2020-04-25
Negati i domiciliari all’ex assessore piemontese Roberto Rosso
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Roberto Rosso (Nicolò Campo/LightRocket via Getty Images)
I suoi avvocati: il giudice teme la reiterazione del reato, il voto di scambio, ma è tecnicamente impossibile. Intanto nel carcere delle Vallette il contagio da coronavirus cresce.
I suoi avvocati: il giudice teme la reiterazione del reato, il voto di scambio, ma è tecnicamente impossibile. Intanto nel carcere delle Vallette il contagio da coronavirus cresce.«Roberto Rosso è in una cella delle Vallette da oltre quattro mesi. Ma le indagini sono chiuse. Il reato non può essere ripetuto. In carcere c'è una situazione di sovraffollamento e cresce l'emergenza sanitaria per il coronavirus. E la Procura ha già dato parere favorevole al suo trasferimento agli arresti domiciliari. Francamente, il no del giudice ci lascia perplessi». Così parla Giorgio Piazzese, uno degli avvocati di Rosso, l'ex assessore piemontese ai Rapporti con il consiglio regionale che è stato arrestato il 20 dicembre 2019. Il legale dice dio non capire quello che definisce «un atteggiamento di chiusura».Rosso è accusato del reato di scambio elettorale politico-mafioso. L'inchiesta "Fenice" della Direzione distrettuale antimafia torinese ha coinvolto lui e altre sette persone: secondo gli inquirenti, l'ex assessore avrebbe versato 7.900 euro in cambio della promessa di un "pacchetto" di voti da parte di esponenti di 'ndrangheta per le elezioni regionali del maggio 2019. Cinquantanove anni, avvocato, vercellese, a partire dal 1994 e per ben cinque legislature Rosso è stato parlamentare di Forza Italia. Nel 2018 ha deciso di passare a Fratelli d'Italia. Alle elezioni regionali piemontesi del maggio 2019 è stato eletto con meno di 5mila voti e nominato assessore. Subito dopo l'arresto, però, ha rassegnato le dimissioni dall'incarico. Rosso era anche capogruppo di FdI nel Consiglio comunale di Torino e vicesindaco di Trino Vercellese, il Comune dove abita. Si è subito dimesso anche da queste cariche. I suoi legali hanno chiesto più volte l'attenuazione della misura cautelare, e la concessione degli arresti domiciliari: l'ultima istanza era stata presentata lunedì 20 aprile. Ma anche se per due volte la Procura di Torino ha dato il suo via libera, l'ufficio del giudice per le indagini preliminari ha sempre risposto con un no. L'ultimo diniego è arrivato giovedì 23 aprile. Il giudice l'ha giustificato con il timore della reiterazione del reato da parte dell'indagato: un rientro a casa, ha spiegato, potrebbe permettere a Rosso di recuperare la sua rete di relazioni nella politica.Anche Ester Molinaro, che con l'avvocato Piazzese partecipa alla difesa dell'ex assessore assieme al professor Franco Coppi, del cui studio fa parte, contesta l'assunto: «Rosso è accusato di un reato specifico, lo scambio elettorale. Ma in questo periodo non ci sono elezioni in vista, e comunque non credo proprio avrebbe alcuna intenzione di candidarsi, né del resto gli sarebbe facile trovare un partito in cui farlo». In effetti, non sembra così facile che oggi Rosso possa trovare "agganci" nella politica piemontese, un mondo che pure ha frequentato per tanti anni. Il giorno del suo arresto, oltre quattro mesi fa, il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, era stato netto nel prendere le distanze: «Sono allibito», aveva detto, «perché un'accusa di questo tipo è la peggiore per chi vuole rappresentare le istituzioni, ed è incompatibile con il nostro modo di vedere la vita e l'impegno politico. Per questo ci auguriamo che Rosso possa dimostrare quanto prima la sua totale estraneità ai fatti e confidiamo pienamente nel lavoro della magistratura". Poi aveva concluso: "Quanto accaduto mi ha deluso profondamente. Dopo la conferenza stampa degli inquirenti ho capito che io e Rosso eravamo incompatibili, e ho accettato le sue dimissioni».Se possibile, con l'arrestato era stata anche più dura Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d'Italia, cioè il partito di Rosso. Lo scorso dicembre non soltanto aveva subito annunciato la sua espulsione dal partito, ma gli aveva quasi negato la presunzione d'innocenza: «Annuncio fin d'ora che Fratelli d'Italia si costituirà parte civile nell'eventuale processo a suo carico» aveva dichiarato Meloni. E aveva aggiunto: «Il voto di scambio politico-mafioso è l'accusa più infamante di tutte: mi viene il voltastomaco».È peraltro vero che, come segnala l'avvocato Piazzese, la situazione sanitaria alle Vallette non è tra le più rosee. I detenuti contagiati nel carcere torinese sono almeno 60 su 1.250, un dato denunciato dalla polizia penitenziaria, che parla apertamente di "situazione esplosiva". C'è anche un parallelo, a suo modo paradossale: lo scorso 9 aprile la Corte d'appello di Reggio Calabria ha concesso di uscire dalle Vallette per andare agli arresti domiciliari a Rocco Santo Filippone, accusato di essere il boss della 'ndrangheta di Melicucco, centro della Piana di Gioia Tauro, e imputato nel processo "'Ndrangheta stragista" accanto al capomandamento mafioso di Brancaccio Giuseppe Graviano. Filippone, che quindi è accusato di un reato molto più grave di quello di Rosso, è uscito dal carcere torinese: i giudici hanno accolto la sua richiesta per motivi di salute e per evitare di contrarre il coronavirus.