2022-04-05
Nella delega fiscale rimane il catasto ma il centro destra incassa la flat tax
Il governo chiude al dialogo sugli immobili e obbedisce all’Ue. Un contentino anche ai grillini con la conferma del cashback.Era atteso da più di una settimana e domenica sera è stato partorito. Il governo ha fatto la sintesi delle posizioni politiche e ha redatto il testo per la legge delega di riforma del fisco. Dalle otto paginette emergono due conferme e una importante novità. La parte relativa al nuovo catasto non si tocca. Il governo ha chiuso definitivamente le saracinesche del dialogo dimostrando di puntare il tutto per tutto sullo schema concordato con l’Unione europea e quindi il passaggio dal calcolo reddituale a quello patrimoniale. Una posizione così ferma da portare a una minaccia nemmeno troppo velata. O passa così la riforma del catasto oppure verrà applicata la fiducia con il rischio di far cadere la maggioranza. Inutile dire che la postilla infilata nelle ultime righe del testo (non aumentare la pressione fiscale a legislazione corrente) non garantisce che non ci sarà un aumento delle tasse sul mattone. I 5 stelle hanno accettato il diktat di buon grado. Non vedono nei proprietari di casa il proprio elettorato (ovviamente non hanno previsto che aumenteranno anche gli affitti) e quindi si sono detti pronti a barattare il catasto con il cashback.Nel testo c’è infatti la conferma di questo secondo pilastro. I grillini hanno ottenuto di poter retrocedere le detrazioni fiscali direttamente sulle app come «Io», legando l’opzione anche all’elargizione digitale di bonus e benefit. Un principio pericoloso a nostro avviso per due motivi. Primo perché alimenterà la macchina digitale dello Stato che si è già dimostrata sufficientemente pericolosa con l’avvio del green pass e della sottostante blockchain.Secondo perché va a scardinare un modello fastidioso che prevede i ristorni a distanza di oltre un anno ma che garantisce alla Stato la liquidità necessaria al fabbisogno corrente. Il pericolo, se un giorno il modello dovesse prendere piede su larga scala, sarà la stabilità economica di un Paese come l’Italia in costante frizione di cassa. Un scelta che si ribalterà sui prossimi governi, a cui probabilmente i grillini nemmeno parteciperanno. Ma che per il partito di Giuseppe Conte valuta ora una bandiera politica come il reddito a cui non si può rinunciare.Il terzo pilastro della delega riguarda le partite Iva. Qui il centro destra ha incassato un successo. Sarà prevista la cosiddetta flat tax al 15% fino a 65.000 euro di redditi e per ben due anni sarà previsto uno scivolo fino a 85.000 con un prelievo lineare del 20%. Ovviamente non si tratta di una flat tax letterale ma di un mega scaglione che consentirà agli autonomi di prendere fiato e di godere di importanti benefici fino a un reddito abbastanza importante. Inutile dire, che l’ultima novità a cui si aggiungerebbe la possibilità di mensilizzare gli acconti ed eliminare la maxi ritenuta (idea del leghista Alberto Gusmeroli) riduce di molto il perimetro di movimento del Pd, il quale rispetto alle prime versioni della delega sembra rinunciare a più di un intervento. Restano in ogni caso la progressività Irap (anch’essa sostenuta dal Pd) e le modifiche al sistema di compartecipazione societario. Il punto di caduta della maggioranza sembrerebbe raggiunto. Restano due punti sicuramente di attrito. Nel testo è previsto espressamente che l’Agenzia delle entrate possa acquisire tutti i dati della fatturazione elettronica e - per via dell’interoperabilità delle banche dati - creare nei fatti una sorta di redditometro per ogni italiano. Nulla di nuovo per chi segue l’evoluzione digitale dell’ente guidato da Ernesto Maria Ruffini, purtroppo una conferma per chi teme per la sicurezza della privacy dei cittadini-contribuenti. Resta infine un ultimo capitolo che riguarda la parificazione delle aliquote delle rendite immobiliari e mobiliari. Potrebbe essere prevista una minima al 15 e una massima al 26%. Di certo un grande cambio di passo, che non sarà gradito da tutte le parti politiche.Resta adesso da capire le tempistiche dell’Aula. In riferimento alla commissione ma anche ai successivi passaggi del disegno di legge che prenderanno gran parte dell’anno in corso. L’obiettivo del governo è chiudere tutto entro la fine dell’estate. Gli effetti della riforma saranno attivi soltanto da gennaio 2023, ma Palazzo Chigi mira a chiudere la partita prima dell’ultimo semestre della legislatura. È chiaro l’impegno preso da Draghi con l’Europa. È altrettanto chiaro che cosa succederà dopo il 2026. Saliranno le imposte sulla casa. Sul mattone Confedelizia da mesi fa proiezioni e lancia alert a tutte le forze politiche. Il centro destra si è mosso ma non sembra intenzionato a far cadere il governo. Qualche impegno con gli elettori andrebbe però preso. Bene dirsi subito che una volta approvata la riforma non si torna indietro. Lo sa bene la commissione Ue che sul nostro mattone ha le idee molto chiare.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».