2020-12-18
Nel report Oms tutti gli errori del governo
La relazione insabbiata cita un durissimo documento: non solo il piano pandemico non era aggiornato, ma Roberto Speranza non ha applicato neppure quello vecchio, che pure avrebbe risparmiato moltissimi morti. Nella brutta storia del report sulla gestione italiana della pandemia censurato dall'Oms c'è un aspetto che, finora, è rimasto in ombra. Ma che è fondamentale per capire che cosa sia davvero successo nei mesi scorsi e, soprattutto, per comprendere come si sia comportato il nostro governo: se abbia cioè messo in campo tutte le contromisure necessarie. Quale sia questo aspetto lo vediamo leggendo una delle email che Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell'Oms, ha inviato a maggio a Francesco Zambon, il ricercatore che curava il rapporto sull'Italia. Secondo Zambon, Guerra avrebbe fatto forti pressioni affinché il rapporto venisse ritirato, e in effetti la corrispondenza telematica è piuttosto esplicita al riguardo. Nella prima email inviata, Guerra scrive che nel rapporto deve essere assolutamente fatto un cambiamento. Bisogna scrivere che il «Piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale» non risale al 2006, ma al 2016. Poi aggiunge, irritato: «Non fatemi casino su questo. Ed eliminate il riferimento a quello scemo di Curtale». Eccoci al punto. Ma a chi si riferisce Ranieri Guerra quando parla di «quello scemo di Curtale»? A un professionista che scemo non è affatto. Si tratta del medico Filippo Curtale, direttore Uoc Rapporti internazionali dell'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà (Inmp). Il nome di Curtale compare nel report stilato da Zambon e altri per l'Oms. Per la precisione, lo troviamo all'inizio del secondo capitolo, nel passaggio relativo al piano pandemico italiano. Scrivono gli esperti dell'Oms che «l'Italia non era del tutto impreparata a un'epidemia quando arrivarono i primi notiziari dalla Cina. Nel 2006, dopo la prima epidemia di sindrome respiratoria acuta grave (Sars), il ministero della Salute e le Regioni hanno approvato un piano di preparazione e risposta a una pandemia influenzale, riconfermato nel 2017 con linee guida per i piani regionali». Poco dopo aggiungono: «La pianificazione, tuttavia, è rimasta più teorica che pratica, con pochi investimenti o traduzioni delle intenzioni in misure concrete». Sintetizzando, potremmo dire così: secondo i ricercatori dell'Oms, l'Italia non aveva un piano pandemico aggiornato: ne aveva uno del 2006 riconfermato nel 2017. In ogni caso, nemmeno quel piano datato è stato applicato e messo in pratica in maniera adeguata. A dimostrazione di ciò, Zambon e gli altri citano un articolo di Filippo Curtale apparso sul sito Saluteinternazionale.info e intitolato: «C'era una volta il Piano pandemico». Sentite che cosa scrive Curtale in quell'articolo: «Pur essendo stati allertati per tempo e trovandoci nelle condizioni migliori per rispondere adeguatamente alla pandemia, ben poco è stato fatto per prevenirla e controllarla. Il piano pandemico è stato ignorato, il virus è entrato in Italia e ha circolato liberamente per settimane, le competenze epidemiologiche italiane non sono state attivate». E ancora: «Il risultato è stato che, quando la pandemia è esplosa, gran parte delle risorse disponibili sono andate a potenziare il sistema ospedaliero e di terapia intensiva, con la ribalta mediatica occupata da virologi, esperti in vaccini e di terapia intensiva, mentre ci sarebbe bisogno di capire dove abbiamo sbagliato o cosa si potrebbe fare affinché in futuro i piani pandemici vengano applicati con successo». Capite bene che qui si va oltre il dibattito sull'aggiornamento del piano pandemico. Qui si dice pure che il piano esistente «è stato ignorato». Nota Curtale: «È ovvio che qualcosa non ha funzionato e bisogna cercare di capire cosa, cominciando da una seria analisi delle debolezze del sistema attuale». Il medico ribadisce che il problema italiano riguarda la «sanità pubblica». A questo proposito, egli cita un virgolettato di Guido Marinoni, presidente dell'Ordine dei medici di Bergamo, il quale afferma che «si è scambiata una emergenza che era di sanità pubblica, per una emergenza di terapie intensive. All'inizio, non sono stati isolati casi, non sono state fatte le indagini epidemiologiche, non sono stati fatti i tamponi ai pazienti, i medici sono andati in giro senza protezione individuale… e soprattutto hanno involontariamente diffuso il contagio». Curtale fa un elenco dettagliato dei problemi: dalla gestione errata degli ingressi in Italia alla mancanza di un adeguato sistema di sorveglianza, passando per le carenze della sanità territoriale. Curtale non scrive tutto ciò con chissà quale secondo fine politico. Il suo interesse, è evidente, è quello di fornire un contributo utile per migliorare la risposta alla pandemia. Sentito dalla Verità, il medico conferma il suo approccio: non vuole fare polemica. L'obiettivo del suo scritto, dice, «è analizzare i problemi per proporre soluzioni, non trovare colpevoli». Tuttavia, per noi, è molto difficile non vedere le responsabilità della politica. In questo caso, per altro, non si possono fare troppi giochini. Non si può scaricare la colpa su sconosciuti funzionari che non hanno aggiornato i piani nel 2013. Qui parliamo di come gli attuali governanti hanno gestito la pratica Covid. E lo hanno fatto male. L'articolo di Curtale è uscito il 15 aprile scorso, ma non risulta che qualcuno, dal ministero o comunque dal governo, lo abbia esaminato seriamente. Peggio: l'unico commento ufficiale che troviamo è quello di Ranieri Guerra: «Eliminate il riferimento a quello scemo di Curtale». «Ho lavorato con Ranieri Guerra in Istituto superiore di sanità per pochi mesi nel 1994», dice Curtale alla Verità. «Conoscendolo, non mi ha sorpreso che insultasse un collega, mi ha sorpreso che lo facesse come staff dell'Oms, una organizzazione che di solito è molto attenta alla forma». Qui però non si tratta solo di offese. Si tratta di cattiva gestione di un'emergenza che ha provocato decine di migliaia di morti. Sarebbe ora che il ministro Roberto Speranza fornisse qualche risposta in proposito: scaricare le colpe sui funzionari del ministero non è sufficiente.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.