2018-06-25
Nasce la clinica per bimbi malati di Internet
L'Inghilterra corre ai ripari dopo il ricovero di un ragazzino di dieci anni che per giocare non andava nemmeno in bagno. Per gli esperti è una nuova forma di dipendenza, assimilabile a quelle da droga e alcol, sempre più diffusa tra i giovani.Da gennaio la dipendenza dai giochi on line è stata riconosciuta ufficialmente come una malattia dall'Organizzazione mondiale della sanità e adesso l'Inghilterra ha deciso di correre ai ripari. A Londra aprirà infatti a breve una centro di cura pubblico dedicato a chi soffre di questo genere di dipendenza. L'idea è di offrire inizialmente sessioni settimanali con psicologi e psichiatri, che possano seguire i casi e poi, man mano, aumentare gli interventi, con gruppi di intervento e azioni individuali.I primi destinatari di questa clinica saranno ovviamente i ragazzini, che in Inghilterra, ma in realtà anche da noi, sono spesso «stregati» dalla vita on line. Capita con i social media, ma anche con i giochi. Una dipendenza che non consente a bambini e adolescenti di abbassare la guardia e spesso li spinge a rinunciare ad alcuni bisogni basilari. Pur di giocare per ore di fila ci sono persone che hanno smesso di mangiare o di andare in bagno.Di recente in Inghilterra s'è verificato il caso limite di un bambino di dieci anni che è stato ricoverato in ospedale, perché aveva sviluppato una grave forma di dipendenza da Fortnite, un gioco di sopravvivenza on line che va per la maggiore tra bambini e ragazzi di tutto il mondo e così accade anche da questa parte della Manica. Il piccolo aveva iniziato a giocare ed era stato coinvolto nell'attività al punto che la sera fingeva di andare a dormire, poi si alzava di notte e giocava fino all'alba. Un paio d'ore di sonno e andava a scuola, dove, come è ovvio, per la stanchezza tendeva ad addormentarsi, ottenendo scarsi risultati. Quando gli insegnanti si sono accorti dei suoi problemi di concentrazione ne hanno parlato con la famiglia e i genitori hanno capito cosa stava succedendo. Anche perché fra le mura di casa il piccolo spesso non lasciava la sedia di fronte al computer nemmeno per andare in bagno e aveva ricominciato a farsi la pipì addosso, come se fosse un neonato. L'episodio è stato raccontato dal dottor Jo Begent, consulente pediatrico presso l'University College Hospital di Londra, durante la conferenza annuale della Nspcc (la principale organizzazione non profit britannica per l'infanzia). Secondo quanto riferito da Begent, il giovane sarebbe giunto nel suo studio «zoppicando», con una malformazione all'addome, con un intestino dilatato oltre misura proprio a causa delle lunghe sessioni davanti al videogioco senza espletare i suoi bisogni fisiologici. Come ha riferito il dottore, il bambino «era talmente preso dal suo gioco, da ignorare i propri bisogni, considerandoli fonti di distrazione». Certo, si tratta di un caso estremo, che però la dice lunga su come la situazione possa spesso degenerare.Per bambini e giovani come lui, dunque, servono interventi tempestivi e continui, del tutto simili a quelli adottati per chi ha sviluppato una dipendenza dalla droga o dall'alcol. La clinica che il Sistema sanitario nazionale (Nhs) sta aprendo a Londra servirà proprio a rispondere a questa esigenza. A frequentarla potranno essere i bambini e gli adolescenti che hanno problemi, ma successivamente anche gli adulti che sono diventati «vittime» di una fissazione morbosa con la pornografia on line. Patologie un tempo inimmaginabili e ora così frequenti che spesso i genitori degli adolescenti si chiedono cosa stia accadendo ai loro figli, quando li vedono attaccati al cellulare appena svegli, prima di andare a dormire e in ogni secondo che abbiano libero. «Ufficialmente la dipendenza da videogioco si definisce come un periodo di almeno dodici mesi di impatto negativo sulla vita familiare, personale, sociale, di studio e di lavoro a causa dell'abuso del gioco», spiega lo psicologo italiano Luca Pozzi, che lavora in Inghilterra e ha fondato il sito PsicologiaLondra. «Il termine clinico è gaming disorder e in sostanza una persona che ne è affetta non ha più controllo su quanto gioca».La clinica londinese sarà il primo centro finanziato direttamente da fondi pubblici a cercare di affrontare la patologia, come ha spiegato Henrietta Bowden-Jones, psichiatra e fondatrice del centro, che sarà gestita dal Central and North West London Nhs trust. «La dipendenza da gioco on line in questo modo ottiene finalmente l'attenzione che merita. Lo stress e il dolore che causa sono estremi e sentiamo il dovere morale di offrire cure adeguate a questi giovani pazienti e alle loro famiglie, che sono nel bisogno». Secondo lei si può tranquillamente definire un'epidemia questa intossicazione da gioco e il centro londinese potrebbe per molti diventare uno strumento che cambia la vita. Del resto gli insegnanti da tempo hanno fatto presente ai genitori che l'uso degli smartphone, specie di notte, rappresenta un rischio per la salute dei loro figli oltre che, ovviamente, anche per i loro risultati scolastici. Tanto che al collegio di Eton, dove hanno studiato i principi Harry e William, oltre a generazioni di rampolli delle famiglie più nobili e ricche di Inghilterra, i docenti hanno deciso di ritirare i telefonini alle dieci di sera, prima della ritirata nelle camere. Un provvedimento che inizialmente sembra destinato a generare malcontento e invece è stato accolto positivamente dai ragazzi. Come se essere costretti a liberarsi da questa specie di «droga» li avesse fatti stare meglio.Il nuovo centro londinese potrebbe essere un'altra arma preziosa per affrontare il problema. Certo servirebbero più fondi di quelli a disposizione, ma i fondatori contano su donazioni e su finanziamenti legati a progetti di ricerca. E probabilmente pensano anche che, una volta visti i risultati positivi, ottenere un aiuto diventerà più semplice. Nel solco di un cambiamento ormai necessario, che vede altri paesi organizzati decisamente meglio dell'Inghilterra e di tante nazioni europee. In Asia, ad esempio, i centri pubblici che si occupano di questi problemi sono numerosi e ne esistono anche in America. In Inghilterra, invece, sino ad ora c'erano solo cliniche private che offrivano un'assistenza simile. A costi elevati, con tanto di settimane di disintossicazione aperte ai ragazzini come ai supermanager incapaci di staccare la connessione.
Il cpr di Shengjin in Albania (Getty Images)
L'ad di Eni Claudio Descalzi (Ansa)