Investimenti per 82 miliardi. Mario Draghi promette una tabella di marcia con le date di avvio dei cantieri. Ristori in base sia all'utile sia al fatturato. «Scommessa sul debito buono»
Investimenti per 82 miliardi. Mario Draghi promette una tabella di marcia con le date di avvio dei cantieri. Ristori in base sia all'utile sia al fatturato. «Scommessa sul debito buono»«Io mi ricordo di elenchi di opere fantastiche, di cantieri… Ma la domanda è sempre stata: quando le vedo queste opere? Ecco, il ministro Enrico Giovannini presenterà un cronoprogramma con una data precisa di partenza per ciascuna opera». Riaperture a parte, è stata questa la frase più importante della conferenza di ieri di Mario Draghi, effettivamente volta a valorizzare una scelta senza precedenti: quella di un calendario preciso per le opere pubbliche. E, quasi a sfidare le perplessità, il premier ha insistito: «Immagino che alle varie scadenze andrete tutti a vedere se questi cantieri sono aperti». Come dire, se facciamo un annuncio del genere, è perché c'è una certezza: «I vari stadi sono stati concordati con le autorità che hanno rilevanza nell'autorizzare e nel realizzare l'opera». porti e ferrovieE ancora: «Il ministro Giovannini e io abbiamo nominato 57 commissari per 57 opere pubbliche, opere che erano già finanziate e aspettavano di essere attuate». In realtà i commissari sono 29: tra i nomi, quello di Massimo Simonini, ad di Anas, e Maurizio Gentile, ex ad di Rete ferroviaria italiana, mentre le donne scelte per questa funzione sono sei. Le opere appartengono a diverse tipologie: opere ferroviarie, infrastrutture stradali, presidi di pubblica sicurezza, infrastrutture idriche, infrastrutture portuali e trasporto rapido di massa. Per un investimento di 82,7 miliardi.Un'altra parte rilevante della conferenza di Draghi è stata dedicata al prossimo decreto Sostegno bis. E qui il premier ha confermato quello che deve essere riconosciuto come un successo politico della Lega, che ha ottenuto ciò che chiedeva, e cioè l'adozione di un ulteriore criterio oltre a quello del calo di fatturato: «Ci si era chiesto», ha detto, «se si potessero introdurre cambiamenti nei criteri di allocazione, finora basati sul fatturato, cosa che ha suscitato perplessità in molti. Il Mef sta pensando di aggiungere un altro criterio: l'utile, l'imponibile fiscale», quindi un riferimento ancora più certo ed effettivo. Ovviamente, ha aggiunto il premier, «con il criterio del fatturato i pagamenti sono più rapidi, con l'altro criterio i tempi si allungano di 3-4 settimane». Confermata dunque l'anticipazione di ieri della Verità, anche nella parte in cui Draghi ha precisato che il nuovo criterio sarà aggiuntivo e non sostitutivo del precedente: «Nel prossimo decreto (il Sostegno bis, che sarà realisticamente varato a fine aprile, ndr) ci sarà ancora il riferimento al fatturato, ma si accompagnerà anche l'altro criterio». Come abbiamo scritto ieri mattina: un «acconto» basato sul fatturato, e un «saldo» basato sull'imponibile fiscale.Quanto al decreto Sostegno uno, il premier ha sostenuto che il ritmo dei pagamenti in corso non sia lento: «Dal 30 marzo a oggi sono stati pagati 2 miliardi nella prima settimana, e 1 miliardo nella seconda». A onor del vero, però, lo stanziamento per le imprese del primo decreto era di 12 miliardi, quindi ancora molto deve essere versato, a quanto pare. la crescitaUn'altra porzione politicamente significativa della conferenza ha riguardato il Def, il debito e la crescita. Qui Draghi ha teorizzato una «uscita dal debito attraverso la crescita». «Il rapporto deficit/Pil», ha esordito, «è poco meno del 12%, e c'è un percorso per riportarlo sotto il 3% entro il 2025: è una scommessa sulla crescita». E ancora: «Se la crescita sarà quella che ci aspettiamo, la scommessa la vinciamo senza nemmeno pensare a future manovre correttive. È una scommessa sul debito buono, sulle risorse investite bene».E qui Draghi ha completato il pensiero con toni assai diversi da quelli usati negli anni passati dai rigoristi pro austerità: «Prima la sostenibilità del debito era calcolata sulla base dei tassi di interesse. Oggi i tassi sono bassi, dunque la domanda è: ce la farà questo Paese a crescere abbastanza per ripagare in futuro i debiti?». Insomma, dopo molti anni di enfasi ultra rigorista sui parametri, il cambio di tono appare evidente: l'enfasi è totalmente spostata sulla crescita.Certo, in sede di commento si potrebbe osservare che la scommessa avrebbe maggiori opportunità di successo se, per produrre l'auspicata crescita, il governo non puntasse solo sugli investimenti e sui piani pubblici, ma anche e soprattutto su drastici tagli di tasse, incoraggiando il settore privato. Sta qui la prossima sfida per le forze di centrodestra, dentro e fuori il perimetro della maggioranza: una ripresa vera e vibrante potrà essere solo una ripresa trainata dal settore privato. recovery planL'ultimo cenno di Draghi è stato invece ancora sul versante pubblico, cioè sulle cifre del Recovery plan: 191,5 miliardi, di cui 69 a fondo perduto e 122 come prestiti, sia pur a condizioni favorevoli. C'è poi, a latere, un fondo di 30 miliardi per gli investimenti e i progetti che, secondo le linee guida della Commissione, non possono stare nel Recovery plan. «Ma», ha aggiunto Draghi, «non saranno progetti di serie B: saranno anch'essi di serie A».
