
Per i media chi non crede ai dogmi è un pericolo, proprio come ai tempi dell’autoritarismo sanitario.Il «negazionista climatico» è il nuovo no vax. O il nuovo putiniano. O il nuovo razzista o omofobo. O ancora è tutte queste cose insieme. Insomma è il nuovo fascista, nell’ennesima ridefinizione di questo termine divenuto ormai elastico, buono per ogni stagione e ogni polemica. Che sarebbe finita così lo sapevamo da tempo, ma ieri Repubblica ne ha offerto una strepitosa conferma tramite una memorabile apertura intitolata: «Clima, la cavalcata negazionista della destra alleata di Meloni».Spiega il giornale che in Svezia, la terra di Greta (quale oltraggio!), «l’estrema destra dei democratici» ha imposto la cancellazione del ministero dell’Ambiente, sostituito da un nuovo dicastero dedicato al clima, «che però dipende da quello dell’Energia, del Business e dell’Industria» e che ha tagliato gli incentivi per le auto elettriche. Tanto è bastato per - addirittura! - «aumentare le emissioni di gas serra del Paese». In Finlandia, invece, il Partito dei finlandesi vorrebbe rallentare la spinta alla rivoluzione green. E poi ci sono gli inquinatori polacchi e ungheresi, posizionati malissimo nel Climate change performance index, la classifica degli Stati più attivi contro il cambiamento climatico. In Spagna rischia di vincere Vox, partito «postfranchista» che ha avuto l’ardire di chiedere la sospensione del Green deal europeo. In Francia c’è Marine Le Pen, pure lei accusata di scetticismo ambientale, in Austria avanzano gli eredi di Jörg Haider, e ovviamente c’è la destra italiana la quale, pensate, vorrebbe che il cambiamento climatico fosse combattuto «a un prezzo che aziende e Stati possono permettersi». Ultimi arrivati nel novero dei fascionegazionisti sono gli orrendi populisti del Movimento dei contadini dei Paesi bassi guidati da Caroline van der Plas, che volano nei sondaggi proprio opponendosi alle politiche liberali di chiusura degli allevamenti. Gli agricoltori sembrano spaventare parecchio Frans Timmermans, socialista olandese e vicepresidente della Commissione europea con delega al Green deal. Interpellato sempre da Repubblica, egli se la prende con l’estrema destra intenzionata a «fermare il progetto europeo» e sentenzia che «il nazionalismo non può risolvere i problemi del cambiamento climatico e della siccità». A parte il fatto che neppure le politiche Ue sembrano in grado di eliminare la siccità e far diminuire il caldo, fa quasi tenerezza la foga con cui il fronte progressista corre a disegnare nuovi e mortali nemici. Che poi, si diceva, sono quelli di sempre: i malvagi fascisti, le incarnazioni del Male assoluto che segretamente tramano per condannare l’umanità alla perdizione. I dettagli del quadro si possono meglio comprendere se per analizzare la situazione si abbandonano le categorie della politica e si utilizzano quelle della religione. Repubblica rimprova a Jimmie Akesson, guida dei Democratici svedesi, di aver dichiarato che la lotta al cambiamento climatico è divenuta una «nuova religione». Ma le cose stanno esattamente in questo modo. Siamo al cospetto di una serie di movimenti apocalittici che pronosticano la fine dell’umanità, qualora essa non si sottometta alle indicazioni provenienti dai predicatori del green. A quanti si oppongono oppure, più semplicemente, si mostrano critici viene immediatamente applicato lo stigma dell’eresia. Ecco allora che i destrorsi divengono nemici della Natura (una natura deificata, concepita in automatica opposizione all’essere umano), traditori che collaborano all’annientamento del pianeta. È lo stesso processo diffamatorio a cui sono stati sottoposti prima i critici dell’autoritarismo sanitario e poi i dubbiosi sull’invio di armi. In tale contesto, anche l’azione di più cristallino buon senso viene criminalizzata e osteggiata. I «negazionisti» vengono assaltati anche se si limitano a sostenere che bisognerebbe organizzare la famigerata transizione in modo tale da non distruggere il tessuto sociale e produttivo, posizione che dovrebbe essere condivisa da chiunque. Diventa problematico persino opporsi agli attivisti che danneggiano le opere d’arte o bloccano il traffico. Secondo l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Volker Turk, sarebbe «incompatibile con la libertà di espressione» il Public order act inglese che introduce il reato di incatenamento (potrà essere controllato e punito l’attivista che provi a legarsi o incollarsi da qualche parte). Chiaro, a nessuno piace l’idea di una stretta sulle manifestazioni di dissenso, ma ci permettiamo di ricordare che quando dalle nostre parti furono vietate le sfilate contro il regime sanitario nessun alto papavero delle Nazioni Unite si prese la briga di aprire bocca in difesa della libertà di espressione. E il motivo è molto semplice: l’attivista per il clima fa il gioco del discorso dominante, porta acqua alla fede green anche se è più invasato del manager o del politico. I ragazzotti di Ultima generazione e simili sono un po’ come certi gruppetti di antichi monaci: estremi ma tollerati dalle autorità religiose perché, in fondo, utili alla causa. Solo che, in questo caso, la fede che si propaganda è quella - del tutto terrena - nella rivoluzione verde. Una forma di messianismo che promette salvezza e redenzione per chiunque si adegui ai comandamenti ecologisti (primo: «Non avrai altre emissioni»), e dannazione per tutti gli altri. Compresi quelli che vorrebbero proteggere il creato, evitando però di cancellare l’uomo.
Matteo Ricci (Ansa)
Gli inquirenti puntano il faro sugli eventi conviviali del candidato dem alla Regione Marche durante il tour per il libro. I contratti, a spese del Comune di Pesaro, alla società che lavora per il Pd nazionale.
(Getty Images)
A novembre alla Cop11 di Ginevra, la Commissione vuol introdurre il voto a maggioranza qualificata per scavalcare i singoli Stati e far passare la sua linea su temi delicati come tabacco, salute e alimentazione. C’era stato un tentativo a Panama, il blitz era fallito.