2024-02-06
Nelle carte della Procura la verità sull’Air Force Renzi: ecco la lista degli sprechi
Matteo Renzi (Imagoeconomica)
Noleggiato per 167 milioni e infine costato 54, l’aereo arrugginisce a Fiumicino. Per gli esperti ne valeva meno di 30, ma il governo aveva scelto di ignorarli.Nell’ultima fatica letteraria di Matteo Renzi, anticipata a giornali unificati domenica mattina, mancava un capitolo. Quello sull’Airbus 340/500 scelto nel 2016 dal governo del fu Rottamatore come aereo blu del premier e che oggi, spogliato della livrea ufficiale, arrugginisce abbandonato davanti a un hangar dell’aeroporto di Fiumicino. A segnare il suo destino è stato, nel 2018, il governo giallo-verde che ha stracciato l’onerosissimo contratto di leasing e sub-leasing che vincolava, alla modica cifra di 167 milioni di euro, il governo per 8 anni e il ministero della Difesa al noleggio di un aereo che, se acquistato, sarebbe costato molto meno. A raccontare l’incredibile spreco è la consulenza tecnica consegnata alla Procura di Civitavecchia dal commercialista Stefano Martinazzo, responsabile del team che si occupa del contrasto alla criminalità economica e aziendale della società investigativa Axerta. L’esperto ha firmato relazioni tecniche sui famosi 49 milioni della Lega, sul fallimento di Alitalia, sui diritti tv Mediaset/Mediatrade, sui diritti sportivi nel calcio (Infront), sul finto testamento di Silvio Berlusconi. I pm gli avevano chiesto di accertare la «correttezza sul piano contabile, economico, finanziario e amministrativo dell’operazione commerciale articolata nel contratto di leasing tra Alitalia Sai e Etihad e nella collegata operazione di sub-leasing tra Alitalia Sai e lo Stato Italiano, relativa all’aereo Airbus 340-500» e, in particolare, gli avevano domandato se emergessero «profili di danno ingiusto a carico dello Stato Italiano e/o vantaggi ingiusti in favore di Alitalia Sai e/o Etihad». Dalla consulenza, lunga 117 pagine con quasi 1.900 pagine di allegati, emerge un quadro desolante che, nonostante i 54 milioni di euro pagati ad Alitalia dallo Stato (35 dei quali versati a Etihad), non ha, però, portato alla contestazione di reati penali. O per lo meno questi sono stati contestati solo all’inizio, nel procedimento 6623 del 2019, iscritto nei confronti di alcuni indagati. L’incarico di consulenza è stato affidato l’8 luglio 2020 e la relazione tecnica è stata consegnata il 4 ottobre 2021. Da allora il caso è finito nel dimenticatoio e anche il fascicolo aperto presso la Corte dei conti sembra sia finito in archivio.Il velivolo, che, a giudizio di un secondo consulente, Gaetano Intrieri, è «il modello che ha riscosso in assoluto il minor consenso commerciale» tra tutti gli aerei prodotti da Airbus, è stato preso in sub-leasing dal governo Renzi a un prezzo totalmente fuori mercato e l’operazione sarebbe stata conclusa in fretta e furia per la presunta premura del fu Rottamatore. Il 28 giugno 2016 l’aeromobile è stato immatricolato nel registro aeronautico nazionale. Un mese dopo è stata richiesta all’ufficio delle Dogane di Roma «l’importazione definitiva», (poi ottenuta), del «quadrimotore turbofan a lungo raggio Airbus A340-500, matricola 748, valore 58 milioni di dollari». Una stima, come vedremo, del tutto fuori mercato. Nel 2020, al momento della consegna della documentazione a Martinazzo, erano rimasti in circolazione solo sette Airbus 340 dei 34 prodotti a partire dal 2006, un modello messo fuori produzione già nel 2011 per l’inefficienza dovuta ai consumi eccessivi dei quattro motori Rolls-Royce. I 4 acquistati dalla Etihad, quattro anni fa, era già stati dismessi. Uno solo aveva rischiato di diventare un grande affare. Quello preso in dotazione nel 2016 dal governo italiano. La ricostruzione dell’operazione consente di mettere l’accento su diverse stranezze. Nel marzo 2007, Etihad, che per alcuni anni è stato socio di maggioranza di Alitalia, cede a una società delle Cayman, la Union three leasing limited, l’Airbus (il cui volo inaugurale era avvenuto 30 marzo 2006) per poi prenderlo in locazione da quest’ultima. Tra il novembre 2007 e il settembre 2015 avrebbe volato solo 18 volte, sempre con livrea Etihad, su tratte intercontinentali. Non si sa chi ci sia dietro alla Union three, ma è invece noto che la stessa sia stata posta in liquidazione volontaria il 2 novembre 2017, il giorno dei morti.Nel 2016 l’aereo non solo non è nuovo, ma ha anche un’ipoteca a favore della fiduciaria inglese Wilmington trust (London) limited.Il 22 