2020-08-19
Il governo riapre ai licenziamenti perché non sa scrivere le leggi
Nunzia Catalfo, Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri (Ansa)
Il punto 14 della versione finita in Gazzetta consente deroghe al blocco in casi tutt'altro che rari. La vaghezza della norma, inoltre, espone le imprese a una babele di cause legali, scaricando sui giudici la patata bollente.Un testo con più di 100 articoli è pieno di pieghe. E nelle pieghe si nascondo sempre dettagli in grado di cambiare la sostanza. Nelle settimane e nei giorni precedenti all'approvazione del decreto Agosto, il governo e soprattutto i 5 stelle hanno spinto il racconto politico stressando il più possibile il divieto di licenziamento. Cercando di mantenere la propria posizione il più vicino possibile al Cura Italia, e quindi al divieto totale di licenziare. Industriali e mezzo Pd sono intervenuti. È partita la mediazione. Così si è litigato per fissare un limite che fosse almeno coperto dall'estensione della cassa integrazione e non arrivasse fino al 31 dicembre. Risultato: la data è sparita e in più è stata inserita una clausola che permette di licenziare in caso di fallimento dell'azienda o chiusura in bonis. In molti hanno commentato con sarcasmo che la libertà d'impresa in Italia è rimasta solo per portare i libri in tribunale. In realtà, la versione del decreto finita in Gazzetta a Ferragosto riapre alla riduzione del personale stilando una serie di casi specifici, ma non così rari. Basta prendere l'articolo 14 del decreto Agosto per vedere che le deroghe dicono che l'azienda può tornare a «licenziare» con accordo collettivo aziendale di incentivo all'esodo, che consente di concordare con ogni singolo dipendente una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. In caso di esercizio provvisorio, è possibile inoltre intervenire anche solo su un singolo ramo d'azienda. Fin qui i punti chiari, che si sintetizzano in tre deroghe. Poi ci sono le interpretazioni della norma fresca di stampa. «Se lo stesso datore rinuncia alla Cig e opta, in alternativa, per l'esonero contributivo fino a quattro mesi, anche in questo caso non può licenziare fino a quando non ha fruito integralmente dell'esonero», scrive il Sole 24 Ore.Un lasso di tempo che potrebbe essere breve, se nei mesi di maggio e giugno 2020 il datore ha utilizzato poca cassa. Secondo il professor Arturo Maresca (Università La Sapienza di Roma), «il divieto di licenziamento non opererebbe, inoltre, neppure qualora l'azienda non possa ricorrere alla sospensione dei lavoratori o alla riduzione del loro orario», si legge sempre sul quotidiano di Confindustria, «avendo deciso di modificare in modo strutturale l'organizzazione dell'impresa chiudendo, ad esempio, un ufficio o un reparto al quale sono addetti quattro dipendenti». In pratica, se così fosse, l'azienda potrebbe licenziare, ma non accedere alle integrazioni né all'esonero. Applicando la stessa filosofia ne conseguirebbe che anche le procedure di licenziamento collettivo, avviate poco prima della data del 23 febbraio 2020, e non riconducibili alla causale Covid-19, potrebbero essere rimesse in trattativa da oggi. «Mi sembra una interpretazione difficile da abbracciare», spiega alla Verità Ranieri Romani, partner dello studio Lca, «perché l'intenzione del legislatore è quella di sospendere le procedure di licenziamento collettivo nel suo complesso e da lì porre singole deroghe. Il che secondo me esclude anche la possibilità di riorganizzare rami d'azienda o singoli uffici in ambiti non Covid». Ciò non esclude però altri paradossi. Ad esempio, «il divieto di licenziare per chi non ha mai chiesto cassa integrazione o esoneri», conclude Raneri. In pratica la sola certezza è che l'autunno delle aziende sarà bollente non solo sul fronte dei fatturati ma anche su quello delle cause legali. Se la circolare del ministero del Lavoro, guidato da Nunzia Catalfo, non dovesse arrivare a breve e soprattutto non si dimostrasse sufficientemente chiara, a quel punto a ciascun giudice toccherà il lavoro gramo di interpretare un articolo di decreto che lascia spazio a mille dubbi. La scelta di non indicare una data di scadenza del divieto di licenziamento è stata una scelta di comodo per la politica, ma una scelta dissennata per le aziende che producono e che necessitano della certezza del diritto. E non possono certo stare nel limbo della giustizia. C'è poi il fronte sindacale delle tre grandi sigle, con cui la Catalfo si è confrontata. Da quei tavoli sono uscite esclusivamente le tre deroghe principali e sacrosante. Se invece l'interpretazione del professor Maresca fosse corretta, si renderebbe necessario l'avvio di nuovi tavoli. Di questo parere è il segretario nazionale dell'Ugl, Paolo Capone. «Il governo sta scaricando la responsabilità delle sue inefficienze sull'anello più debole del processo produttivo, cioè i lavoratori», attacca Capone, secondo cui «la previsione del blocco dei licenziamenti condizionato» serviva «solo a prendere tempo piuttosto che a mettere le nostre aziende in condizione di riprendere le attività». Il rischio di andare incontro a un autunno di caos economico è sempre più concreto. Vale per chi deve fare scelte imprenditoriali, per chi attende il sostegno della Cig e per chi vuole pensare a un futuro senza i vincoli statali. Speriamo che la risposta del governo non sia un nuovo lockdown: il coperchio che per Giuseppe Conte serve a nascondere tutti i problemi.