Il tocco è il copricapo che viene indossato insieme alla toga (Imagoeconomica)
La nuova legge sulla violenza sessuale poggia su presupposti inquietanti: anziché dimostrare gli abusi, sarà l’imputato in aula a dover certificare di aver ricevuto il consenso al rapporto. Muove tutto da un pregiudizio grave: ogni uomo è un molestatore.
Una legge non è mai tanto cattiva da non poter essere peggiorata in via interpretativa. Questo sembra essere il destino al quale, stando a taluni, autorevoli commenti comparsi sulla stampa, appare destinata la legge attualmente in discussione alla Camera dei deputati, recante quella che dovrebbe diventare la nuova formulazione del reato di violenza sessuale, previsto dall’articolo 609 bis del codice penale. Come già illustrato nel precedente articolo comparso sulla Verità del 18 novembre scorso, essa si differenzia dalla precedente formulazione essenzialmente per il fatto che viene ad essere definita e punita come violenza sessuale non più soltanto quella di chi, a fini sessuali, adoperi violenza, minaccia, inganno, o abusi della sua autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa (come stabilito dall’articolo 609 bis nel testo attualmente vigente), ma anche, ed in primo luogo, quella che consista soltanto nel compimento di atti sessuali «senza il consenso libero e attuale» del partner.
Tampone Covid (iStock)
Stefano Merler in commissione confessa di aver ricevuto dati sul Covid a dicembre del 2019: forse, ammette, serrando prima la Bergamasca avremmo evitato il lockdown nazionale. E incalzato da Claudio Borghi sulle previsioni errate dice: «Le mie erano stime, colpa della stampa».
Zero tituli. Forse proprio zero no, visto il «curriculum ragguardevole» evocato (per carità di patria) dall’onorevole Alberto Bagnai della Lega; ma uno dei piccoli-grandi dettagli usciti dall’audizione di Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler in commissione Covid è che questo custode dei big data, colui che in pandemia ha fornito ai governi di Giuseppe Conte e Mario Draghi le cosiddette «pezze d’appoggio» per poter chiudere il Paese e imporre le misure più draconiane di tutto l’emisfero occidentale, non era un clinico né un epidemiologo, né un accademico di ruolo.
La Marina colombiana ha cominciato il recupero del contenuto della stiva del galeone spagnolo «San José», affondato dagli inglesi nel 1708. Il tesoro sul fondo del mare è stimato in svariati miliardi di dollari, che il governo di Bogotà rivendica. Il video delle operazioni subacquee e la storia della nave.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Manifestazione ex Ilva (Ansa)
Ok del cdm al decreto che autorizza la società siderurgica a usare i fondi del prestito: 108 milioni per la continuità degli impianti. Altri 20 a sostegno dei 1.550 che evitano la Cig. Lavoratori in protesta: blocchi e occupazioni. Il 28 novembre Adolfo Urso vede i sindacati.
Proteste, manifestazioni, occupazioni di fabbriche, blocchi stradali, annunci di scioperi. La questione ex Ilva surriscalda il primo freddo invernale. Da Genova a Taranto i sindacati dei metalmeccanici hanno organizzato sit-in per chiedere che il governo faccia qualcosa per evitare la chiusura della società. E il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al nuovo decreto sull’acciaieria più martoriata d’Italia, che autorizza l’utilizzo dei 108 milioni di euro residui dall’ultimo prestito ponte e stanzia 20 milioni per il 2025 e il 2026.