giugno 2016 la Etihad lo riacquista e lo fa dopo aver ottenuto da Alitalia un anticipo sul leasing da 25 milioni di euro, quasi la metà del valore nominale del velivolo. Peccato che per la società specializzata Flight Ascend consultancy quel tipo di aereo avesse un valore di mercato di circa la metà. In pratica l’Italia avrebbe pagato l’intero valore dell’aereo con il primo canone del leasing. Questo pagamento, evidenzia Martinazzo, è «stato introdotto nella struttura dei pagamenti solo pochi giorni prima della stipula del contratto» ed era «finalizzato a permettere ad Etihad di entrare nel pieno possesso e disponibilità dell’A340 per il successivo noleggio allo Stato Italiano (tramite Alitalia Sai)». La domanda sorge spontanea: perché nel contratto del 17 maggio 2016 viene deciso quel pagamento anticipato che non compariva nella bozza di accordo del 29 gennaio precedente? Forse perché fare affari con una società delle Cayman risulterebbe imbarazzante per il governo, dopo le violente polemiche scoppiate per la società del finanziere renziano Davide Serra, acquartierata proprio nell’atollo caraibico. E infatti nel secondo documento spariscono anche tutti i riferimenti alle Cayman. Ma come si è arrivati alla valutazione gonfiata dell’Airbus contenuta nei contratti?Il generale ispettore capo Francesco Langella, direttore del Segretariato generale della Difesa e direzione nazionale degli armamenti, in una nota del primo ottobre 2015, aveva tessuto le lodi di questo aereo e aveva spiegato che un modello con non più di dieci anni di vita aveva un valore di circa 50 milioni di dollari in base a «dati disponibili sul Web». E aveva specificato che, non essendo più in produzione, andava acquistato usato. Una valutazione considerata da Martinazzo di «difficile comprensione». Ma, quando si era in dirittura d’arrivo per la definizione del noleggio, qualcuno deve aver sentito puzza di bruciato e il ministero della Difesa chiese ai rappresentanti di Etihad se fossero disponibili a vendere l’A340 e, in caso affermativo, quale fosse il prezzo. Il consulente annota: «L’analisi dei messaggi di posta elettronica ha fatto emergere che all’inizio di maggio 2016, a pochi giorni dalla firma del contratto di sub-leasing numero 808 del 17 maggio 2016, i rappresentanti del ministero della Difesa, contrariamente all’orientamento sempre tenuto in precedenza, hanno chiesto ad Etihad di valutare la vendita del velivolo in luogo del noleggio, ottenendone la disponibilità ad un prezzo di 30/35 milioni di dollari. Prezzo nettamente inferiore al valore contrattuale attribuito all’A340 (pari a 58 milioni)». Per Martinazzo «la differenza tra questi valori non poteva passare inosservata e non poteva che essere stata oggetto di attenta valutazione da parte dei vertici del ministero della Difesa, coinvolti nelle contrattazioni con Etihad».Il leasingEppure il governo decise di procedere lo stesso con il contratto di sub-leasing. Sebbene avesse ricevuto anche altre stime, tutte combacianti e in grado di far spalancare gli occhi sul «pacco» in arrivo. In una mail agli atti Alessio Leone (vice president technical services & fleet scheduling di Alitalia Sai) chiede a diversi manager della compagnia di fornire un valore effettivo di mercato alla collega Claudia Bugno (vice president Pubblic affair di Alitalia), in quanto, quest’ultima, avrebbe avuto a breve distanza di tempo un incontro con la Presidenza del Consiglio dei ministri: «Riusciamo a fornire un valore per la Bugno a breve per l’incontro con la Pdcm?» scrive. Lo stesso Leone, in una successiva missiva inviata alla Bugno e a un altro collega, ipotizza a spanne un valore tra i 24 e i 27 milioni di dollari («stima ovviamente molto «rough»» precisa nella missiva). Martinazzo, dopo la lettura dell’intero carteggio, conclude che per gli esperti, un velivolo gemello, con tutta le revisioni a posto, poteva essere venduto a 30,26 milioni di dollari; mentre sarebbe stato valutato circa la metà, 15,5 milioni, se le manutenzioni non fossero state effettuate con regolarità.Fabrizio Laurenti, responsabile Fleet & technical procurement della compagnia, ritocca il valore a 30,8, ma detrae da tale importo 8,5 milioni, la somma ritenuta necessaria per la sistemazione dei motori. Quindi, a suo giudizio, il valore effettivo sarebbe stato di 22,3 milioni, «addirittura minore del maxi-pagamento iniziale di 25 milioni di dollari versato nello stesso mese di maggio dal ministero della Difesa ad Etihad, per il tramite di Alitalia Sai» sottolinea