
La commissione tributaria provinciale boccia la richiesta di rimborso di un cittadino milanese. E ora milioni di italiani rischiano di non vedersi ridare il maltolto dopo aver sborsato una tassa maggiorata. Anche se il ministero aveva ammesso l'errore nel 2017.Per diversi milioni di italiani si mette male. I residenti in uno dei circa 800 Comuni che negli anni passati hanno dovuto pagare più del dovuto per quanto riguarda la tassa sui rifiuti, ora rischiano di non vedere un euro di rimborso. Tutto è nato nel 2017 da un errore svelato a malincuore dall'allora sottosegretario all'Economia Pier Carlo Baretta, nel corso di un question time a Montecitorio. Il problema emerso è che oltre alla quota fissa (legata ai metri quadri della casa), c'è una quota variabile (legata al numero degli abitanti della casa). Ecco l'errore: la quota variabile andrebbe calcolata una sola volta sull'insieme di casa e pertinenze immobiliari, tenuto conto del numero dei familiari. Fino ad oggi, invece, molti Comuni, circa 800 (tra cui grandi capoluoghi come Milano, Genova, Napoli, Catanzaro e Cagliari), hanno moltiplicato la quota variabile per il numero delle pertinenze facendo lievitare la bolletta. Il motivo è semplice: il numero delle pertinenze di un appartamento non comporta un aumento della produzione di rifiuti. Ad accendere la scintilla ci ha pensato un'interrogazione parlamentare rivolta dal deputato pugliese Giuseppe L'Abbate, (Movimento 5 stelle), all'oggi ex sottosegretario Baretta per chiedere delucidazioni su una serie di segnalazioni giunte da varie città della Penisola. Così il Mef ha dovuto emettere una circolare che ha cancellato la quota variabile applicata anche sui box, oltre che sull'abitazione principale, aprendo così la porta ai possibili rimborsi per gli anni che vanno dal 2014 al 2017, gli anni da cui la Tari è in vigore (anche se l'errore è stato applicato anche con la precedente Tares).A circa un anno di distanza dal patatrac, però, nessuno ha trovato una soluzione. Anzi. A seguito della richiesta di un cittadino milanese che ha contestato l'illegittima applicazione della Tari nei suoi riguardi, il 19 ottobre è arrivata la prima sentenza da parte della commissione tributaria provinciale. «L'analisi dell'evolversi della normativa in materia», fanno notare i giudici tributari, «conferma che per gli anni in esame (la richiesta è arrivata per gli anni 2015 e 2016, ndr) era dovuta anche per i box pertinenziali la quota variabile, come applicata dal Comune». Come spiega Palazzo Marino, il regolamento della Tari nel 2014 era stato «trasmesso regolarmente al ministero delle Finanze senza ricevere alcuna osservazione o contestazione». Inoltre, «in applicazione doverosa di detto regolamento, il Comune, visto anche che il legislatore non ha mai precisato il concetto di pertinenzialità, ha correttamente proceduto, senza distinguere tra locali principali e locali secondari perché ciascuno aveva un'autonoma capacità di produrre rifiuti». In parole povere, il Comune ha ragione. Come se già non bastasse, sottolineano i magistrati della commissione tributaria, la circolare del Mef non è da considerarsi una legge e pertanto «non vincola né i contribuenti né i giudici», perché «non è fonte di diritto». In realtà il problema è senza soluzione. Per dare il via ai rimborsi, ammesso che un giorno arrivino, le amministrazioni comunali non avranno altra scelta se non quella di aumentare le tariffe. In poche parole, per qualcuno che paga di meno, ci deve essere qualcun altro che paga di più. In questo caso, si tratta di tutti i cittadini senza un box che, in futuro potrebbero vedere un bell'aumento sul bollettino. Secondo una stima del consigliere comunale di Forza Italia a Milano, Fabrizio De Pasquale, solo nel capoluogo lombardo, 690.000 contribuenti pagheranno in media il 5% in più. Una valore che va ad aggiungersi, come spiega uno studio di Federconsumatori, all'aumento del 57,2% che questa tassa (nelle sue varie forme) ha già subìto tra il 2005 e il 2015, prima che emergesse questo errore di calcolo. Insomma, aumento dopo aumento, i cittadini italiani che hanno diligentemente pagato per i loro rifiuti, rischiano di non vedere un euro. E non si tratta di pochi spiccioli. Secondo quanto ha spiegato alla Verità il vicepresidente di Federconsumatori, Alessandro Petruzzi, «con questo errore, l'esborso chiesto ai cittadini è almeno del 25% in più. Ma non è facile calcolarlo con precisione. Potrebbe essere arrivato anche a una maggiorazione del 50%». Nel caso dei cittadini milanesi, spiega sempre De Pasquale, si tratterebbe, per ogni box o pertinenza mal calcolata, «di dover restituire una somma che oscilla tra i 250 e i 300 euro». Non poco. Solo a Milano, continua il consigliere di Palazzo Marino, il calcolo errato della Tari ha portato circa 12 milioni l'anno in più nelle casse comunali. Questo valore, moltiplicato per gli anni in cui la tassa gonfiata è stata in vigore, porta a un calcolo di circa 60 milioni che il Comune meneghino si è intascato.Certo, il verdetto della commissione tributaria rappresenta solo la prima puntata di una battaglia che si preannuncia lunga e agguerrita. Ma intanto è chiaro a tutti che i contribuenti, per il momento, non vedranno nemmeno un euro.
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