale della Libia. Un’area, questa, che il Cremlino utilizza per irradiare la propria longa manus sia sul Mediterraneo che sulla regione del Sahel. Si tratta di un’influenza, quella russa, che preoccupa l’amministrazione Trump. A inizio febbraio, una delegazione di Africom ha visitato sia Tripoli che Bengasi. Tutto questo, mentre, sempre secondo Agenzia Nova, pochi giorni fa, “il vicepresidente del Consiglio presidenziale libico, Abdullah al Lafi, ha ricevuto l'inviato degli Stati Uniti in Libia, l'ambasciatore Richard Norland, e l'incaricato d'affari dell'ambasciata degli Stati Uniti, Jeremy Berndt”. Ciò vuol dire che la Casa Bianca è decisa a recuperare terreno in una Libia che resta attualmente divisa tra due governi: quello occidentale (spalleggiato dalla Turchia) e quello orientale (assai vicino all’orbita di Mosca). Alla luce di tutto questo, è altamente probabile che il dossier libico rientri nelle trattative tra Washington e il Cremlino. La Russia, dopo la caduta di Bashar al Assad, ha trasferito in Libia parte del proprio materiale bellico. E’ inoltre verosimile che Donald Trump voglia collegare la questione siriana a quella ucraina. Vladimir Putin si è indebolito in Medio Oriente dopo l’ascesa al potere di Mohammed al Jolani. Il presidente americano potrebbe quindi offrire allo zar un aiuto per recuperare terreno in loco, chiedendo però in cambio un accordo maggiormente vantaggioso in Ucraina. Ed è qui che potrebbe entrare il dossier libico. Trump sa bene che, soprattutto al momento, Russia e Turchia si guardano con diffidenza. Potrebbe quindi manovrare per far sì che queste due potenze si mettano reciprocamente sotto pressione con l’obiettivo di far recuperare influenza agli Stati Uniti non solo in Libia ma anche nel Sahel. Un obiettivo, questo, a cui la Casa Bianca potrebbe tendere, facendo altresì leva sull’attività di mediazione del governo italiano, che ha guadagnato terreno in Libia specialmente grazie al Piano Mattei. Tutto questo, senza trascurare che, qualora Trump dovesse riuscire a far rimettere piede a Putin in Siria, potrebbe chiedere in cambio al leader russo di allentare, almeno parzialmente, la sua presa sull’Est libico. A questo si aggiunga infine il fatto che la Turchia vorrebbe avere voce in capitolo nel processo diplomatico ucraino e che, al contempo, punta a mantenere la propria notevole influenza su Damasco. Un’influenza, mal digerita dagli americani e dai russi, oltre che dagli israeliani. E’ quindi chiaro che il dossier libico potrebbe rappresentare una pedina di scambio anche nei rapporti tra Washington e Ankara.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)