Martinazzo. Il quale ribadisce: «Tali valutazioni sarebbero state condivise con soggetti non meglio identificati appartenenti alla Presidenza del Consiglio dei ministri una decina di giorni prima della stipula del contratto di sub-leasing». Tuttavia Martinazzo «non ha rinvenuto, nella documentazione disponibile, elementi utili a chiarire come si sia valutata l’offerta di Etihad e le motivazioni per le quali, evidentemente, non sia stata accolta». L’esperto, comunque, esprime un giudizio severo su chi aveva gestito l’affare: «Sulla base della documentazione esaminata, quindi, sarebbero state disponibili ai soggetti convolti nella definizione dei contratti di leasing e sub-leasing tutte le informazioni necessarie a rivedere radicalmente quanto affermato dal sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Claudio De Vincenti, l’11 settembre 2015 (nei momenti preliminari alla trattativa tra Stato Italiano e Alitalia Sai/Etihad), il quale, scrivendo al ministro della Difesa (Roberta Pinotti), ha sostenuto: «Anche al fine di razionalizzare l’impiego delle risorse disponibili (...), si ritiene che il criterio di economicità possa essere perseguito mediante le modalità del «leasing» del velivolo, piuttosto che attraverso la sua acquisizione, che avrebbe un costo di circa 200/300 milioni di euro». In realtà, come abbiamo già detto, persino per i proprietari l’aereo valeva circa dieci volte di meno, mentre per società specializzate e addetti ai lavori di alto profilo tecnico il prezzo poteva oscillare tra i 30,8 e i 22,3 milioni di euro. «Stime tutte di gran lunga inferiori al valore concordato tra Alitalia Sai e ministero della Difesa, pari a 58 milioni di dollari» rimarca Martinazzo. Un valore «preso a riferimento per la determinazione delle rate di leasing per i 96 mesi di durata contrattuale».le rateEd ecco l’altra nota dolente: le rate. Nell’ottobre 2015 Etihad propone l’Airbus in leasing ad Alitalia a una cifra di mercato: 415.000 dollari mensili. Che però, nel successivo subleasing allo Stato raddoppiano. Nel documento Martinazzo evidenzia: «La rata di leasing offerta da Etihad ad Alitalia Sai, al netto delle spese accessorie e di manutenzione, corrisponde alla metà dell’importo pagato dallo Stato Italiano, pari a 847.000 dollari (comprendente la sola manutenzione)». Una cifra da cui verranno detratti mensilmente i 25 milioni di anticipo. Ma mentre il prezzo lievitava e veniva deciso il noleggio (più sconveniente) rispetto all’acquisto, da Palazzo Chigi partiva un notevole pressing per concludere l’affare, come risulta dagli atti depositati a Civitavecchia. «Sin nelle prime fasi dell’avvio della procedura di acquisizione del velivolo Airbus A340 si sottolineava con enfasi la necessità di concludere tutti gli adempimenti con la massima rapidità» nota Martinazzo. L’11 settembre 2015 De Vincenti, incaricato da Renzi di rimediargli un aereo di Stato degno di tal nome, invia al ministro Pinotti una missiva con cui sottolinea l’urgenza dell’acquisizione, «soprattutto in previsione di una serie di missioni assai importanti già previste nei prossimi mesi, in particolare da parte del Presidente del Consiglio dei ministri» e si augura «l’attuazione urgente e prioritaria del programma» che va «finalizzato con assoluta celerità». Il sottosegretario specifica anche che del «reperimento delle necessarie risorse finanziarie» si occuperà la Presidenza e invita la Pinotti ad «adottare il livello di classifica di riservatezza/segretezza adeguato». la consegnaTre mesi dopo, Palazzo Chigi ricorda al ministero della Difesa che «la definizione degli aspetti operativi e organizzativi debba avvenire con la massima tempestività, tenuto conto che l’avvio dell’esercizio dell’aeromobile, come indicato nella richiamata riunione tenutasi presso questa Presidenza, è previsto al più tardi tra la fine del mese di febbraio e l’inizio di marzo 2016». Passano altri due mesi e il segretario generale Paolo Aquilanti ribadisce «l’esigenza di questa Presidenza del Consiglio dei ministri di disporre con estrema urgenza dell’aeromobile […] tenuto conto del rilievo e della collocazione geografica degli imminenti impegni internazionali del Signor Presidente del Consiglio dei ministri che avranno luogo a partire dalla metà del corrente mese di febbraio». C’è poi il report di una riunione del gennaio del 2016 a cui partecipano esponenti del governo (Renzi, il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio e il vice ministro dello Sviluppo economico con delega al commercio Carlo