2025-02-21
Il negoziato di Donald riarma i tifosi della crociata fino all’ultimo ucraino
Volodymyr Zelensky e Donald Trump (Ansa)
La stampa grida al «tradimento», anche se fu Donald Trump a dare i missili che hanno protetto Kiev. Pure Joe Biden avrebbe imposto trattative e una pace «ingiusta». Ma oggi i bellicisti possono prendersela col suo successore.Donald Trump «insulta» e «scarica» Volodymyr Zelensky (Repubblica); anzi, gli dichiara «guerra» (La Stampa); usando «bazooka e bugie», mette in piedi uno «show» che «ribalta la realtà» (Corriere della Sera); il suo è uno «schiaffo all’Ucraina» (Avvenire); Kiev è stata «tradita dall’alleato» (di nuovo Repubblica) e se non vogliono diventare «una colonia», «è necessario che gli europei si mobilitino», spedendo al fronte truppe (pur non avendone abbastanza…) e ignorando il pericolo di una «provocazione russa», cioè di finire coinvolti direttamente nel conflitto (di nuovo La Stampa). D’altronde, «in gioco non c’è solo il destino di Kiev ma il nostro futuro», nientemeno che «la sopravvivenza della democrazia liberale» (che in Ucraina, al momento, oscilla tra un sistema consolidato di corruzione e l’assenza di elezioni); il punto è che, senza «una pace giusta, che riconosca chi ha voluto la guerra e chi ha commesso i crimini, saremo tutti sconfitti» (sempre Repubblica).La profondità di giudizio dei nostri analisti sugli avvenimenti dell’Europa orientale sta raschiando il fondo. Ma da un certo punto di vista, nel livore di giornalisti e politologi con l’elmetto, si intravede un malcelato sollievo: il fatto che alla Casa Bianca si arrivato il puzzone con il ciuffo biondo e che, con metodi senza dubbio cinici e toni sicuramente brutali, sia lui, il capofila di quelli che Hillary Clinton definì i «deplorevoli», a essersi intestato l’audace trattativa con Vladimir Putin, consente loro di salvare la faccia. Potranno continuare a invocare la lotta fino all’ultimo ucraino, perché una pace firmata da Trump è una sciagura a prescindere da quante vite possa salvare. Se a Washington fosse rimasto Joe Biden, o se a novembre l’avesse spuntata Kamala Harris, prima o poi gli esperti si sarebbero trovati nell’imbarazzante posizione di dover giustificare l’urgenza di un armistizio, dopo aver versato fiumi d’inchiostro al motto «Hasta la victoria». Ian Bremmer, intervistato ieri dalla solita Stampa, se l’è lasciato sfuggire: «Anche Biden», ha ammesso, «in privato diceva cose sull’Ucraina che Trump sta dicendo in pubblico. Per esempio sull’ingresso nella Nato, sulla necessità di negoziare o cedere territorio». Sono cambiati i modi, non la sostanza. Volete mettere quel palazzinaro cafone, che esclude dal tavolo sia Zelensky sia l’Europa, che dà pane al pane e racconta la realtà per quella che è, con l’ex inviata speciale Victoria Nuland, la quale, durante la crisi ucraina del 2014, invitò l’Ue a «fottersi», però lo fece al telefono? Ovvero, «in privato», come ci ha tenuto a sottolineare Bremmer? Lo stile aiuta a impacchettare la fregatura. Magari in maniera più elegante e ipocrita, ma pure con i democratici si sarebbe arrivati alle stesse logiche conseguenze che adesso sta traendo The Donald. Soltanto, ci sarebbero voluti più tempo e più vittime. E ai commentatori oltranzisti sarebbe toccato inventare una spiegazione plausibile, per motivare il passaggio dal «Vincere e vinceremo» al «Trattare e tratteremo». Adesso, invece, i bellicisti per interposta nazione possono prendersela con il tycoon, additare i suoi sgarbi, indignarsi per la sua insana passione autoritaria.Certo, quando parlano di «tradimento» dovrebbero domandarsi se, piuttosto, non siano stati l’amministrazione Biden e i suoi burattini nel Vecchio continente a illudere gli ucraini. E dovrebbero ricordare - come ha fatto ieri, sul Corsera, l’ex presidente Petro Poroshenko - che fu proprio Trump a consegnare a Kiev i missili Javelin, rivelatisi fondamentali, insieme ai satelliti di Elon Musk, per respingere l’assedio di Putin alla capitale. Se non fossero impegnati a tenere in piedi una pantomima permanente, i raffinati osservatori potrebbero notare che, facendo indire nuove elezioni in Ucraina e sposando come candidato Valery Zaluzhny, già capo delle forze armate, gli Stati Uniti segnerebbero un punto contro la Russia: lo zar, nel 2022, sperava di liberarsi di Zelensky invadendo il Paese; così, lo vedrebbe deposto solamente in seguito a libere votazioni - a proposito di destini della democrazia - e sostituito dal generale che ha guidato la resistenza agli aggressori, prima di venire silurato dall’ex comico, che gli ha addossato la colpa del fallimento della controffensiva del 2023.Per ciò che riguarda le prediche sulla «pace giusta», sarebbe sufficiente imparare dalla storia. Quanti fulgidi esempi di «paci giuste» si ritrovano? Forse, Vestfalia, nel 1648: propiziò la nascita degli Stati-nazione e sancì la fine dei massacri per questioni religiose. E dopo? Il trattato di Campoformio, con cui, nel 1797, Napoleone consumò «il sacrificio della patria nostra» che ferì Ugo Foscolo, fu una pace giusta? Il Trattato di Versailles, nel 1919, fu una pace giusta, oppure umiliò la Germania, creando le condizioni per il successo del nazismo? E la conferenza di Yalta, nel 1945? Fu una pace giusta? O i vincitori si spartirono la Germania occupata, preparando la discesa della cortina di ferro sull’Europa? E l’armistizio dopo la guerra di Corea, nel 1953? La parte dei leoni la fecero Usa e Cina; i combattenti furono talmente coinvolti che, all’inizio, si rifiutarono di riconoscere l’accordo. Ecco. La pace si è fatta e sempre si farà così: con quello che si ha, non con quello che si dovrebbe avere.D’accordo: il cosiddetto «tradimento», che i benpensanti rinfacciano a Trump, può essere immorale. È la cifra classica della politica estera americana, da Saigon 1975 a Kabul 2021. Ma quanto sarebbe etico continuare a battersi per annientare un presunto nemico strategico, versando però il sangue di un alleato ormai allo stremo? Non è troppo comodo fare la guerra con i morti degli altri?
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.