Secondo l'Osservatorio Npl di Ifis, i prezzi dei crediti deteriorati sono rimasti sostanzialmente stabili, mentre i prodotti non garantiti prendono il largo. E quest'anno si prevedono 5.000 milioni in più di transazioni.
Secondo l'Osservatorio Npl di Ifis, i prezzi dei crediti deteriorati sono rimasti sostanzialmente stabili, mentre i prodotti non garantiti prendono il largo. E quest'anno si prevedono 5.000 milioni in più di transazioni.Gli Npl possono rappresentare una ghiotta opportunità di investimento. Secondo la decima edizione dell'Osservatorio Npl di Banca Ifis, i prezzi dei crediti deteriorati secured, quelli protetti da una garanzia, sono rimasti sostanzialmente stabili, oscillando dal 33% del 2018 al 34% del 2019 (i valori si calcolano in percentuale sul totale degli affari conclusi), mentre i prezzi dei prodotti unsecured (quelli meno sicuri perché non garantiti) si sono mostrati in crescita di due punti percentuali dal 6% del 2018 all'8% del 2019.Dal 2016 al 2019, grazie alle garanzie statali Gacs, le banche hanno ceduto sul mercato 70 miliardi di euro di crediti deteriorati (circa il 72% sono Npl aziendali e il restante 28% Npl individual) per un totale di 24 cartolarizzazioni. Per il 2020 la stima di Banca Ifis è di altri sei miliardi di euro di Npl ceduti tramite lo schema Gacs.La dinamica dei prezzi, negli ultimi due anni, ha mostrato una correlazione tra la quotazione del portafoglio garantito e la presenza di una maggiore componente secured: nel 2018 la media dei prezzi è stata del 28,7% (sempre sul totale delle operazioni), nel 2019 intorno al 24,7%.Resta dunque da capire chi metterà le mani sui 325 miliardi di euro di crediti deteriorati che ci sono ancora oggi in Italia da recuperare. Nel dettaglio ci sono ancora 246 miliardi di euro di sofferenze bancarie a cui si sommano 79 miliardi di euro di Unlikely to pay (che difficilmente verranno ripagati).In dettaglio: 141 miliardi di euro lordi sono ancora oggi iscritti nei bilanci delle banche (77 miliardi di euro di sofferenze e 64 miliardi di euro di Utp), 198 i miliardi di euro ceduti, dal 2015 a fine 2019, a fondi, veicoli Gacs banche specializzate e investitori dotati di piattaforme di recupero di cui Banca Ifis stima, a fine dello scorso anno, siano stati recuperati o «cancellati» in quanto non più esigibili (write-off on recovery) 14 miliardi di euro di Npl e Utp.Con 18,6 miliardi di euro di Npl rilevati nel quadriennio 2015-2019, Banca Ifis si è confermata al secondo posto tra gli investitori preceduta da Quaestio Management Capital (29,2 miliardi di euro di acquisti). Tra i maggiori operatori venditori di crediti deteriorati ci sono Unicredit con 41,5 miliardi di euro di Npl ceduti, Mps con 32,8 miliardi di euro, Banco Bpm (16,3 miliardi) e Intesa Sanpaolo 13,8 miliardi.E per il 2020, quali sono le stime? Entro fine anno, sulla base delle operazioni annunciate (39 quelle previste) si stimano 37 miliardi di euro lordi di transazioni Npl in aumento rispetto ai 32 miliardi di euro lordi del 2019. Di questi 37 miliardi, circa il 27% potrebbe essere scambiato sul mercato secondario (il luogo dove sono trattati i titoli già in circolazione, che vi rimangono fino alla loro eventuale scadenza, nel 2018 la percentuale si è attestata al 17%) mentre il 15% dei crediti deteriorati potrebbe essere deconsolidato tramite cartolarizzazioni che beneficiano della garanzia statale su Npl (la Gacs).
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Parla Gaetano Trivelli, uno dei leader del team Recap, il gruppo che dà la caccia ai trafficanti che cercano di fuggire dalla legge.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Su un testo riservato appare il nome del partito creato da Grillo. Dietro a questi finanziamenti una vera internazionale di sinistra.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Nel 1937 l’archeologo francese Fernand Benoit fece una scoperta clamorosa. Durante gli scavi archeologici nei pressi dell’acquedotto romano di Arles, la sua città, riportò alla luce un sito straordinario. Lungo un crinale ripido e roccioso, scoprì quello che probabilmente è stato il primo impianto industriale della storia, un complesso che anticipò di oltre un millennio la prima rivoluzione industriale, quella della forza idraulica.
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Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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