Calenda) e di Alitalia Sai (il presidente Luca Cordero di Montezemolo, il vice presidente, James Hogan e la Bugno). In esso sono indicati i temi trattati, «tra i quali, l’«Aereo di Stato»». A tal proposito è specificato che «il Premier ha indicato Claudio De Vincenti, come riferimento, da parte della Presidenza del Consiglio, per sciogliere eventuali nodi, di carattere non commerciale, legati al contratto». Calenda avrebbe «sottolineato l’urgenza per la Presidenza del Consiglio e la Presidenza della Repubblica, ai fini dello svolgimento delle missioni del sistema Paese all’estero». Alla fine viene deciso di «dar vita ad una cabina di regia, presso la Presidenza, che si riunisca per monitorare gli impegni assunti, risolvere eventuali nodi e verificare l’avanzamento dei lavori». Il 25 maggio 2016 l’ispettore capo Langella scrive ad Alitalia: «Al fine di consentire alla Presidenza del Consiglio dei ministri di poter disporre, con estrema urgenza, del velivolo Airbus 340/500 per permettere al Presidente del Consiglio di rispettare gli imminenti e calendarizzati impegni internazionali, si autorizza codesta società̀ a voler dare immediata anticipata esecuzione al contratto numero 808 stipulato in data 17 maggio 2016»La conclusione del consulente è questa: «Tali solleciti e «pressioni», esercitate direttamente o ispirate dalla Presidenze del Consiglio dei ministri per ottenere in tempi celeri l’utilizzo del velivolo Airbus A340-500, potrebbero avere determinato la sequenza di omissioni e singolarità in occasione della definizione delle condizioni economiche relative al Lotto 1», quello riguardante la locazione dell’Airbus A340, con relativo servizio di manutenzione e ispezione programmata.lusso a bordo Dalla consulenza emerge anche la grandeur di Renzi e la sua voglia di svagarsi. Nel documento si fa riferimento anche a una mail inviata, il 17 giugno 2016, da Fabrizio Giovannelli, manager del settore vendite e clienti di Alitalia, a una serie di destinatari, grazie alla quale scopriamo che all’intrattenimento di bordo era destinato un budget di spesa di 7,4 milioni di euro annui. Il consulente evidenzia anche «l’elevato importo di alcune voci di spesa», tra le quali spiccano i 2,9 milioni di dollari per i diritti di pellicole internazionali; 515.000 euro per film, documentari e monografie di produzione italiana; 360.000 dollari per videogiochi ed e-Learning; 1,1 milioni di dollari per la connessione di Rete. Cifre che, lo ribadiamo, «si riferiscono a ciascun anno di esercizio dell’aereo». Ma l’intrattenimento di bordo, con tanto di monitor touch screen, è solo una delle voci presenti nella brochure predisposta da Alitalia, con tanto di foto e rendering, della conversione «vip» della cabina dell’Airbus. Un restyling da 19 milioni di euro che, alla fine, pur essendo stata prevista, non è stata sostenuta dallo Stato italiano. Martinazzo ha ricordato come il collega Intrieri abbia evidenziato che Etihad, nel 2015, «era proprietaria di un A340 già configurato con dotazioni «Vip» e che, pertanto, se si fosse noleggiato quel tipo di aereo non sarebbe stata necessaria l’ulteriore previsione di spesa». Il consulente ha soggiunto che «tale aereo, con dotazioni «Vip», sarebbe stato offerto nel 2017 al lessor americano Aerolux Ltd (la società per cui lavorava Intrieri), ad un prezzo di vendita pari a 7,5 milioni di dollari». Ma per meglio comprendere a che cosa puntasse Renzi conviene spulciare bene il progetto di ristrutturazione, a partire dalla «master bedroom», con due letti singoli, bagno interno e doccia. Sul pavimento era prevista una moquette «vip», mentre alle pareti due monitor lcd da 20 pollici con altoparlanti stereo e delle non meglio precisate «opere d’arte». Il piano prevedeva l’accesso alla suite attraverso un lussuoso ufficio, con divano a tre posti, scrivania e un monitor da 32, sempre stereo. Previsto anche un secondo ufficio per lo staff e una sala riunioni con un tavolo da 10 posti, poltrone «vip» (la brochure di presentazione parla di «pelle di alta qualità»), due monitor da 45 o 55 pollici, e segnaletica luminosa per regolare l’ingresso degli altri passeggeri o dell’equipaggio.Il sogno di un hotel a cinque stelle volante è naufragato per colpa del referendum sulle riforme costituzionali convocato per il 4 dicembre 2016. Una sconfitta che portò alle dimissioni del «premier con le ali» e al tramonto di un sogno chiamato Air Force Renzi.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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